Quello che la storia non sa...

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003 - edizione 2

Il giorno era appena cominciato, regalandoci un tiepido sole dopo giorni di pioggia e freddo.
Tutto era pronto per l’inizio della marcia e la selva di Teutoburgo era lì, davanti ai nostri occhi, ultimo ostacolo tra noi ed i campi invernali. Una pattuglia mandata preventivamente in perlustrazione, aveva individuato la strada migliore da seguire.
Lentamente la colonna si infilò nella foresta.
Carri e uomini a fatica procedevano nel fango.
Il buio si faceva sempre più fitto grazie alla folta vegetazione, ed un brivido percorse la schiena di tutti noi, quando udimmo spettrali lamenti in lontananza. A nulla valsero le esortazioni dei comandanti che ci ricordavano essere soldati di Roma e come tali, pieni di orgoglio e fierezza.
Andammo avanti. Qualcuno di noi preventivamente sfoderò le armi, trovando in questo gesto un po’ di sicurezza.

Ad un tratto apparvero loro. Creature vomitate dall’inferno. Con i loro occhi di colore bianco sporco ed i loro volti trasfigurati… Vivi ma senza vita. Demoni assetati di sangue che si avventarono su di noi emettendo lamenti agghiaccianti. I colpi di gladio ed i precisi lanci di pilum, erano come carezza per le loro carni putrefatte. Ci presero l’anima. Gli ufficiali, tra cui il nostro comandante Publio Quintilio Varo, preferirono il suicidio quando ebbero la consapevolezza che Roma stava combattendo contro demoni del male assetati di anime. Li invidiammo per avere avuto il coraggio di tale gesto, risparmiandosi questa pena eterna.
Ora vaghiamo da secoli in cerca di anime da strappare.
Adesso sai, incauto archeologo, quello che accadde in quel giorno del 9 del periodo che voi chiamate dopo Cristo. Conosci la mia storia, la storia di Marco Curzio, aquilifero della XVII legione. Alzati ora che hai letto questo scritto, e guardati in uno specchio... I tuoi occhi ti diranno che la tua anima adesso mi appartiene.

Marco Bianconi