Tempus fugit

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Gocce di pioggia scivolano lentamente lungo il vetro della finestra, in sintonia con le lacrime che mi stanno solcando le guance.
Davanti ai miei occhi sfrecciano immagini del mondo esterno, cosi' lontano, seppure a due passi da me.
Un mondo che mi ha rifiutato fin dalla nascita, perché talmente diverso da risultare repellente ai suoi abitanti.
Salgo in camera, lasciandomi cadere sul letto. Sono molto stanco, presto mi addormentero', e ricominceranno i sogni.
O per meglio dire incubi. Il lungo decorso della malattia, gli sguardi perplessi dei medici, incapaci di trovare una cura.
E quando la scienza esaurisce i suoi tentativi e si arrende definitivamente, a cosa aggrapparsi per continuare a sperare?
Avete mai sentito parlare dell'ibernazione? Non c'è niente da ridere, sapete, poiché dopo anni di esperimenti segreti si era deciso di eseguire questo procedimento alla luce del sole. Io sono stato una delle prime cavie: avrei intrapreso qualsiasi strada pur di continuare a vivere.
L'abbraccio tenero con mia moglie e i miei figli e' uno dei ricordi che fanno più male, quando mi assalgono a tradimento nel cuore della notte.

I rumori alieni che provengono da fuori mi stanno facendo impazzire, ma voglio seguire il corso dei miei pensieri, finche' mi sarà possibile. E ritornare all' apparecchiatura avveniristica nella quale sono stato introdotto, l'infermiera carina che mi sorrideva come se avesse un debole per me, i giornalisti che si agitavano come cavallette per scattare foto dell'evento.
E in prima fila lui, il mio salvatore, che con la semplice pressione di un tasto stava per darmi la morte, e poi una nuova vita, quando il mio male fosse stato finalmente compreso e debellato.
Chissa' a cosa pensava quel bastardo, forse all'infermiera con le belle tette, quando ha digitato sul display 1000 anni invece di 10?

Enrico Arlandini