Avid jazz

Io sono così stanco e non vedo il motivo per cui mi debba ancora occupare di certe cose.
Sono legato in delle catene di bronzo e il mio bambino tedesco supplica di togliergli dalle orecchie il ghiaccio, prima che passino gli undici minuti della sua cura.
Io rifiuto.
Io sono stanco di chiudere gli occhi tra i conati che le risate forzate e dispendiose mi fanno sopraggiungere dal basso ventre.
Non posso dire di star male almeno fino al momento in cui collasso.
Crollo in una noia visionaria che porta una certa malinconia condotta dalle soggettive speculazioni di pensiero.
Sorrisi intorno a me supportati da quei maledetti sopraccigli rasati che, a volte, si inarcano quasi a voler far sottolineare la mia eccessiva cacofonia.
Mi trovo spesso così stanco, osservato e con il mal di pancia, ma per quale motivo mi devo ancora occupare di certe cose?
La noia da combattere spinge ad affondare nella bottiglia, ma, le giornate supersoniche, sono spesso dissonanti in un'altra realtà sfumata e velocissima.
Quante voci invadono la testa, risalgono nei meandri della mia ripetitività tediante solo per me, partecipe a tutte le esposizioni e, per non far notare la mia mortale rottura, sorrido nella ciclica rappresentazione di successo.
Quanti risucchi industriali sarò costretto a sentire di qui alla conclusione?
Alla fine si cerca di riempire quei vuoti di brillantezza e di svuotare i pieni di timidezza.
Quante volte le cose si muovono come le linee di un'architettura tra un gioco di rientranze e sporgenze, di vuoti e di pieni appunto.
Quanta verginità c'è intorno a noi?
Nello squallore di una corsa disperata tra lunghi e alti palazzi che sembrano scrutare la tua fuga e, mentre ti volti con la vista appannata, scorgi il lavoro di un uomo che ha deflorato più di quanto tu non potrai mai fare.
Una dialettica di pieni e vuoti, di manipolazione di un blocco apatico e così inadatto allo sguardo delle persone comuni, mentre, a me, eccita vergine come una donna pudica che cerca disperatamente di allungare una sottana troppo succinta.
Mi eccito così di rado in questo periodo tanto che inizio a temere le donne e le loro forme. Vorrei fuggire da esse, dalla loro volgare presentazione, temo le donne perché così stanco e infiammato da altri pensieri.
Quanto brucio dentro….
Io sono così stanco e davvero non riesco a comprendere perché mi devo ancora preoccupare di certe cose che gozzovigliano in me, quanto dovranno mai riposare le mie membra?
A tratti qualcosa mi si rischiara davanti e riesco a rivedere le scenette che il mio teatrino della vergogna ha imbastito e la puzza mi entra ancora nelle narici.
Nervosismo che mi divora i capelli, vorrei uccidere tutti ad uno ad uno, vederli respirare con affanno davanti a me, mentre la mia vista si appanna, lo stomaco brucia e la bocca vomita su di loro.
Carcasse che sudano.
Sono nervoso senza la purezza e le mie ondate mi sfibrano; dovrei fare una doccia fredda, ma adesso sono l'odio superbo: io sono i maghi neri.
Ho freddo nel sottile meccanicismo che mi circonda, l'architettura è ostile una volta che riesce a formar la sua entità.
Le cose perdono la loro verginità, gli oggetti sono miei nemici e l'architettura si sente troppo superiore, i suoi rapporti di equivalenza tarati fino alla noia mi fissano e la monotonia uccide molte persone.
La tromba delle scale con una meravigliosa ragazza in fondo.
Capelli neri lisci e carnagione chiara, si dimena dolcemente mentre dei cannibali divorano braccia e gambe umane di vecchi avvizziti e pelosi.
La danza è interrotta da latrati golosi e forti sputi catarrosi di peli, ma sono così attirato da dimenarmi nel desiderio; lei si dimena e mi chiama alla fine della tromba delle scale, forse sono solo le sue labbra che mi chiamano.
La schiena mi duole ancora e, con una discreta prepotenza, mi costringe a sdraiarmi troppe volte al giorno e riesce quasi a non farmi mai digerire in posizione eretta.
Ogni volta che mi sdraio fisso il bianco soffitto e mi sembra di notare, davanti ai miei occhi, delle macchioline nere fluttuanti, rimango vigile nel saper distinguere le forme, siano esse umane o architettoniche; sono così stanco.
Quanti ciechi esistono al mondo?
Persone che non sanno vedere opere d'arte con i loro occhi, necessitando di stupide guide che annichiliscono con le parole il sentimento.
Tutto è per loro così maledettamente legato all'utile; l'arte è l'unica cosa utile quando sono sano, è l'unica cosa effettiva che mi fa vivere, l'arte è l'unica cosa utile perché è inutilizzabile.
Accecate davvero coloro che non sanno cogliere questa necessità vitale!
Accecate coloro che non sanno guardare!
Non camminate tra architetture pensando che sono contorno di una maledetta strada e al diavolo le preoccupazioni fisico-chimiche-meccaniche; la vita è un'arte e solo l'arte può aiutare a vivere.
Accecateli fisicamente!
Madame, un altro giro di valzer è ciò che le chiedo e come sempre lei tacitamente accetterà, ma a caro prezzo e tra mille dolori interni.
Non ho giustificazioni, tutto fuori è irritante e tutto dentro è apaticamente stupido.
Avido della purezza!
Il delirio nasce nel momento in cui, davanti allo specchio, non ti rifletti, quando passeggi per i laghi e incroci dei volti che non hanno ragione di esistere e di tediare la tua camminata con le loro ovvietà; chi siete?
Intorno ogni flusso sembra volgere in maniera opposta a ciò che ti sembra corretto.
Mani ai lati della testa, ma vorrei sputare a tutta la società impura che mi circonda.
Mi fate vomitare, attaccherò!
Le categorie con cui si giudica e si scheda, secondo la cosiddetta morale comune, sono completamente antitetiche alle mie e ciò mi imbarazza, mi irrita e mi uccide.
Quanti occhi ho visto aprirsi in una sorta di penosa commozione e quanti corpi ho visto scappare a velocità supersonica dalla mia dialettica, ma allora mi chiedo sono così invadente?
Indurre a scappare le persone o fare un discorso con un mezzo sorriso di scherno in bocca, per poi fuggire a raccontare l'incontro con un personaggio allucinante.
Nessuno si rende conto che di fronte ci sono molteplici intelligenze caleidoscopiche e non si possono permettere di calare dall'alto la loro griglia di classificazione e, protetti dalla morale comune, non si preoccupano neanche di eventuali errori, ucciderò un giorno!
Ora sono stanco, lo stomaco brucia e i piedi riescono ad appoggiarsi solo sul tallone, che qualcuno mi aiuti… alla fine odio tanto la società, ma senza di essa poche notti saprei tornare a casa.
Gradisco il complimento femminile e mi trovo ad immaginare il letto e la testa che lo fa roteare, mentre, in maniera quasi astrale, cerco di elevarmi sessualmente.
Sono un bambino impuro, perciò rimango seduto e avido.
E la notte è sempre giovane e la notte va avanti ancora e ancora e ancora, mentre tutti cercano me e aspettano di vedermi cadere per far a gara a raccogliermi le membra.
Chi mi porta stanotte nei miei incubi di cannibali alla fine della tromba delle scale?
La notte si accompagna sempre con urla e lacerazioni nella noia, ma, appena cado davanti ad uno specchio, odo un grido di allarme contro di me.
Niente di illibato, escludendo i bambini, reputo di aver mai toccato, mi angoscia la mancanza di purezza e mi eccita maggiormente un blocco di marmo che una scultura che lo modifica.
Niente è puro ora e perché dovrei occuparmi di certe cose se sono una continua contaminazione che cammina?
Mi sento così sporco, stanco e allora, inevitabilmente, la bottiglia diventa protagonista visto che la vita non è una scienza esatta.
Se ti comporti secondo i maledetti canoni, non sei certo di essere felice o sano; l'esistenza, comunque vada, riesce a schiavizzarti con avvenimenti talmente imprevedibili ed improvvisi che ti possono devastare e dove sono finiti tutti i sacrifici per mantenerti nella presunta retta via?
Non posso dare torto comunque a coloro che, facendomi sentire così stanco e sporco, mi segnalano che devo allontanarmi dal mio regime devastante, ma sono troppo affaticato per riuscire a staccarmi dallo status quo, ma perché mi occupo ancora di certe cose?
Non vale la pena perder tempo a curare i fiori, non vale la pena urlarsi addosso, non vale la pena dormire attaccati al muro, non vale la pena ricercare la purezza, non vale la pena camminare in posizione eretta, non vale la pena parlare, non vale la penna scrivere, non vale la pena niente tranne bere…
Altre volte, al posto della tromba delle scale, mi trovo davanti ad uno specchio nerissimo che non riesce a riflettermi.
Ogni qual volta che le persone compaiono, si riflettono per contrasto allo specchio e sono facilmente individuabili, ma, la cosa più sorprendente, è che riesco a vedermi riflesso solo nei meandri della mia testa dove appaio con degli occhi sbarrati e iniettati di sangue.
Piango lacrime miste a sabbia; sono stanco e sarebbe intelligente dormire sano qualche volta e smetterla di ridere sull'ignoranza, di riflettere sull'architettura e di incontrarsi con Madame Bottiglia.
Non finirò mai di riflettere sui latrati che mi hanno sempre circondato, ma di certo non abbandonerò mai neanche il tono eroico superficiale; tutti gli eroi sono superficiali altrimenti non sarebbero così ottusi per essere tali.
La vita mi ha incredibilmente sorpreso in un breve arco di tempo tanto da sconvolgermi l'esistenza, migliorandola certo, ma estremizzandola troppo per un decadentista come me, ma chissà se conosco il vero significato di ogni parola che scrivo…
Sorrido e mi scopro a sorridere di fronte ad un altro specchio che viene continuamente spostato dal vento dell'estate e tutto sembra essere così improvvisamente semplice.
Semplice e superficialmente delicato, una coppia di impressioni che non notavo da tempo nella mia bagnata esistenza marchiata da colori viola tratteggiati con spatole molte approssimative.
Mi trovo ora cullato da questo improvviso venticello e davvero mi vorrei chiudere in questo docile mondo che non dimenticherà mai il suo pupillo di romanticismo, forse un giorno mi passerà la stanchezza…
La pancia è gonfia e brucia come se la saliva fosse un concentrato di peperoncino da ingoiare, la mano si posa su di essa cercando di consolare con un tocco taumaturgo, ma è come un accordo di chitarra elettrica dissonante e squallido.
Difficilmente il fisico tollererà ancora questo regime di tenebre alcoliche e urla cacofoniche.
La testa non può seguire la pancia altrimenti i giorni sarebbero tutti uguali e la ricerca di una purezza mi lascerebbe ancor più solo, ma poi tutto diventa così lavico ed elettrico… chi può salvarmi allora, se nessuno riesce a capirmi?

Francesco Crisanti