La prigione

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Stavolta sentiva che non ce l'avrebbe fatta. In passato si era già trovata nella medesima situazione e chissà come era riuscita a resistere, ma adesso era allo stremo delle forze. Gli aguzzini incalzavano, non le davano tregua, e lei stava per crollare. Non si trattava di una tortura fisica, ma era ancora più dolorosa. Volevano sapere, le chiedevano numeri, date che lei non ricordava o forse nemmeno aveva mai saputo, ma che non poteva inventare. Se ne sarebbero accorti.
Faceva caldo in quella stanza ed il sudore le solcava le tempie. Appena un attimo di pausa ed il supplizio ricominciava. Ormai la sua mente era altrove, nemmeno sentiva più le domande che le venivano rivolte con crescente violenza. Più volte aveva avuto l'occasione di fuggire da quella prigione, ma le era sempre mancato il coraggio per farlo e adesso era lì, inchiodata da ore su una sedia, circondata dai suoi carnefici che non volevano adoperarle pietà.

Improvvisamente si accorse che la finestra alle sue spalle era spalancata. Pensò che era il momento di interrompere quell'incubo. Non avrebbe conquistato la libertà, ormai era troppo tardi, ma almeno avrebbe messo la parola fine ai propri tormenti. Nell'istante in cui l'idea prese corpo decise di agire: uno scatto fulmineo, un urlo lacerante e il lungo volo senza speranza, fino allo schianto fatale. Il corpo martoriato della giovane donna restò esanime sul marciapiede, tra un mendicante pronto per trascorrere la notte sul suo giaciglio di cartoni ed una spider fiammante.
Sopra, al quinto piano, il consiglio di amministrazione si interruppe di colpo. Sbalordito dal balzo mortale dell'impiegata il presidente guardò attonito i propri collaboratori. "Santo cielo! - disse balbettando - che le avrà preso? In fondo, come mille altre volte, le stavamo solo chiedendo la documentazione per il nostro bilancio".

Sergio Luoni