Se sono rose fioriranno

Quella notte la luna era piena e i bulbi aspettavano solo la caccia. Il locale color verde era arroccato in una delle vecchie costruzioni millenarie della città, ormai basse e distrutte. Si entrava da un cancello e si saliva in alto fino a raggiungere l'entrata. Dentro, il mobilio era in legno scuro, con tanti drappi color verde. Sicuramente ricordava le enormi vallate dove i cacciatori combattevano le feroci prede. Fuori era notte, e Hunk attendeva dietro ad una colonna di ferro, con l'arsenale pronto per l'azione. Tante notti aveva trascorso sempre con il medesimo intento. Quella ne sarebbe stata un'altra di routine. Una come tante. Hunk ricorda ancora i tempi passati, quando ancora non cacciava e l'idea di arsenale era piuttosto lontana dalla sua mente. Dentro, la musica imperversava vigorosa e la gente era accalcata. Nella mente di molti si era creato uno spazio post-attico-surreale di estrema fantasia, ai limiti della misticità, a tal punto da godere del vento che fuoriusciva dalle note della musica. Erano quei quadri inesistenti alla terra, ma vivi nella mente, troppo vivi per essere accantonati. Hunk era ancora fuori, però. Chissà cosa lo faceva attendere così tanto. Eppure era freddo. I suoi jeans scuri e il suo giubbotto marrone corto a cappuccio issato, forse non permettevano alcuna infiltrazione. Musica poderosa ed Hunk era già sull'entrata. Scene troppo veloci per essere descritte con stabilità e coerenza. La voce del nanoismo era comunque sempre viva nelle menti. Hunk si abbassò il cappuccio e mostrò il solito berrettino nero che portava all'indietro.

 

Quando Hunk uscì di casa, la luna era splendente. Piena e con un pallore magnifico. A spostare gli ultimi alberi innevati c'era un vento caldo che presagiva un temporale di considerevoli dimensioni. Questo appena uscito dalla sua dimora. Si issò il cappuccio e, sistemata la lunga accetta, caricò nella macchina da battaglia il fucile a pompa e qualche candela.

Hunk si sedette un attimo e appoggiò il fucile al bancone. Il locale era sviluppato in due diramazioni, con al centro un sistema di banconi, che si propagava verso l'esterno di modo che ci si potesse sedere ovunque per bere. Le costruzioni di legno e di ferro intralciavano pero' la visuale in qualsiasi parte uno guardasse. Quella che aveva ora di fronte Hunk era una bevanda giallastra che emanava un fervido odore. Dietro a lui passarono giullari incatenati, uomini della notte, cybernauti e anche qualche nano.
Accanto al cacciatore si sedette un tizio.
- Hey Hunk! -
- Emple! - esclamò
L'individuo chiamato Emple era di media statura, con una cortina di capelli neri e dritti, troppo lunghi per stare dritti, tantè che essi cadevano ai lati come un salice piangente. Indossava una camicia grigia e un paio di occhiali neri.
- Sei a caccia stanotte? -
- Già... -
- Ma come, qui dentro? -
- Eh sì.. .Anzi sarà meglio che fra poco vada...-
All'esterno le enormi strutture alte e metalliche sovrastavano la città, imponenti.
- Non so se faccio bene a dirtelo ma prima, ho visto, beh sì insomma... -
Dal lato opposto ad Emple emerse dai fumi dell'alcool una figura femminile.
- Hunk, quanto tempo!-
Era più alta di Hunk, magra, con la pelle scura, folti capelli neri non tanto lunghi.
- Ivy non mi spaccare le balle per favore... -
- Cosa ci fai in questo postaccio? Non razzoli più ad Harringtonquartier? -
Emple sorrise e si allontanò. Lo sguardo di Hunk era invece sempre rivolto al boccale davanti a lui.
- Per favore Ivy, ti ho detto di non rompere... E poi che cazzo vuoi? -
Ivy sorrise. Forse le piaceva stuzzicare ancora Hunk.
- Sai, qua non c'è poi così tanta bella gente, trovare qualche anima decente è molto difficile… -
- Eccheccazzo, piantala! Ho finito di avere a che fare con te già da tempo. Ora non rompere e sparisci per favore!-
Ivy si allontanò prima che Hunk mettesse la mano nella cintola per estrarre l'accetta.
Ivy era una delle poche persone che faceva letteralmente indiavolare Hunk, forse per vecchie storie, forse per vibrazioni opposte. Questo mai si saprà.
- Hunk! - urlò qualcosa dietro di lui.
Quella doveva essere la notte degli incontri, poiché anche l'anima che in quel momento aveva evocato il suo nome, era invisibile alla sua vista da molto molto tempo, come lo erano stati Ivy ed Emple.
L'individuo era molto alto, con un cappotto felpato scuro e lungo, capelli tirati indietro neri ed un paio di occhialini molto professionali. "N" era il classico stereotipo di gentiluomo.
- Anche tu qua, eh? -
- Eh già, come ti passa? -
- Mah, non tanto bene, ho avuto a che fare con troppi pezzenti negli ultimi tempi... -
- Capisco... -
- Tu, invece, che combini? -
- Mah, solita roba... Niente di che... -
- Ehi, ho visto quella merda di Ivy in giro... -
- Già, era qui poco fa...-
- E che le hai detto? -
- Avrei avuto una gran voglia di farle saltare quella sua testolina di cazzo, ma, sai com'è, i proiettili costano, e poi stanotte ho altro da fare… -
- Sei ancora a caccia? -
- Eh, sì... Stanotte si balla... -
- E allora balla, bastardo!- disse N con una pacca sulla spalla, e se ne andò altrove.
Le cantine arrugginite sgorganti liquido fetale erano altrove nella città, ma sempre presenti, ovunque.
Dopo questa frase Hunk rimase di nuovo solo. E pensò. Pensò agli universi infiniti, alle notti passate solo nella solita panchina a meditare al gelo della luna.
Altri cacciatori vagavano nel locale verde, quella notte. Ne percepì proprio uno, dietro di lui, mentre stava passando. Hunk non amava avere simili. Era sicuro, il tizio aveva un lungo impermeabile marrone, capelli corti, tipo i suoi, e barba incolta. Si voltò di scatto e non fece in tempo a puntargli il fucile contro che il colpo era già partito. Non fece neanche in tempo a premere il grilletto che la sua testa era già esplosa. Un corpo cadde. Hunk rimase qualche secondo nella posizione seduta in cui era con il braccio ancora lineare alzato e con la canna fumante. Dopo qualche istante la folla si ricompose e continuò come se niente fosse successo. Era così che andava, non per menefreghismo, ma era così che andava. Come il cuore che batte, o gli occhi che si chiudono per dormire.
Hunk tornò alla sua bevanda non prima però di avere scorto con la coda dell'occhio la sagoma scura e lontana di Ivy che lo osservava. Prima o poi, questo lo sapeva, avrebbe fatto la medesima fine del cacciatore.
Il tempo passò e Hunk decise si agire. La sua preda lo attendeva in una di quelle anime che erano lì che camminavano vorticosamente. Sarebbe stata solo questione di tempo. Se lo ricordava, il cacciatore che aveva appena liquidato. Uno dei tredici gemelli 'Ogan. Erano putridi, vestivano tutti uguali, ed erano odiati da tutti gli altri cacciatori della città. Col tempo alcuni erano stati uccisi ed ora dovevano rimanerne circa nove. Appena se ne aveva la possibilità, se ne eliminava uno. O meglio, quando si aveva la fortuna di beccarne uno da solo si cercava di farlo fuori. Sì, perché l'unico modo per avere la meglio era beccarli da soli. Infatti in gruppo, anche solo di tre o quattro, non c'era alcuna forza in grado di batterli. Questo uno dei tanti misteri legati a quella maledetta famiglia.
E fu proprio quando Hunk sentì due canne di fucile puntargli le tempie che capì che, quella notte, il gemello non doveva essere andato a caccia da solo.
I due risero. Erano anche folli.
- Kogan! Eh, eh... Hai ucciso Kogan... -
A questo punto ci sarebbe stato un "Cosa ve lo fa capire, ragazzi?" ma non era veramente tempo di scherzare. Oltretutto difficilmente Hunk poteva contare sull'aiuto della folla, poiché come non aveva fatto troppo caso al morto, benché meno avrebbe fatto caso ad un potenziale morto.
Curioso era cercare di capire chi erano dei tanti gemelli quei due lì. Hogan? Logan? Frogan? Mogan? Rogan? Un pensiero decisamente superfluo in quegli attimi. Oltretutto quello costituiva un problema che minacciava di far saltare la caccia che Hunk aveva in programma quella notte. Incerto era il modo con cui sarebbe uscito da quella situazione. Se, ovviamente, ne sarebbe uscito.

 

Hunk si sedette un attimo. Era da molto che camminava, attorniato da quel calore spropositato.
Fu allora, in quell'attimo di quiete, che intravide la preda. Il tavolo era proprio di fronte a lui, all'estremo opposto del camminamento. C'erano varie anime, e lui era lì. Seduto, voltato di spalle, insieme ad altri. Aveva i capelli biondicci scomposti, corti tuttavia. Era lui, lo sapeva. Yafack, il temibile rosario. Iniziarono a sudargli le mani. Gli succedeva sempre quando fremeva prima della caccia. Ora poteva adempiere il suo compito appieno. Mise mano all'accetta lunga e, dopo averla tirata fuori, con un balzo superò la cortina di persone davanti a lui piombando nell'altro lato e colpendo il tavolo di legno con la lama. Schegge di legno volarono via in quella che era la meraviglia di coloro che erano seduti. Hunk godette di quell'azione e si ritrovò la preda accanto a lui. Non fece però in tempo a guardarla negli occhi che vide un essere femminile proprio di fronte a lui. E lo guardava in modo sereno. Quello che fu un istante, sembrò alla mente di Hunk un eone. La figura aveva stupendi occhi chiari. Occhi chiari di cui però non si riusciva a capire esattamente il colore; fu quello, insieme al viso dai lineamenti dolci, a far trasalire Hunk che pagò la sua attesa con un colpo che lo scaraventò per terra. Ora Yafack era in piedi davanti a lui. Strano, lo immaginava più alto. La giacca nera era impolverata, forse volutamente. Quella che aveva sotto era una camicia chiara. Conficcata nel taschino destro della giacca lercia, portava una piccola rosa bianca. Se sono rose fioriranno, cacchio. Se sono rose, fioriranno.

 

In fuga in mezzo alla folla accalcata, Hunk vide Emple imboccare la porta che dava sul retro. Fu quella l'ultima volta che lo vide durante quella notte. Come ben sapeva fare, Hunk si nascose in mezzo alla mischia, sentendosi subito al sicuro. Gli 'Ogan ora erano chissà dove là dentro, ma altri erano i pensieri di Hunk per quella notte. Qualche sguardo attorno e davanti a lui una figura tristemente nota che gli sbarrava il cammino.
- Ottima mossa, complimenti! -
- Ivy levati, devo passare! -
Sorrideva.
- Veramente bravo... -
- Guarda che il più lo ha fatto Emple, e comunque sparisci, ora... -
Tanta era la voglia di distruggere quella piattola insistente, ma una cosa per Hunk era più legge che norma. Ed era che non si spreca tempo né fatica per confrontarsi con una donna. Neanche tentare di farlo… E lei di rigore era lì, come ogni volta, a menarglielo.
Ma fu solo quando la disperazione mescolata alla rabbia assalì Hunk che Ivy capì che per lei era giunto il tempo di sparire dalla sua vista. Per sempre. Prima che anche la norma venisse infranta.
Hunk era saturo e affaticato. Poco male per un cacciatore. E quello, più di ogni altro, era tempo di cacciare.

 

Tempi duri per i cacciatori. Ancora più duri per le prede.
Con un balzo Hunk tornò in piedi estraendo da dietro il fucile e accostandolo al ventre dell'avversario. In pochi attimi, il colpo partì e Yafack venne scaraventato all'indietro. E fu così che Hunk gettò a terra il fucile e andò a dissotterrare l'accetta di guerra dal legno del tavolo. Gli altri, al tavolo, si spostarono e lasciarono il rosario convulso tra le sedie. Hunk spostò violentemente uno sgabello che intralciava la strada e sollevò l'arma. Il colpo fu seccò e la testa di Yafack schizzò via insieme a lunghi fiotti di sangue. E come sempre avveniva, tutto tornò normale in pochi istanti. Hunk si asciugò il sudore misto a sangue sul corpo e si sedette poco lontano, per terra, ormai esausto. Una caccia ben riuscita, un'altra preda nel carniere, altra feccia abbattuta. Lisciò la sua lunga accetta inneggiando dentro di lui alla luna e alla Natura. Erano quelle prede maledette che lui cacciava, quegli individui ritenuti negativi per lui, per tutti. Erano quelle prede che innescavano la rabbia più totale ad essere abbattute. Hunk le seguiva, le inseguiva e alla fine le abbatteva. Molti pensieri invasero la mente di Hunk, quella notte. I vecchi ricordi, i conoscenti incontrati, N, Emple che gli aveva salvato la vita dai gemelli 'Ogan. E quella fastidiosa Ivy, che lo perseguitava. E allora la tristezza lo pervase prendendo il sopravvento anche sul dominio della caccia che aveva appena concluso. Tristi antri neri e brulicanti urla che lo accoglievano. Tutto questo quando la solita figura gli si avvicinò. E fu maledicendo le grazie della così fastidiosa e pervicace anima a lui nota che vide invece sopra di lui due meravigliosi occhi chiari. Quelli che prima aveva visto e che gli erano costati un colpo doloroso e una caduta, e che ora lo avevano appena salvato dal baratro. Una speranza, un processo mentale che mai avrebbe creduto così sereno. E fu lì che la vide. Fu forse per un piccolo errore, una frattura che aveva cambiato il gioco, e invece di ritrovarsi davanti Ivy, si ritrovò quella splendida visione. Ed ecco profondi vortici aprirsi dentro Hunk. Improvvisamente il tutto era cambiato e nulla più il suo animo richiedeva. Null'altro.
I bulbi della città erano vivi, quella notte.
Nulla più importava ad Hunk, ora che entrava in un universo nuovo che lo avrebbe innalzato ai gradini più alti dell'armonia. Molte rose fioriscono, col tempo.
Il cacciatore notturno guardò l'anima a lungo, liberando del tutto la mente, immerso in quegli occhi così arcani. Solo una frase uscì dalla sua bocca, in quel così gioioso attimo, forse la più banale, ma anche la più serena...
- Di che colore sono? -

Mirko Paganelli