Coincidenze

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Non doveva finire così, con tutta quell’energia sprecata, la mia entità disgregata e la terribile pena a cui l’Ordine mi ha condannato.
Da tempo osservavo una famiglia che profumava di energia vitale. Tre creature. Per molti dei loro simili una famiglia modello, non per me che potevo osservare i furibondi litigi durante i quali il maschio colpiva la compagna. Ogni volta che il pugno incontrava la mandibola della femmina mi abbeveravo alla sferzata di energia che scaturiva dalla sua rabbia. Il rumore secco dell’osso colpito era per me una stilettata di piacere. Avevo intuito subito che l’uomo mi avrebbe dato soddisfazione, e non solo per i frequenti scatti d’ira. Rimaneva pochissimo in quella stupida posizione che chiamano riposo; al risveglio pensava sempre come punire la femmina o come vendicarsi di un altro essere che lavora nella sua stessa industria ma tre piani più in alto. Pensieri fissi, sempre uguali, come i rintocchi di quel vecchio orologio che aveva portato nella casa dopo la morte della madre.

Da qualche tempo, accanto a quei pensieri ossessivi, nel cervello avevano preso forma strane pulsioni, riferite a oggetti di nessuna importanza. Quando preparava la colazione per la famiglia allineava con cura maniacale i cucchiai alle tazze: lo osservavo mentre, curvo sulla tavola bianca, correggeva ogni minimo sfasamento. Poi era apparsa la mania di conservare in un barattolo di latta le graffette staccate con la levapunti. Le esplosioni di rabbia, intanto, diventavano sempre più frequenti: era il momento di agire. Sfruttando il potere del mio rango, avevo fatto in modo che, mentre con la sua nuova automobile andava al lavoro, incrociasse la macchina guidata da un giovane esaltato che tenevo d’occhio da un po’ di tempo. Il teppistello gli ha tagliato la strada sventolandogli il dito medio. Pregustavo l’imminente vampata di rabbia omicida che avrebbe sprigionato l’energia fondamentale per la mia evoluzione. Già intravedevo il gentile marito avventarsi sul giovane e ammazzarlo a calci e pugni, estirpargli gli occhi con un cacciavite che casualmente aveva a portata di mano per poi piangere e urlare sul cadavere straziato, fasciandosi la testa con le mani insanguinate. Ero pronto a ricevere la marea d’odio, necessaria per evolvere al livello di Vampiro Dissanguatore. Invece, anziché bloccarlo per mettergli le mani addosso, lo ha inseguito, come la polizia dietro i rapinatori. Il giovane non si è fatto pregare. Le macchine fuori controllo hanno speronato un camion carico di non so quale materia infiammabile, innescando una gigantesca esplosione. Della schifosa e mortifera luce bianca mi ha investito in pieno, con un bagliore talmente luminoso da dissolvere la mia entità.
Ora sono condannato a riprendere lentamente forma all’interno di un umano che gestisce nella rete un portale internet dedicato all’horror, pieno di quelle disgustosamente semplici immagini con cui queste creature credono di rappresentarci.

Andrea Cavallini