Tra i vicoli di Roma

Avevo lasciato da poco i miei colleghi di lavoro, con cui avevo cenato in una tipica trattoria del centro di Roma in un venerdì sera passato in allegria prima del weekend.
Camminavo tra le mille atmosfere create dai fiochi lampioni dei vicoli di Trastevere. Doveva aver piovuto poiché il selciato era bagnato ed il tipico odore di vecchie mura ammuffite inebriava la mia mente.
Era tardi…. Molto tardi…. Mia moglie ed i miei due figli dovevano essere già a letto.
I miei passi procedevano sicuri verso un non ben definito luogo, ma il non sapere quale questo fosse, non destava in me nessuna preoccupazione. Sapevo solo che dovevo tornare a casa mia. Non mi chiedevo dove fosse parcheggiata la moto ne se il percorso che avevo imboccato fosse quello giusto per raggiungerla.
Camminavo ed era come se riuscissi a percepire ogni cosa mi circondasse…. Come se avessi, per un inspiegabile motivo, amplificati tutti i miei sensi percettivi. Inspiegabilmente rivedevo i miei progetti, le mie gioie ed i miei dolori, i i miei fallimenti, proiettati nella mia mente come in un film.
I cassetti dove era riposta tutta la mia esistenza, venivano aperti da un qualcosa, e dentro di essi potevo vedere uscire con chiarezza tutto quanto riguardo la mia vita. Di quelli credevo fossero stati i miei fallimenti, vedevo come sarebbe cambiata la mia esistenza se invece avessero preso la via di ciò che in quel periodo avrei definito un successo. Ed il più delle volte era una via maledettamente ostile. Io spettatore di me stesso, con il privilegio di vedere svelate le conseguenza dei miei progetti non andati a buon fine.
Non mi preoccupai nel pensare il motivo di tutto ciò, ma continuai a camminare dentro quella notte, normale sino al momento prima di salutare i miei colleghi.
Ad un tratto un suono dolce, come di un flauto, sembrò risuonare nelle mie orecchie. Un giovane uomo poggiato ad un vecchio muro di una casa, suonava un antico strumento a fiato con solennità e dolcezza. L’uomo notò subito la mia presenza e smise di suonare sorridendomi. Il suo volto veniva illuminato di tanto in tanto, grazie alla luce della luna che ad intermittenza si insinuava tra gli spazi delle nuvole spostate dal vento, in quella nottata di novembre.
Mi avvicinai a lui. Cominciò a parlarmi raccontandomi si se….. La sua storia era come se la conoscessi, ma non riuscivo a capire dove e quando avessi avuto modo di ascoltarla. Camminavamo assieme nel cuore di una notte troppo strana per essere vera e troppo magica per essere interrotta….

Ad un tratto la realtà…. Mia moglie doveva essere in pensiero, ed io mi trovavo a parlare con uno sconosciuto per i vicoli di Roma…. Avevo avuto mentalmente questo pensiero e rimasi stupito quando l’uomo mi disse di non preoccuparmi di loro…. Non capivo…. L’uomo riprese il cammino ed io assieme a lui. Ad un tratto un drappello di uomini in mezzo la strada…. Uomini della polizia e della croce rossa accucciati verso un qualcuno sull’asfalto…. Riconoscevo anche qualche mio collega con cui avevo cenato poche ore prima….
Io e l’uomo ci avvicinammo, ma lui si fermò poco prima di raggiungere il punto della scena….
Le persone sembravano non notare la nostra presenza. Raggiunsi il punto dove due medici stavano accucciati tentando un qualcosa nei confronti di un uomo sdraiato sull’asfalto.
Guardai il suo volto…. Quell’uomo ero io….
Poco più avanti la mia moto rovinata in terra….
Non ebbi modo di comprendere ciò che stava accadendo….
Mi voltai e nel giovane uomo, suonatore di flauto, viddi mio nonno morto dieci anni prima…..
Era tutto chiaro… Il mio amato nonno era venuto a prendermi per accompagnarmi nel viaggio.
Piansi e lui mi venne vicino con il suo sorriso dolce, come faceva quando ero bambino…. Mi disse – Ora andiamo da loro – Dopo pochissimo ci ritrovammo nella stanza da letto di casa mia dove mia moglie dormiva, le sfiorai la guancia con le labbra, come facevo ogni volta che rientravo a casa e la trovavo a dormire. Andai nella stanza dei miei due figli e li accarezzai, come sempre facevo quando si addormentavano. Il più grande dei due sussurrò nel sonno – Ciao papà! – poi riprese a dormire sognando del sabato da passare con il padre, il fratello e la mamma….
Tornai nella stanza di mia moglie; sopra le coperte, vidi il mio giaccone di velluto marrone, quello che comperammo assieme un Natale fa, ed a cui tenevo moltissimo. Mio nonno allora disse – Vieni, ora dobbiamo andare! Avrai tempo per star loro vicino in modo diverso, e loro lo sapranno – Mi voltai per l’ ultima volta verso di loro mentre il telefono cominciò a squillare… Era la polizia che avvisava mia moglie...

Marco Bianconi