Absolument

Guardare, io adoro guardare. Un brivido sale la schiena, la mia mano sinistra trema, eccitante, molto. Quanti possono dire lo stesso? Quanti provano le mie stesse sensazioni? Nessuno.
“Desidera qualcosa?”
“No, grazie, guardo solamente” il cliente alla commessa. Errore.
Perché si è portati a dire queste assurdità? E’ evidente che il cliente sta cercando qualcosa di specifico, osserva se in quel negozio esiste qualcosa che soddisfi la ricerca, nello specifico saprà già cosa vuole.
“Che stai guardando?”
“gli orari dell’autobus per il centro”. Errore.
Neanche questo caso è corretto, viene utilizzato di nuovo guardare al posto di un altro verbo di percezione, vedere che implica il semplice stimolo delle nostre capacità visive per finalità più o meno importanti.
La differenza è chiara:
- vedere, il più semplice, è utilizzato per finalità pratiche, in genere a questo succede un’azione.
- osservare indica curiosità, oppure si osserva per cercare un oggetto che è già presente nella mente.
- guardare è quella sensazione che scatta inavvertitamente e violentemente in un individuo, associo questo verbo al desiderio spesso non esaudito, ma morbosamente voluto.
Lei si chiama Chiara, se non mi sbaglio, capelli castani, mossi, sulle spalle, che sbucano intimoriti dal cappuccio del cappottino rosso. E’ difficile riuscire a descriverli senza pensare ad un mite pomeriggio in riva al mare, dove le onde spumose s’infrangono, violente, sulla battigia rosso fuoco per il sole. Si gonfiano agitate dal vento, sotto la luce di una pallida e smorta luna che lentamente prende il posto di un sole insolitamente freddo.
La madre la accompagna ogni giorno da casa a scuola, e anche al ritorno le tiene la fragile manina come per paura che, da un momento all’altro, la figlia si riveli, come so perfettamente che è, una splendida ninfa di millenari poemi pastorali o una leggiadra fatina dei boschi irlandesi, pronta a scappare dalla campana di vetro in cui è imprigionata.

Chiara ha mani piccolissime per il suo corpo alto e flessuoso, sembrano fatte di porcellana, no di vetro o delicatissimo cristallo, la mamma tiene con cautissima cura la manina della figlia, conscia della fragilità dell’unica prova che può svelare la sua natura fiabesca.
Ogni tre giorni porta la bimba dalla nonna, le vedo dal mio balcone percorrere una strada poco frequentata alla fine della città, a piedi non è molto lontano da scuola, si attraversa un tratto di caratteristica bellezza, in lontananza, a colori pastello, soprattutto nelle belle giornate, si scorgono i monti, la stradina non è asfaltata, adoro il suono delle sue piccole scarpe nere di vernice che stridono a contatto con le pietruzze e i pezzettini di vetro, ogni volta sono costrette a passare un tratto adombrato da una fila d’alberi, la madre si spaventa molto, in quel tratto, perché è totalmente privo di case e suoni, la terrorizza incredibilmente la totale assenza di rumore, in realtà ha paura che la figlia riconoscendo gli alberi, i profumati fiori dai colori pastello, l’assenza di civiltà, si trasformi in un folletto rivelando la sua natura e si dissolva come la nebbia al mattino, ferita dai raggi del tiepido sole autunnale.
Un giorno di novembre, faceva molto freddo ricordo, la bimba era sola, la mattina avevo visto la madre molto arrabbiata con lei, la spingeva lungo la strada ,lei non voleva andare a scuola, voleva che il padre la accompagnasse al parco, probabilmente la madre stava divorziando, infatti dormivano da tre giorni a casa dalla nonna. Quel giorno percorreva la strada, con un’espressione che deturpava il visino regolare ed ingenuo di una fatina, si ciondolava saltellando ai lati della stradina, raccoglieva i fiori, li avrebbe regalati alla nonna, forse lei avrebbe convinto la madre a ritornare da papà. Sono tutte ipotesi, in realtà era riuscita a liberarsi dalle catene della strega-madre, e adesso assaporava la sua libertà prima di tornare tra i suoi fratelli, tra gli alberi malati e ormai spogli che si sporgevano ai lati della stradina.
Non potevo lasciarla sola.
Scesi in fretta giù per le scale, percorsi il vialetto, lei non mi vide, continuava a salterellare e raccogliere fiori, feci così per qualche secondo, finché il fiato reso pesante dall’eccitamento le fece rendere conto che ero dietro di lei, si girò di scatto, le scivolò il cappuccio rosso, mostrando i brillanti capelli castani, il viso di un incredibile candore, era sicuramente una fata, la più bella fra le sue sorelle, che popolavano le fiabe, perché lei è reale.
"Chi sei, Signore?" chiese ingenuamente.
Le posai il braccio sulla spalla con forza.
"Il lupo".

 

Dal quotidiano "Il Giornale del sole" del 5/11/98:
"Una bambina di appena 6 anni è stata trovata stamattina nei pressi di un boschetto alla periferia di ***, pare si tratti della piccola Chiara Russo scomparsa da tre giorni, le autorità non hanno fornito particolari, ma pare che alla piccola sia stata recisa di netto la mano destra".

Maria Pia Clemente

Sono nata in Cile nel 1985, a Santiago, mia madre è di origini francesi, frequento il Liceo Classico, non penso di avere grandi doti e rimando il giudizio ai miei "lettori", la mia grande passione è la regia insieme ai film noir e dell'orrore. Dedico questo racconto a tutto il mio parentado, le mie amiche, e soprattutto a Fabio Degan e Diego Sebastiani che, se leggeranno il racconto, capiranno.