Cronache di straordinaria follia

Ero seduta. Immobile. Il buio che regnava intorno mi stringeva nella sua morsa. Sentivo un brivido freddo percorrermi le membra doloranti. Non riuscivo a muovermi. Qualcosa di incredibilmente forte mi attanagliava i polsi e le estremita' delle caviglie. Era nauseata da quella lenta agonia. Non ricordavo per quale motivo mi trovavo li'. L'ultima percezione chiara e non confusa che arrivo' sino alle mie orecchie fu un bizzarro brusio simile al ronzare delle mosche. Poi sforzandomi di ricordare notai che quel suono indistinto assumeva i contorni netti di sussurri, parole. Poi improvvisamente i ricordi confluirono nella mia mente diventando un fiume in piena che non riuscivo piu' ad arginare. Ricordai gli Inquisitori imprigionati nei loro ampi mantelli neri i cui lembi ricadevano lungo i braccioli dei maestosi seggi del tribunale. Ricordai le loro labbra che con movimento spasmodico pronunciavano parole terribili che mi lacerarono l'anima. Vidi quelle labbra contorcersi pronunciare con tono di voce altisonante il mio nome e rabbrividii perche' il mio nome fu l' unica cosa che dissero dopo aver letto la sentenza di morte.
Dopo aver udito quelle parole ricordai che una sensazione dolce mi pervase e sentii fremere ogni fibra del mio corpo al solo pensiero della soavita' della morte. Le mie pene sarebbero terminate con l' ultima contrazione dei miei muscoli. I miei tormenti sarebbero svaniti con l'ultimo soffio emesso dal mio cuore tremante. Pochi attimi e le mie membra sarebbero state avvolte da un indicibile sensazione di pace. Ma poi un ricordo angosciante si insinuo' tra le pieghe del mio animo. Gli Inquisitori erano noti per la loro peculiare abilita' nel creare ogni volta singolari torture da riservare ai peggiori dei criminali. La mia anima (o almeno quello che ne restava) fu colta da un terribile terrore e fu trafitta da mille tormenti. No! Non volevo subire quelle orrende torture. Non volevo morire di morte violenta.

Per la disperazione cominciai a piangere, cercai di liberarmi dalle catene che mi tenevano contro il mio volere seduta di fronte a quella schiera di demoni. Demoni ammantati di nero che sembravano aleggiare sopra di me con lunghe sciabole affilate.
Fu allora che il pensiero della morte divenne per me l'unico motivo di liberazione. La sola via di fuga che mi avrebbe concesso di liberarmi dal mortale abbraccio del boia. Loro intuirono forse questo mio pensiero ossessivo di morte nei miei occhi. Forse fu per questo che decisero di riservarmi la peggiore delle torture affinché la morte sopraggiungesse lentamente e con grande dolore.
Non resistetti di fronte alla tremenda realtà che mi si parava davanti. Realtà tremenda che nessun sogno avrebbe potuto lenire. Persi conoscenza. I miei occhi si chiusero e il silenzio, l'immobilità e l'angoscia regnarono su tutto.
Quando mi svegliai mi ritrovai qui nel buio piu' assoluto. Dopo riaver riacquistato i ricordi una terribile sensazione di angoscia comincio' a scagliarsi nel mio cuore. Ero seduta. Immobile. Non riuscivo a distinguere i contorni dell'ambiente che mi circondava.
I miei occhi erano diventate fessure attraverso le quali nessun raggio luminoso riusciva a filtrare. Ero in preda alla disperazione. Non riuscivo ancora a capire quale fosse la tortura assegnatami. L'unica cosa certa era che non riuscivo a muovermi. Ero destinata a morire. Non so dire con certezza quanto tempo trascorse dall'ultima volta che riaprii gli occhi. Il tempo in quel luogo angusto defluiva placidamente come se non avesse forma. Poi all'improvviso sentii una porta spalancarsi. Avvertii sulla pelle del volto tante piccole punture come se i raggi di luce penetrati attraverso quello squarcio volessero accanirsi su di me.
Vidi una figura vestita di bianco che si stagliava sull'ingresso. Con voce stridente simile ad un ghigno sommesso mi disse: "Bene. Abbiamo qui un soggetto ottimo. Donna, di razza bianca in apparente stato di salute".
Poi un omuncolo di mezzo metro si avvicino' all'imponente figura e con un sussurro chiese: "Dottore se volete procedere con l'operazione, di la' il tavolo e' stato appositamente preparato…."
"Operazione?" Riuscii a dire con il flebile fiato che mi rimaneva in gola. "Non ho bisogno di nessuna operazione sto bene". "Tu non stai bene donna. Hai dentro di te il male. Una cancrena che io devo estirpare. Naturalmente senza anestesia".
"No! Fermatevi non potete farlo!" - "Sì che possiamo invece. Finora ho lavorato solo con dei topi ma vedrai sara' divertente. Sara' divertente vedere come sei fatta dentro".
Un urlo sommesso e poi non si udi piu' niente.

Lucia Milizia

Lucia Milizia donna dinamica ed eccentrica 23enne prossima alla laurea di ingegneria nasce a Cosenza e risiede a Milano. Si diletta saltuariamente quando lo studio non le sottrae tempo libero, a creare racconti horror-fantascentifici. Sta ultimando la stesura del suo inedito romanzo.