Non è come nei Dylan Dog

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Sto in una cantina. Niente vino: polvere. Vivo in questo buco da... boh. Qui, a parte me, ci sono tanti giornaletti umidi di muffa.
No. Non sono un bambino deforme rinchiuso come un cane e non ho superpoteri.
L'indagatore dell'incubo abitua subito gli occhi al buio, magari, io ci ho messo mesi (quanto sono lunghi, i mesi?) per vedere qualcosa e non so cosa vedo. Sento strane presenze, intuisco forme e movenze ma non capisco cosa c'è con me, in questo posto.

 

- Io, sono ciò che senti, sono l'ombra nera sulla tua schiena, l'alito fetido che t'accarezza la pelle mentre dormi. Sono stato con te, sempre. Ti ho avuto col cordone attaccato, e indovina che fine ha fatto il tuo cordone. Ho nutrito il tuo corpo e la tua mente con i miei incubi e quando hai cominciato a capire cos'ero, sono sparito nel buio. Ho aspettato finora per consumare il mio piacere. Non fare quella faccia, sono un diverso e tu, forse, non lo sei?

Sorrido. Ora che lo vedo, mi è seduto davanti, muove quella specie di bocca piena di denti aguzzi e gesticola. Cos'ha detto? Non ho sentito una parola. Io non ci sento. È lui il mio amico? È brutto però, come i mostri dei fumetti, ma lì, i mostri, sono sempre buoni.
Ho paura, invece.
Perché?
Ho paura perché si avvicina e sento freddo, il suo alito è bollente e vomitevole. Chiudo gli occhi e mi rannicchio.
Adesso l'omino con i baffi dei fumetti mi lancia la pistola, penso.
Invece no.
Non può finire senza il colpo di scena. Ma qui non è come nei fumetti. L'ombra infernale mi è addosso in un balzo e si muove su di me.
Spalanco la bocca in un grido di lancinante terrore, che non riesco a sentire.

Angelo Di Sarno