L'operazione

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Sotto la mascherina l’uomo sudava. Cercava di fermare il tremito delle sue mani in ogni modo; di restare concentrato, di fare la cosa giusta.
Il bambino, disteso su un lenzuolo, aveva gli occhi aperti e sussultava cercando di liberarsi dalle cinghie che lo tenevano legato al lettino. Non riusciva a respirare e provava in ogni modo a riprendere l’aria che gli mancava.
“Tracheotomia, devo fargli una tracheotomia” gridò l’uomo, con la voce tremante e filtrata dalla mascherina.
Un’infermiera gli passò un bisturi e lui cominciò a piangere appena sentì il metallo freddo attraverso i guanti da sala operatoria. Poi prese la lama e l’affondò sulla gola del bambino, aprendola in due, mentre fiotti di sangue gli schizzavano sul camice.

Le figure intorno a lui guardavano la scena con le braccia conserte, studiando la sua operazione.
Mentre l’uomo cercava in qualche modo di tener dilatata la trachea per farlo respirare, il bambino inarcò la schiena e dalla trachea aperta uscì un ultimo, infinito fiotto rosso. Poi il sangue cominciò a diminuire e il bambino smise di sussultare, ormai morto.
L’uomo, disperato, si buttò sopra il corpo e cominciò a chiamarlo per nome, mentre le ombre uscivano dalla stanza senza dire una parola.
Fuori dalla sala operatoria, una delle ombre si fermò ad una scrivania e scrisse il suo rapporto:
“I dati che abbiamo raccolto oggi rilevano ancora una volta l’incapacità di adattamento ad una situazione di stress da parte degli ebrei. Nell’esperimento appena eseguito, un padre non è riuscito a salvare suo figlio da un principio di soffocamento e si è dimostrato incapace di apprendere in tempo utile (più di un’ora) le più basilari nozioni di medicina. Questi dati non fanno altro che confermare ulteriormente l’inferiorità degli ebrei.
In fede…etc…etc…
Comandante del campo di Treblinka.
2 ottobre 1942”

Francesco Cortonesi