L'eternità un soffio

Jezebel scriveva ... e Sverd, dal suo recondito angolo di oscurità, la spiava, come ogni notte. Sempre, alla stessa ora, lui sapeva che lei si sarebbe messa seduta al suo misero tavolo di legno, logorato dal tempo e dai tarli. Avrebbe prima lavato e riposto le stoviglie usate per la cena, la sua piccola cena. Avrebbe pulito la cucina, spento il gas, controllato che tutto fosse a posto. Poi sarebbe salita nella sua camera, avrebbe acceso la candela, spento tutte le luci. Infine si sarebbe seduta. E avrebbe cominciato a scrivere ... fino al mattino ...
Sverd la adorava. Adorava i suoi gesti lievi, i suoi passi morbidi come velluto ... i suoi sguardi rivolti all'infinito, verso il vuoto, alla ricerca di un qualcosa che neppure lei sapeva. La sua anima, la conosceva ormai alla perfezione. E i suoi pensieri, poteva sentirli scorrere dentro di lui, come un fiume in piena che si dirige verso il mare in una corsa senza sosta. Lui era il mare, calmo e silenzioso.
Si sentiva così vivo quando poteva stare con lei. Quando poteva restare a guardare il suo viso, alla luce della candela, riflettere tutta la passione che lei aveva in seno e che non poteva gridare. Quando poteva immaginare di chiuderle gli occhi, e lentamente lasciarla scivolare nel sonno, alle prime luci dell'alba ...
Senza di lei, lui era la Morte ... Senza di lei, lui era la Disperazione ... Senza di lei, lui era l'Abbandono ... Senza di lei, lui era il Nulla.
E ogni giorno si sentiva morire, quando lei usciva, nel primo pomeriggio, per fare ritorno soltanto alla sera. Lui non sapeva cosa lei facesse, né dove andasse. Ma sapeva che era una cosa di molta importanza. Lei piangeva, ogni volta. E ogni volta per lui era un dolore straziante.

 

Jezebel scriveva ... e Sverd la spiava, come ogni notte, dal suo tetro e angosciante rifugio. Quella notte lei scrisse ... e lui seppe che cosa significava quel pianto ... Si accorse che esisteva qualcuno ... qualcuno che non era lui ...
Lei era sempre più assente, era sempre più triste ... diventava ogni giorno più pallida, sempre di più. E lui non poteva che stare a guardare, impotente, in silenzio.
Si stava lasciando appassire, lui lo sapeva. Leggeva dentro di lei con facilità, come si legge un libro ... e sapeva che lei voleva morire ... perché non avrebbe mai potuto aspirare all'amore di Niklas ... non l'avrebbe mai avuto per sé ...
Era solo una stupida serva, figlia di una donna che non aveva più onore. Abitava da sola, nella squallida casa alle porte del paese. La casa diroccata, con una croce nera sulla facciata. La casa che tutti credevano infestata dagli spettri. La casa nel bosco di cipressi che circondava e custodiva il cimitero come una reliquia.
Tutti la temevano, e la evitavano. Non aveva mai parlato, era nata così. Nessuno mai aveva udito la sua voce. E per questo, l'avevano mandata a far da guardia ai morti.
Ma lei, in quella sua solitudine mai spezzata dal rumore, ci stava bene. Si sentiva in pace, non aveva paura. Sentiva di essere davvero a casa, come se quella casa fosse parte di lei. Come se quella casa l'avesse attirata, quasi come avesse scelto lei stessa di vivere là, in mezzo alle tombe.
Di tanto in tanto, quando scendeva la notte, prima di salire su in camera, usciva nel cimitero ... raccoglieva dei fiori e li spargeva qua e là sui sepolcri.
Fu una notte di quelle che Sverd la vide ... Fu una notte di quelle che lei, per caso, gettò un fiore sulla sua tomba ... Fu una notte di quelle che lui giurò che l'avrebbe vegliata per sempre ...

 

Jezebel scriveva, come ogni notte ... e Sverd fingeva di accarezzarle i capelli, disordinatamente sciolti sulla sua schiena di latte, profumata, come un dolce appena sfornato ... le sue dita affondavano invisibili tra i riccioli neri, e si fondevano in carezze portate dal vento.
Lui la amava. Avrebbe dato la vita, se ancora l'avesse avuta, in cambio della sua felicità ... avrebbe venduto anche la sua stessa anima per poterle parlare, anche solo per un attimo, per poterla baciare ... per poterla sfiorare ... e la sua voce ... la sua voce ... avrebbe accettato di andare a vivere nelle nere lande infernali, pur di udire, anche solo una volta, la sua voce ... Tuttavia, non era la sua voce, ciò che lui voleva più di ogni cosa. Aveva tutto di lei. Possedeva i suoi segreti più profondi, le sue paure, i suoi sentimenti ... teneva l'esistenza di Jezebel tra le sue scheletriche mani ... ma lei non lo sapeva, e forse, non l'avrebbe mai saputo ... Lui voleva il suo amore. E mai sarebbe stato possibile. Non ora. Non in questa vita.

 

Jezebel scrisse ... tutta la notte. Poi, quella mattina, uscì di corsa, e si diresse verso il paese. Sverd poteva vedere il suo bianco vestito illuminato dalla luce del sole, volare nell'aria come un uccello dalle ali di angelo ... poteva vederla ... ma non poteva seguirla. Quella casa era la sua prigione, il cimitero era la sua dimora.
La seguì con lo sguardo, dalla finestra, fino a quando lei svanì, come una visione, dietro l'angolo della stradina sbrecciata, cosparsa di alberi.
Fu una lunga mattina. Di tormentata inquietudine. Si sentiva in gabbia. Avrebbe voluto uscire, inseguirla. Chiamarla ... e correrle incontro. Avrebbe voluto ... voluto una vita, una vita qualsiasi ... per avere almeno la possibilità di provare. Provare ad amarla, davvero, come un essere umano.
Ma lui era solo un fantasma, incatenato alla morte, inchiodato alla terra, della quale faceva ormai parte. Era soltanto un inutile ammasso di polvere ... e il suo corpo giaceva da secoli, nell'attesa di una rinascita che mai sarebbe avvenuta.

 

Scese la notte di nuovo, e Sverd si sentì sollevato. Perché sapeva che Jezebel presto avrebbe fatto ritorno, e tutte le sue angosce si sarebbero dissolte, annegando dentro ai suoi occhi ... i neri occhi di Jezebel ... E lei fece ritorno, ma non fu sola.
Dapprima fu un rumore indistinto di urla e schiamazzi ... poi un chiarore di torce e lampade ad olio illuminò l'imbocco della stradina ... Infine la vide ... Era Jezebel, portata a braccio, tirata, strattonata, spinta da tre uomini enormi, seguiti da altri uomini e donne che urlavano come impazziti frasi orribili che lui mai avrebbe voluto sentire. La sua Jezebel, la sua Jezebel adorata ... perché le facevano questo?
Attraversarono tutta la strada, la trascinarono fino al cancello del cimitero. Lei piangeva, disperata, ma dalla sua bocca non uscì un solo gemito, neanche un lamento ...
Sfondarono il cancello, e la portarono dentro. Poi uno degli uomini che la teneva per un braccio la buttò a terra con forza e disse a voce alta - "E' questo il tuo posto, stupida puttana! Figlia di una cagna! E' qui che devi stare!" - subito un altro rispose - "Non devi uscire mai più. Ti ucciderò con le mie stesse mani!" - e tutti gli altri in un coro furioso gridarono - "A morte! A morte la strega del cimitero!" -
Sverd si sentì raggelare a quelle parole. In un attimo si trovò fuori, nella ressa che si era raccolta in cerchio attorno a Jezebel ... e la vide nel fango, che piangeva, immobilizzata.
All'improvviso un uomo, vecchio e robusto come una quercia, si fece spazio tra la folla ... la prese, la tirò per il collo del vestito e la sollevò in alto, fin quasi a strozzarla ... - "Hai fatto del male al mio Niklas ... il mio unico figlio ... che cosa gli hai fatto eh? Strega! Maledetta! ... Lui sta male! ... Non mangia più ... non esce più di casa ... Parla! che cosa gli hai fatto? ... Questo è un incantesimo! La maledizione di una strega dannata! ... Tu adesso morirai! ... Sconterai le tue pene all'Inferno! ... Muori! ... Muori!" - poi estrasse un coltello dalla tasca destra e glielo piantò in mezzo alla pancia, gettandola nuovamente a terra ...
"Muori! ... Muori!" - Tutti urlarono ... in una folle concitazione ... Si sentivano terrorizzati da quella fragile donna, agonizzante ... che non aveva rivolto loro neanche uno sguardo ... che aveva accettato il suo destino senza neanche provare a liberarsi ... a fuggire ... a chiedere pietà ...
Restarono a guardarla ancora un poco, con i loro occhi pieni di disprezzo, poi se ne andarono. Tornarono alle loro case, felici di aver liberato il paese dalla strega, di aver finalmente ucciso la creatura immonda che abitava la casa dentro al cimitero ... la creatura immonda che loro avevano reso tale, che loro avevano costretto a vivere là ... tra i morti ... isolata dal mondo ...

 

Jezebel era per terra, e piangeva ... si stava spegnendo lentamente. E Sverd non poteva fare niente. Voleva stringerla a sé, riscaldarla, consolarla. Se avesse potuto soltanto toccarla e riportarla alla vita! Se solo avesse potuto!
Ma lei morì così, da sola, come era sempre stata. Da sola, così come venne al mondo, indifesa e pura. Morì. E nell'attimo in cui esalò l'ultimo respiro, un foglio le cadde dalle mani, irrigidite dal dolore ... e un pensiero fugace le passò per la testa. Lui lo sentì, lo invase come una brezza primaverile ...
Niklas l'amava, lei lo sapeva ... ma non poteva, non poteva stare con lei. Ed era per quello che lei scriveva ... scriveva ... fino al mattino ... e ogni volta, nel pomeriggio, gli portava in dono i suoi sentimenti, su un foglio. Quella mattina era uscita prima del tempo, aveva capito che presto sarebbe giunta la fine, e voleva portare a Niklas il suo ultimo regalo ...
Ma nessuno aveva capito ... nessuno. E l'avevano uccisa così, senza motivo.

 

Jezebel era fredda, morta. Stava distesa, come addormentata, sul suolo umido, tra le zolle di terra e i fiori appassiti che facevano da cornice alle lapidi là intorno ...
Era immobile, bianca come la luna ... neanche quella scura ferita poteva turbare la bellezza del suo corpo di vergine, imperlato da purpuree gocce di sangue ...
Sverd la guardava, attonito. Sentiva che tutto era finito, che nulla più aveva senso. Adesso che lei era morta, non rimaneva altro che il vuoto infinito ...
Una folata di vento li raggiunse, e il foglio che era caduto dalle mani di Jezebel prese a volare ... si accartocciò dapprima e si confuse in un piccolo turbine di foglie secche, poi si allontanò sospinto dall'aria...
Lui sapeva che cosa era scritto sul foglio ... sapeva che quello era l'ultimo regalo di Jezebel. Parole di carta per Niklas ...

 

Abbracciami - in questa notte di Luna
in questa notte di stelle che ha sorriso al crepuscolo
Abbracciami - fino ad uccidermi
se tutto fosse più semplice potrei morire senza dolore
So dove sono - non importa il perché
quello che conta è ora e per sempre
Uccidimi subito - è questo che voglio
vagare in eterno
nel vento che odora di mare
Non farmi pensare che potrei cercare altre strade
e magari anche trovarle
E' vasto il mondo - ma piccolo
se lo osservi da un unico punto di vista
e noi siamo in due e già siamo in troppi
Feriscimi e poi
Poi curami e fammi tornare come ero prima e amami - o fai finta di amarmi
Fammi annegare dentro di te - come in un fiume
poi lasciami qui - lasciami andare
il Destino è mai più ...

 

Sverd si adagiò, come una nebbia leggera, accanto a lei. E restò lì, con l'anima in frantumi, fino al giorno in cui gli uomini che l'avevano uccisa, tornarono per seppellirla.
Le scavarono una fossa, senza nome, e la gettarono dentro come un animale. Nessuno mai avrebbe saputo dove era stata seppellita, nessuno. La punizione per quella donna che aveva osato amare uno di loro, doveva essere l'oblio.
Ma Sverd era lì. Lui sapeva, aveva visto ... e benché non ci sarebbe mai stato un fiore su quella tomba ignota, lui sapeva che lì dormiva Jezebel ... Jezebel, il suo dolce rifugio. Jezebel, il suo unico amore. Jezebel, per sempre sua ... - "Jezebel, mia fiamma preziosa, mia unica fonte di beatitudine ... Forse in futuro, forse in un tempo in cui tutto è possibile ... In un'altra vita ... ci incontreremo ... Io ti aspetterò, fosse anche in eterno ... e l'eternità, in fondo, è un semplice soffio ..."

Lucia Mancini