La Cosa da nonsodove

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003

La Cosa che viene da nonsodove giunge sempre di notte. Attraversa la strada, s’intrufola nel cortile, striscia sotto alla porta e infine entra in camera mia. Non ha una forma definita; può assumere qualunque aspetto. Inoltre, se ti vede, ti divora.

 

Se mi accorgo della sua presenza, non riesco più a dormire. La Cosa sta lì, ai piedi del letto, e non se ne va fino quasi all’alba. Mi mette paura. Aspetta famelica nella speranza che io mi dimentichi di lei e accenda la luce.

Questa sera ho deciso di affrontare la Cosa. Non appena l’ho sentita avvicinarsi, le sono saltato addosso. L’ho afferrata per la coda. Era pesante, ma alla fine sono riuscito a trascinarla in cucina. La Cosa ha combattuto, scalciato, gridato, grugnito, ma non ha potuto farmi alcun male. Conosco la disposizione dei mobili a memoria, e quindi mi sono mosso a luci spente.

 

Volevo fare a pezzi la Cosa con la mannaia di mamma, e poi intendevo infilarne i resti nel forno a microonde. Avevo studiato il piano in ogni dettaglio. Ce l'avrei fatta. In effetti la Cosa aveva paura, e ad un certo punto ha persino iniziato a piangere.
Con le ginocchia la tenevo inchiodata al pavimento. Con la mano sinistra le bloccavo il collo. Dovevo solo sferrare il primo colpo. La cosa si contorceva, guaiva, sputava, ma io ero lì, su di lei, pronto ad ucciderla. Avevo la mannaia in mano.
Poi una voce mi ha distratto: “Che cos’è ‘sto casino?”
Il frastuono della lotta aveva svegliato mio fratello.
Ho gridato “non farlo!”, ma quell’idiota ha premuto l’interruttore lo stesso.

 

La Cosa che viene da nonsodove ti mangia soltanto se ti riesce a vedere. Ora, per esempio, sta sbranando me e mio fratello. Dopo cambierà zona di caccia…

 

C’è luce lì, vero?

Davide Ferrero