Guardo giù

Guardo giù. Mi fischiano le orecchie, ho un senso di nausea allo stomaco. Le mie dita strette alla ringhiera sembrano artigli. Non mollo la presa. Tiro un respiro profondo e torno a guardare giù.
Il mare ed il cielo si confondono. Sono neri allo stesso modo.
Il riflesso dei lampi illumina le onde che si infrangono sulla scogliera. La schiuma bianca scivola sui primi scogli e viene risucchiata all'indietro. I cormorani mi passano veloci sulla testa e urlano nel vento. Uno dietro l'altro. Sfiorano con le ali la parete di roccia e si lanciano grida terrificanti. Intanto piove sempre più forte. Mi alzo il cappuccio della cerata sulla testa, stringo il bavero e mi appoggio con la schiena alla roccia. Sono solo all'inizio. Ho affrontato le prime due rampe di scale che portano alla grotta. Ci sono ancora centinaia di gradini da scendere. Fa freddo, è aprile e sembra inverno. E' da poco passata l'una del pomeriggio e sembra notte.
A testa bassa continuo a scendere. Mi sporgo e rivedo il gruppo poco più sotto. La discesa è lenta, i gradini sono viscidi di pioggia. Finalmente il cancelletto di ferro. Ancora due tornanti ed ecco l'ingresso della grotta di Nettuno. Il guardiano estrae un mazzo di chiavi dall'impermeabile, le infila nella serratura arrugginita e dà un colpo secco. Poi richiude la porta alle sue spalle. Il mare è in burrasca, entra nella grotta con prepotenza, ci impedisce l'accesso.
Attendiamo il via libera. L'onda si ritira, corriamo dentro, al riparo.
Ci accoglie una luce giallastra, il vapore ci toglie un po' il fiato, ma siamo all'asciutto.

Sulle nostre teste pendono stalattiti giganti, dal suolo si alzano stalagmiti spaziali. Lo spettacolo è da brividi. Scuoto i capelli, mi guardo le scarpe inzuppate d'acqua.

 

D'acqua? Guardo meglio… Mi sono sporcata le mie nuove scarpe da running. Sapevo che avrei dovuto mettere gli stivali. Sono tutte sporche di… terra, melma, alghe? Ma che roba è?
Ci passo un dito sopra. Mi piego e… mi accorgo che anche il mare qui è sporco. Ma in modo strano. C'è un fiumiciattolo colorato che gira attorno ad uno scoglio. Sono rimasta indietro ancora. La guida è avanti insieme al gruppo. La sento dare spiegazioni prima in italiano e poi in inglese per una coppia di motociclisti irlandesi vestiti da hippy. E' meglio muoversi. Il guardiano mi osserva malamente, dice che il mare è pericoloso in quel punto, che mi devo affrettare a raggiungere gli altri, che è una mia responsabilità se mi succede qualcosa di brutto, se scivolo e mi rompo una gamba, se cado in acqua e le onde mi trascinano in mare aperto, se metto male un piede e picchio la testa su una roccia, se… se… se trovo un cadavere! come questo!
Come questo!
Ha un braccialetto d'argento agganciato ad un ciuffo d'alghe. Si è attorcigliato talmente bene attorno a questa piantina, che è la sola cosa che la tiene ancorata alla grotta.

 

A quest'ora avrebbe già dovuto ondeggiare al largo, trascinata dalle onde.
E invece no. I capelli lunghissimi galleggiano nell'acqua, su e giù, seguono il movimento della marea. Ha gli occhi sbarrati, nocciola, e uno strano sorriso congestionato. Che mi colpisce. Una sensazione di deja-vu mi attraversa la mente. Suggestione?

 

Sono le cinque del pomeriggio. Aspettiamo la polizia. Nella grotta ormai è buio pesto. Mi sono seduta su uno scoglio, e per ingannare il tempo conto le striature nere sulle pareti. Sono i segni delle torce, nelle mani degli esploratori di centinaia di anni fa. Uno, due, tre...

 

Poi, all'improvviso, lo vedo. O meglio, ne resto accecata. Prima, dal raggio della torcia che entra con prepotenza nella grotta e gira nervosamente sui nostri visi. Passa in rassegna tutto il gruppo e si ferma sul cadavere della ragazza.
Si inginocchia e immerge i pantaloni nella poca acqua stagnante all'ingresso. Dal berretto nord-ovest scende un fiumiciattolo di pioggia. Non indossa l'impermeabile, eppure fa il commissario. E fuori piove!
Ai piedi, scarponcini arancioni stringati. Dove li ho già visti?
Ha un sorriso mozzafiato, e due occhi verdemare.
Inizia l'interrogatorio. La ragazza inglese si mette a piangere, qualcun altro protesta per il "sequestro" subito. Ho solo voglia di un bagno caldo in albergo.

 

Annota tutte le nostre generalità e ordina il recupero del cadavere. Siamo liberi di risalire la scalinata.
Uscendo respiro a pieni polmoni, sta anche smettendo di piovere. Stavolta guido la cordata fino al piazzale antistante. Non sento la fatica dei gradini.
Penso e ripenso a tutta la scena. I miei compagni sbuffano e si accordano per il rimborso del biglietto. E' vero, accidenti. Alla fine non l'abbiamo neanche visto la grotta. Ancora pochi sforzi e saremo alla prima tappa: il cancelletto di ferro che sbarra l'entrata alla dimora di Nettuno. Eccolo, finalmente.

 

Chiuso. Ovvio. Come nei migliori gialli. E chi l'ha chiuso, accidenti?
Torniamo indietro. Siamo daccapo.
Tutti nuovamente seduti attorno al cadavere. Più la guardo e più mi sembra famigliare.
Ad un certo punto mi si annebbia la vista, tutto comincia a girare freneticamente, come in un cerchio invisibile, ma concentrico. Guardo i visi dei miei compagni di viaggio e li vedo trasformarsi, in ognuno di loro scorgo qualcosa di noto, un dettaglio che già conosco.
Anche il commissario, le sue mani… Le sta stringendo nervosamente. Stringe i pugni e mi guarda. E tutto gira,gira.
La ragazza! Dov'è la ragazza morta?
E i miei compagni? Li sento vociare all'ultimo tornante della gradinata. Fanno commenti sulla bellezza della grotta, sulla magnificenza delle stalattiti.
Qualcuno dice che tornerà presto, che è stata una bellissima gita. Ma come hanno fatto a sfondare il cancelletto chiuso? E quando mai l'abbiamo visitata la grotta?
Sono sola, adesso. Al buio.

 

I miei capelli sono bagnati fradici, i miei vestiti anche, ho perso una scarpa nella caduta. Mi fa male un polso. Accidenti, il braccialetto si è impigliato in quest'alga, e non mi lascia nuotare in pace verso il mare.
Non vorrei che si spezzasse, però. Me l'ha regalato lui, poco prima di partire per questa vacanza. E' l'unica cosa che ho di suo, non voglio perderlo. Non ci siamo mai fatti molti regali, noi. Il nostro grande amore è il bene più prezioso che abbiamo.
Mi ha detto: ti porto al mare.
E si è infilato un berretto nord-ovest simpaticissimo. Eravamo diretti verso la grotta di Nettuno, in Sardegna. Ricordo che quel giorno pioveva a dirotto. Poi la mia memoria si è improvvisamente fermata.

Silvia Grossi