Bloody Mary

Il cantante continuava a battere il ritmo con il piede, seguendo le frenetiche note di un rock blues intriso di batteria. Il locale era fumoso, saturo di gente e di rumore, accompagnato dal traballante vibrare del pavimento. Dietro al bancone un improbabile barista sbuffava dietro la sigaretta, lasciata penzolare inerte dalle labbra semichiuse. Versava birra e cocktail ai ragazzi che davanti alla superficie color mogano del bar, scambiavano a volume troppo alto, risate e insulti. Qualcuno di loro, pieno d'alcool fino a non poterne più, si appoggiava ad uno sgabello. Incurante della festa che i compagni poco distanti facevano ad una cameriera, soffriva già di quel mal di testa che lo avrebbe accompagnato per qualche giorno come un piacevole souvenir della serata in corso.
Con l'occhio sinistro semichiuso e offuscato dal fumo che saliva dal mozzicone, il barista guardava verso la band impegnata nell'ennesimo brano, asciugando bicchieri fumanti con un canovaccio che forse, qualche mese prima, era persino stato lavato.
Il martini e succo d'arancia gorgogliavano in gola prima di scendere ad infuocarle lo stomaco e ottenebrarle la mente. Si avvicinò, sbattendo la spalla contro un avventore che a stento si teneva in piedi, fino a raggiungere i piedi del palco. Dal principio i giochi di luci rosse e blu sembravano rapirla da tutto ciò che le vorticava intorno poi si concentrò sulla musica, nel tentativo di fermare il lotto volante che si ritrovava nel cervello. Lui l'agganciò. Con uno sguardo penetrante, intimo, profondo. Mentre stringeva ancora una volta il microfono, urlando le parole di una canzone di cui stentata a capire il senso, gli occhi del cantante si erano fissati sui suoi come a volerla intrappolare.
A nulla servì abbassare lo sguardo sul drink, che sotto l'effetto dei fari luminosi assumeva a tratti il colore della notte e del sangue fresco. Improvvisamente il drink odorò perfino di sangue.
Il magnetismo che quegli occhi sapevano emanare la stordì fino al punto da indurla a lasciare cadere il bicchiere.
La canzone finì proprio nel momento in cui lei alzava di nuovo lo sguardo, e senza sapere come, se lo trovò di fronte. La mano di lui la cerco trascinandola verso il bar prima ancora che lei potesse protestare. Quegli occhi rossi che la fissavano dal palco divennero così vicini da poterne definire i contorni della pupilla, mentre il sorriso stretto di lui cominciava a fare largo nella sua incoscienza provocata dall'alcool.

Afferrò il drink che lui le porgeva senza staccare lo sguardo dal suo viso chiedendosi come potesse fare quella fitta ragnatela di rughe a incidere un volto che sembrava così giovane. La band scomparve attraversando la porta sul retro del locale, dopo aver lanciato al suo leader un cenno del capo come a richiamarlo all'esterno. Lui posò il proprio bicchiere sulla superficie appiccicosa del bancone, e si accomiatò con un baciamano d'altri tempi. Lei rimase lì, attonita e immobile, con il suo bicchiere stretto in mano, mentre fissava il giaccone di pelle nera rivestire le spalle ampie, ondeggiare ai lati delle gambe dell'uomo e poi sfiorare leggermente la lurida superficie del pavimento. Lo vide infilarsi gli occhiali da sole, stringere la cintura del cappotto, infilare le mani dentro ad un paio di guanti in pelle nera. Poi scomparve oltre l'uscio.
Si riscosse, come se fino ad allora qualcosa in quell'uomo l'avesse ipnotizzata. Lasciò il bicchiere e lo inseguì aprendo la porta e trovandosi immersa nella notte buia di un vicolo di periferia. Le calze a rete e le scarpe rosse con il tacco a spillo si intravedevano appena alla luce dell'unico lampione della stradina. Attorno alle gambe esili e delicate dell'amica che le aveva dato un passaggio fino al locale, una massa nera di corpi che si affaccendava. La chiamò come se potesse risponderle, accerchiata com'era da tutti i componenti della band che le si accalcavano sopra, ma lei non rispose che con un flebile movimento degli arti inferiori inguainati nei collant. Il cantante invece, alzò la testa e la fissò, accorgendosi di lei. Le si avvicinò e le strinse entrambe le mani. Questa volta la sua coscienza non fu calamitata dalla presenza di lui ma dalla scena che si stava svolgendo sul cadavere dell'amica. Le sussurrò all'orecchio parole tratte dalla canzone che poco prima aveva interpretato dentro al locale, seguite da un "Ti avevo avvertita" che finalmente la riscosse dal torpore. Tuttavia appena piantò gli occhi increduli in quelli di lui si sentì preda nuovamente di quello stato ipnotico di poco prima. Lui si avvicinò ulteriormente, le prese il viso tra le mani e la baciò, prima morsicandole il labbro poi scendendo deciso verso la curva del collo. Uno schiocco sordo, seguito dal calore di un liquido denso che le scivolava sul decolleté e infine il viso di lui, con le labbra ancora macchiate di un rosso rubino. Spostò lo sguardo sullo scempio che i membri della band compivano sul cadavere dell'amica e di nuovo lo guardò. La vista del sangue sulle sue labbra la stava eccitando, mentre un'inspiegabile sensazione di urgenza si impossessava di lei. Si avvicinò al gruppetto chino sul corpo della giovane amica…. e cominciò a sua volta a cibarsi.

Stefania Costi