Ogre battle

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2003

L'orco mi guarda con i suoi occhi gialli.
Lo vedo incerto: sono coperto di sangue, ma il suo istinto lo spinge a non fidarsi. Non sono creature molto intelligenti, ma sono violenti ed efficaci come animali da preda. Sento il sangue di Befendil che mi cola dal torace giù per il collo, e le schegge appuntite che escono dal suo avambraccio mi premono contro il fianco.
Un colpo dello spadone del nostro avversario lo ha aperto come un frutto troppo maturo, dopo che un fendente gli aveva tranciato il braccio. Sento dei lamenti provenire dall'oscurità intorno a noi, e i passi pesanti di altre creature che vanno a dispensare la morte.
I lamenti smettono presto.
Befendil non si è lamentato, non ha fatto in tempo.

Vedo l'orco avvicinarsi, o almeno così sembra: riesco a vedere con un solo occhio, il mio viso è imbrattato dal sangue del mio amico, e ringrazio il buio per la mancanza di ulteriori dettagli. Cerco di aprire la palpebra per il minimo indispensabile, faccio in tempo a vedere un piede enorme che si avvicina veloce al mio fianco destro.
Quel calcio carico d'odio mi mozza il fiato, e probabilmente mi incrina una costola, ma riesco a non fare uscire alcun lamento.
O meglio, un lamento c'è ed è la mia salvezza: l'orco si sposta di tre passi e taglia la testa di un uomo ferito. La sento rotolare tra le foglie, fino a fermarsi con un suono orribile contro una pietra.
Resto immobile per un pò, quindi cado in un sonno profondo: è inutile stare svegli ad aspettare la morte.

Alessandro Maiucchi