Una passeggiata di notte

Il ragazzo uscì di casa.
Era notte, è vero, ma non riusciva a dormire; di tanto in tanto gli capitava. Il perché non era riuscito a capirlo: non era insonnia, e, in più godeva di buona salute.
Probabilmente, stavolta, era colpa della notte; era fresca e pulita; il cielo che nel pomeriggio era coperto di nubi, adesso era limpido, e mostrava la sua grandezza oppressiva attraverso un manto di stelle così intenso che solo la luna riusciva a oscurare: allungando il braccio, gli sembrava quasi di toccarla.
Fece qualche passo senza senso, poi pensò: “Andrò giù al fiume. Sicuramente questa passeggiata mi farà venire di nuovo sonno”.
E così si incamminò lungo il paese che presto lo abbandonò, di nuovo alla sua solitudine. Era un paese piccolo e gli era andato sempre stretto.
Prima o poi se ne sarebbe andato, e stava solo aspettando l’occasione giusta.
Prese il sentiero per il fiume sicuro di quella strada che aveva già percorso 1000 volte.
A volte i passaggi al margine del bosco erano così fitti di vegetazione che la luce della notte non riusciva in alcun modo a penetrarli, ma non era un problema: conosceva il bosco, il fiume e tutto il resto a memoria.
La sua unica paura erano le tagliole per i cinghiali che in quel periodo sbocciavano come funghi sotto le foglie marce.
Arrivò proprio dove il fiume curvava su se stesso a formare un’ansa particolarmente acuta, mostrando, con l’aiuto di quel cielo, un paesaggio quasi innaturale.
Si sedette e rimase lì, senza accorgersi del tempo che trascorreva: aveva dentro un senso di pace e pacatezza che rendeva ogni sua azione o pensiero rallentati all’inverosimile.
E ci sarebbe rimasto ancora, se non fosse stato per quel ringhiare.

Si girò di scatto: un cane lo fissava a qualche metro di distanza; era magro, probabilmente malato, sicuramente denutrito.
E la bava che gli gocciolava dalla bocca brillava come rugiada alla luce della luna.
Le labbra si tirarono indietro, scoprendo le gengive rosee che per quel digrignare di denti si tinsero di rosso: era diverso tempo che doveva andare dal dentista: ma i rumori forti, da qualche anno, lo infastidivano: figurarsi il trapano!!!
Aveva fame, una fame che non poteva ricordarsi e che non avrebbe ricordato il mattino seguente.
I vestiti gli si strapparono di dosso rendendolo libero, più agile, più forte.
Con un balzo inumano si avventò sul cane che, vedendolo, si era come paralizzato.
Lo prese al collo, affondando i denti aguzzi nella carne della bestia: il morso fu così violento che l’osso del collo si spezzò come un fuscello, ma questo non bastò a placare il suo istinto; inizio a vibrare il corpo esanime del cane da una parte e dall’altra, lasciandolo di colpo per lanciarlo sulla sponda del fiume.
Fu allora che realizzò di non potersi alzare in piedi: si muoveva a quattro zampe agile come un lupo.
Capì che il cane voleva solo bere. Ma non gli importava nulla, perché aveva fame!
Si avventò sul corpo continuando a straziarlo con la sua nuova bocca, gustando quella carne tiepida in quel posto meraviglioso.
Poi sentì uno sparo. E si voltò di nuovo.
“Un lupo !!” urlò una voce.
“No, è un cinghiale !!” ne urlò un’altra.
Erano troppi. Erano armati. Questo riusciva a capirlo, e si mise a correre di nuovo verso il bosco.
E tra urla di allarme, colpi di fucile, sparì nel buio della vegetazione.
Poche ore dopo i cacciatori lo trovarono nudo, morto e con un braccio spezzato dal morso di una tagliola.

Uliano Bruner

Sono nato a Roma il 11/04/1974. Da sempre cultore di letteratura fantastica improntata all'horror, da due anni FilmMaker amatoriale di cortometraggi. Tra le varie realizzazioni video, sia storie inedite che riadattamenti di racconti macabri. Sito personale: www.ulibruner.it