Radioincubi-AM

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Mio fratello ha la mania di collezionare radio. Le prime le ha avute in regalo dai nonni e dagli amici che non vedevano l’ora di sbarazzarsi di quei vecchi apparecchi ormai superati. E così è arrivato a possederne una ventina, dalla più vecchia, un modello del ‘39, a diverse degli Anni Cinquanta fino ad un’avveniristica dal design Anni ‘70; tutte lustre e ben allineate lungo un robusto scaffale in camera sua. D’altronde passa ore per restaurarle, ripararle e dove poter cercare i ricambi delle più malconce.
Un pomeriggio nuvoloso approfittai della sua assenza e spinto dalla curiosità entrai nella stanza in cerca di un modo per passare il tempo. Era buia ma sul tavolo vidi subito una delle sue radio e, nonostante mi fosse vietato, provai a metterla in funzione.
Ruotai la manopola sinistra e poi quella destra finché “l’occhio magico”, così era chiamata la lampadina posta in alto prese a colorarsi di un bel verde fluorescente.

La radio però non emetteva alcun suono finché giunse un debole fruscio lontano seguito poi da un botto. Subito temetti di aver danneggiato l’apparecchio ma poi qualcosa mi fece cambiare idea.
Ora dei suoni confusi mescolati a pianti e isterismi di anime infelici mi giungevano all’orecchio seguiti dai loro gemiti rotti all’improvviso da un clangore metallico assordante e da urla che niente avevano d’umano.
Invano tentai più volte di cambiare stazione.
Nel mentre distinsi con orrore la voce della mia cara madre che mi chiamava come quando ero bambino e si faceva sempre più vicina, forte e chiara, come fosse alle mie spalle...
- «Ehi, guarda che se non infili questa non senti niente!»
Era tornato mio fratello, sorridente e con la spina della radio nella mano.

Fabio Marangoni