Qualcosa che posso fare per te

... Mi inginocchio nelle notti
prima delle tigri
che non mi lasceranno essere.
C. Bukowski, Per Jane

 

Margherita era quasi nuda. Se lo poteva permettere. Aveva un gran bel corpo. E poi là dentro era da sola.
S'infilò la divisa bianca simile a quella delle infermiere vere. I pantaloni larghi con le tasche. Gli zoccoli scomodi d'ordinanza. La maglia di cotone pesante direttamente sopra il seno. Chiuse bene l'armadietto ed uscì da quell'ex-cesso puzzolente che qualcheduno aveva deciso di chiamare spogliatoio. Entrò nel bagno riservato al personale. Chiusa là dentro, seduta sul water, si domandò per l'ennesima volta come mai in un luogo come quello, dove la salute stava, o sarebbe dovuta stare, al primo posto, l'igiene godesse di così scarsa considerazione... Come al solito i suoi liquidi terminarono prima dell'arrivo di ogni possibile risposta... Margherita pensò che se davvero voleva risolvere quel quesito avrebbe dovuto bere di più. Si promise di farlo mentre raggiungeva a lunghi passi il suo reparto. Era in ritardo.

 

- Ehi, ciao!
- Ciao...
- Cavolo, quanto tempo... Non sei cambiato per niente...
- Beh, insomma...
- Posso darti un bacio?
- Se vuoi...
- Hai ancora lo stesso profumo...
- Tu invece ti sei tagliata i capelli...
- Sì, ho voluto cambiare radicalmente...
- Ti stanno molto bene, sul serio...
- Grazie. Da quanto tempo sei qui?
- Tre settimane. E non ti ho mai vista...
- Sono arrivata oggi, fino a ieri stavo in un altro reparto.
- Ti fanno fare le ossa un po' in giro...
- Beh, sì. Ma ho quasi finito, a settembre sarò infermiera, finalmente... A te come va?
- Sopravvivo.
- E dai! Non ti buttare giù!
- Beh, insomma, anche tu lo sai come vanno le cose qua dentro...
- Purtroppo sì...
- Mi sono rotto di questo posto, non vedo l'ora che sia finita.
- Se c'è qualcosa che posso fare per te...
- No, tranquilla. Non preoccuparti... E' tutto ok.
- Maurizio, mi spiace ma... Devo andare...
- Figurati...

Margherita raggiunse la porta. Poi si voltò ancora verso Maurizio. Lo guardò negli occhi.
- Se c'è qualcosa che posso fare, davvero... Non farti problemi...
Maurizio la fissò un secondo. Poi abbassò lo sguardo sulle mani e lasciò scappare le parole.
- Se puoi, non far passare più mia sorella... Resta qui ogni notte, la conosci... Non ho più voglia di sentirla piangere di nascosto... Non serve a niente che stia sempre qui... Non voglio regalarle altre speranze da due soldi...
- Ci proverò, Maurizio... Ci vediamo, allora...
- Grazie Margherita... Sì, ci vediamo...

 

Margherita venne fuori dal reparto terminali, il "corridoio della morte", come lo chiamavano in molti. Chiuse bene la porta alle sue spalle... Aveva bisogno di aria... Raggiunse i gradini delle scale antincendio all'esterno dell'edificio e si accese una sigaretta. Quello era il suo rifugio. Un posto per scaricare un attimo il dolore. Per tornare a sperare... Aveva funzionato con molti dei pazienti che aveva visto morire, quel pianerottolo d'acciaio, ma ora era diverso, sta volta là dentro c'era Maurizio.
E non avrebbe voluto più pensare a lui. Non avrebbe voluto più rientrare, o rivederlo. Ma doveva... Era il suo lavoro, se lo era scelto, aveva lottato e si era fatta il culo per arrivare fin lì. Non aveva alcun senso mollare adesso. Era solo il naturale svolgimento delle cose, provò a convincersi, la vita che doveva continuare, superare la morte e andare avanti. Non poteva essere altrimenti che così. Non c'era niente che lei potesse fare. Era così e basta...
Sentì il sapore salato delle lacrime sul filtro della sigaretta. Gettò via il mozzicone e si asciugò gli occhi con la manica. Guardò un attimo il mondo poi rientrò dentro senza respirare.

 

- Dottore, un altro!
- Un altro terminale?!
- Già, proprio come gli altri tre...
- Quando l'avete trovato?
- Adesso. Non ho ancora avvertito nessuno, sono corsa subito da lei come mi aveva detto...
- Bravissima. Mi accompagni. E mi raccomando, tanto vedo che ha già capito... Non c'è bisogno di spargere la voce. So io come fare...
- Certamente dottore.

 

- Incredibile... Un altro arresto respiratorio, come se qualcosa l'avesse soffocato... Mi porti una lente... Anche qui ci sono tracce della stessa polverina, come per gli altri... Non capisco... Non mi era mai capitato un caso simile...
- Cosa potrebbe essere dottore?
- Devo essere onesto con lei. Non ne ho la più pallida idea... Gli ripulisca bene la gola e faccia avvertire la famiglia. Un'altra morte naturale, tutto normale...
- Certo dottore.
- Mi raccomando, non lasci niente in giro. Porti tutto nel mio studio appena ha finito, intanto le preparo i documenti necessari...
- Subito dottore.

 

Margherita pulì bene la gola del cadavere da quella strana polverina dorata. Aveva paura... Paura della situazione in se stessa, paura di non stare facendo la cosa giusta, paura che tutto quello non fosse molto etico, nel senso che le avevano insegnato... Insabbiare tutto, mischiare le carte... Ma non c'erano spiegazioni, aveva detto il primario. Meglio lasciar perdere tutto che mettere in cattiva luce l'ospedale... Sarebbe controproducente anche per lei se nascesse uno scandalo, non crede, le aveva detto a voce bassa nel suo ufficio... In fondo, in qualche modo, la morte è sempre naturale, fa parte del gioco, ci si deve abituare, l'aiuterà nella sua carriera, mi creda, aveva aggiunto stringendole le mani... Morte naturale... Il quarto in un mese. Tutti malati terminali che chiedevano ogni giorno solamente di poter morire. Persone costrette dalla vita, o dalla non-morte, alla più totale umiliazione, alla simbiosi con cavi e metallo, costrette a respirare solamente per respirare. Vivere solo per vivere...
Per Margherita era impossibile evitare di far lavorare il cervello su tutte le ipotesi, anche sulle più incredibili, d'altra parte quello era il metodo scientifico, lo stesso che le avevano stampato in testa a scuola, lo stesso che si era sempre sforzata di applicare anche alla vita con scarsissimi risultati, lo stesso che, in qualche sua sfumatura più nascosta, l'aveva allontanata da Maurizio.
Mentre usciva dall'ufficio del primario con i documenti in mano, passò proprio davanti alla sua camera. Sbirciò dentro, tanto per avere un'idea della sua situazione... Da quando si erano incontrati, tre giorni prima, non era più rientrata là dentro... Maurizio stava dormendo. Anche lui col suo bravo respiratore. Anche lui costretto... L'avrebbe staccato lei il famoso "interruttore" se solo ne avesse avuto la forza, se solo avesse sentito davvero che era giusto. Se solo avesse avuto più coraggio, se solo...
Partire da quei pensieri per formulare una nuova ipotesi non fu difficile... E se davvero ci fosse stato là dentro qualcuno che aveva deciso di esaudire le volontà di quelle persone, regalargli la morte come avevano chiesto. In fondo era successo sempre durante la notte, e lei lo sapeva benissimo, lì di notte non c'era davvero nessuno... Tanto cosa poteva succedere, lì non c'era più niente da fare, in quelle camere la gente poteva solo morire. E contro la morte si può fare ben poco... Quella sera Margherita restò anche la notte, era facoltativo per le tirocinanti.

 

Girò un po' per le camere. Si era già fatto tardi. Entrò in quella di Maurizio. Andò a sedersi accanto a lui e gli prese la mano.
Restò un po' a guardarlo, aveva mentito quando gli aveva detto che non era cambiato per niente. Era l'ombra di sé stesso, il virus se l'era mangiato... Ripensando ai giorni passati con lui si addormentò.
Sentì stringere forte la mano e si svegliò subito, il suo era un sonno da infermiera, vigile... Maurizio quasi scottava, stava sudando... Margherita si alzò in piedi per guardarlo meglio... Aveva la fronte aggrottata e gli occhi chiusi, come se stesse pensando intensamente a qualcosa. Gli prese il battito cardiaco dal polso. Era a posto... Il respiro invece era strano. Respirava profondo ma a tratti restava in apnea... Gli accarezzò la testa. Ma mentre lo toccava il collo di Maurizio scattò indietro bruscamente.
Da una narice prese a fare capolino lentamente una specie di verme, una larva... Strisciò sotto la mascherina per l'ossigeno e si fermò sul petto di Maurizio... Margherita lo guardò bene... Non era proprio un verme, era un bruco... Gli si avvicinò con l'accendino, per vederlo ancora meglio... Ma in quell'istante al bruco spuntarono le ali e diventò farfalla. Una bellissima farfalla bianca.
Margherita rimase imbambolata dalla bellezza di quell'insetto che non doveva essere lì. Che non poteva essere lì... La farfalla volò via. Si staccò dal lettino e sorvolò la stanza.
Margherita prese di nuovo il polso a Maurizio. Era vivo.
Intanto l'insetto aveva già guadagnato il torace di un altro paziente. Sparì un secondo dalla sua vista per riapparire bianca come il latte proprio sotto il respiratore dell'uomo... Margherita corse subito lì... Tirò via la mascherina... Ma la farfalla era già dentro la bocca aperta, giù per la gola... Rimise subito al suo posto l'ossigeno, ma non servì a niente. Neanche un minuto dopo l'uomo accennò una specie di sorriso, uno spasmo impercettibile, e morì.
Margherita non sapeva più cosa fare, non poteva avvertire nessuno, doveva vedersela da sola con quel minuscolo essere. Doveva eliminarlo... Il suo cervello riprese a ragionare mentre aspettava vicino al paziente appena morto che quella candida bastarda venisse fuori... Era uscita dal naso di Maurizio. Ma lui non era morto... Quindi era in lui che abitava. Forse era lui stesso che l'aveva generata... Era la sua malattia... Poteva essere addirittura proprio lui a guidarla, in qualche modo, magari col pensiero, ad esaudire l'ultimo desiderio di quelle persone, lo stesso suo desiderio... Conoscendo Maurizio ci poteva stare benissimo... Era un'ipotesi assurda, ma il metodo scientifico non si può applicare a tutto. Qualche volta ci sta anche fidarsi dell'istinto... Margherita si avvicinò al morto.
La vide per caso. Era tornata bruco e stava uscendo fuori da un orecchio... Margherita provò ad afferrarlo con due dita provando un po' di schifo... Ma era troppo piccolo e svelto, schizzò via in un attimo dalla sua presa... E tornò farfalla prima ancora di toccare terra. Il lampo di quelle ali e la sua divisa bianca sembrarono illuminare tutta la stanza... Margherita intuì dove sarebbe volata. E l'anticipò.
Afferrò la mascherina di Maurizio e la voltò verso l'alto coprendola subito con una mano... La farfalla era in trappola, da lì non poteva uscire, la sentiva sbattere impazzita nel suo palmo, sentiva la sua polverina tra le dita... Adesso le rimaneva solo di decidere cosa fare... Guardò Maurizio. Era cianotico... Qualunque cosa volesse fare doveva farla alla svelta, senza il respiratore sarebbe morto molto presto...
Risistemò l'ossigeno sulla bocca di Maurizio. Aspettò che la farfalla fosse rientrata.
Lasciò cadere la mascherina penzoloni dal letto.
Uscì nei gradini delle scale antincendio.

Andrea Bindi

Andrea Bindi è nato ad Arezzo, in provincia di se stesso, nel 1983 dove vive e lavora(?). Scrive da quasi 5 anni ma non ha ancora imparato. Sogna di fare lo scrittore. Il suo idolo, letterario ed umano, è Charles Bukowski. Il suo guru "monnezza" di Tomas Milian. Non ha comprato l'ultimo libro di Baricco e non lo farà.