Strani incontri

Alan era fermo davanti allo stagno artificiale del parco dove le ultime anatre venivano trasportate a riva da una corrente invisibile quando…
"Aiutooo!" Urlò all'improvviso una voce alle sue spalle facendolo voltare.
Su una panchina di pietra ad una ventina di passi da lui c'era un uomo disteso che agitava le braccia. Poco oltre, sul vialetto lastricato una figura si allontanava.
"Aiutoooo!" Urlò di nuovo l'uomo.
Con un gesto naturale Alan si lanciò di corsa verso l'uomo che camminava sul vialetto.
"Ehi…" Urlò ma l'uomo continuò la sua camminata, senza fretta, come se nulla fosse accaduto. Intanto l'uomo che chiedeva aiuto si era trascinato arrancando sul vialetto con una mano levata verso il vuoto come a voler afferrare un appiglio invisibile.
Alan lo superò raggiungendo e bloccando sul posto l'uomo che camminava.
"Dove scappi tu?"
"Io non scappo affatto." Rispose senza voltarsi.
Alan si guardò dietro e vide che l'uomo che aveva chiamato aiuto si avvicinava tenendosi una mano premuta contro il petto e l'altra protesa verso l'aria.
"Ti consiglio di lasciarmi subito il braccio, sei ancora in tempo a pensare a te." Lo ammonì.
"Dici? Io penso di no."
"Bene." Fece l'uomo voltandosi.
Alan nel vederlo rimase sbigottito.
Sotto il lungo spolverino indossava un mantello che toccava terra, era blu notte ed era cosparso di tanti strani simboli magici dorati. Il viso di quell'uomo era vecchissimo, solcato da mille rughe.
Gli occhi poi, mettevano paura. Erano neri e profondi e ti davano l'impressione che quello sguardo sapesse tutto di te, fin dall'inizio.
Al collo del vecchio era appeso un sacchettino di pelle nera dove dentro c'era un qualcosa che si agitava gonfiandolo e sgonfiandolo di continuo.

"L'hai voluto tu, amico." Disse il vecchio facendo comparire da sotto il mantello una mano scheletrica dalle lunghe unghie. Tra le dita della mano scorrevano in una danza ipnotizzante due chiodi d'argento che scintillavano sotto la luce dei lampioni.
L'uomo che arrancava li raggiunse e appoggiandosi ad Alan disse "ridammela, la voglio indietro…"
"Non posso."
"Che cosa ti ha preso?" Gli chiese Alan.
"Mi ha rubato l'ombra."
Alan lo guardò perplesso.
"Ridammela, ti prego…" Fece il vecchio cercando di afferrare il sacchetto di pelle. Alan lasciò il braccio del mago e si staccò di un passo dai due in modo da distinguere le varie ombre e con stupore si accorse che l'anziano non aveva nessuna ombra.
"E' impossibile…" Mormorò mentre il mago alzava la mano dove i chiodi vorticavano attorno alle dita.
Alan lo guardò sentendo una doccia gelata per tutto il corpo, non fece in tempo a dire niente che due baluginii argentati brillarono per la notte andando a concludere la loro parabola sul pavimento lastricato.
Alan provò a parlare ma non ci riuscì, era paralizzato in quella posa.
Il mago si avvicinò ad Alan sorridendo e gli disse "ti avevo avvertito…" dopodiché andò alle sue spalle, si chinò a terra e staccò il chiodo argentato e con esso venne su un lembo nero sottile come la carta velina, si agitava, era vivo.
Alan sentì una lacerazione all'altezza dello stomaco, era angosciante. Le lacrime cominciarono a scorrergli sul viso impietrito.
Il mago ricomparse alla sua vista, aprì il sacchetto e ci fece scivolare dentro la sua ombra che si dimenava come un anguilla dopodiché si voltò e riprese a camminare.
Dal profondo dell'anima Alan urlò in preda alla disperazione. "Nooooooooooo…" E tentò di seguirlo. Riuscì a muovere un paio di passi verso l'uomo che, man mano che si allontanava, perdeva consistenza corporea.
"Aspetta!" Riuscì ad urlare raggruppando tutto il fiato possibile. Ma il mago ormai era diventato trasparente e dopo pochi attimi di lui rimaneva traccia soltanto nei ricordi di Alan.

Joseph Queen