S. Pietroburgo, 1 gennaio a.d. 1900
Caro
    diario,
    Sono passati diversi mesi da quell'esperienza che mi ha radicalmente scosso e mi chiedo
    perchè, solo ora mi sono decisa a parlartene. Forse perchè siamo entrati in quel nuovo
    secolo che, a detta di tutti, ci porterà tanta gioia e felicità ed è come se, nello
    stesso modo del vecchio secolo, volessi lasciarmi questa terribile esperienza alle spalle,
    come ricordo di un passato ormai sepolto.
    Tutto iniziò la scorsa primavera quando, per un malessere quotidiano che si manifestava
    con capogiri e nausee, decisi di recarmi dal dottore. Lo conoscevo da diversi anni, ma non
    avevo mai avuto modo di conoscere la sua famiglia. Il dottore mi fece accomodare e dopo
    che mi ebbe visitato mi prescrisse delle gocce e mentre andava a prenderle nella stanza
    accanto mi misi ad osservare per la prima volta le foto che teneva sulla scrivania.
    Il dottore aveva due figlie, la maggiore delle quali, che aveva 23 anni - la mia età - si
    era sposata l'anno precedente con un giovane ungherese che nessuno conosceva. La foto
    delle loro nozze faceva mostra di sè e raffigurava i due sposi sorridenti; lei era una
    donna alta e slanciata, non molto graziosa ma con un sorriso allegro e un viso sereno. La
    semplice veste di chiffon di seta color champagne che indossava ne enfatizzava la
    semplicità, così come i fiori candidi che le ornavano i capelli ramati. Lo sposo era un
    giovane alto e attraente, con uno sguardo diretto e indagatore e un lieve sorriso che
    però non gli raggiungeva gli occhi.
      Non so come ma provai una certa inquietudine nell'osservare la foto color seppia
      nell'elegante cornice, quindi spostai lo sguardo su un'altra foto che mostrava la figlia
      più giovane. Sapevo che aveva circa 15 anni ma ne dimostrava qualcuno di più; non molto
      alta, formosetta, con lunghi capelli neri che le scivolavano sulle spalle in morbide onde,
      sembrava quasi un'eterea rusalka, le ninfe che si nascondono nei boschi e nei laghi russi.
      Quella notte feci uno strano sogno. Mi trovavo in una vasta cattedrale di fronte ad un
      altare addobbato e indossavo un'elegante veste di chiffon color champagne. Ma io non
      possedevo una veste del genere e voltandomi vidi un uomo dirigersi verso di me; grande fu
      il mio stupore quando in lui riconobbi il genero del dottore. Il giorno dopo mi dissi che
      ero solo suggestionata dalla foto ma quando il sogno continuò a ripetersi per diverse
      notti di fila, cominciai a peroccuparmi. Inoltre il sogno non era molto rilassante perchè
      lo sguardo dello sposo aveva un che di misterioso e inquietante finchè una notte, questi
      si volse verso di me ed vidi con orrore il suo ghigno diabolico e i suoi occhi celesti
      farsi di fuoco; altre fiamme si innalzavano dietro di lui e tutta la cattedrale stava per
      crollare. Mi svegliai di colpo gridando, spaventata e non riuscii a prendere sonno per
      tutto il resto della notte. Al mattino presi una decisione; mi sarei recata a fare visita
      alla figlia del dottore.
      Non sapevo bene perchè, nè cosa avrei trovato là, ma avevo bisogno di fare questo.
      Di loro sapevo solo il nome - Sergej e Lisaveta Kudrov - ma il paese dove vivevano non era
      grande e avrei chiesto informazioni. Giunta a destinazione mi incamminai per la via
      principale quando, d'un tratto, vidi dirigersi verso di me una ragazza che riconobbi come
      Olga, la figlia minore del medico. Anche se non ci eravamo mai viste lei mi riconobbe
      all'istante e si fermò a salutarmi. Dal vivo era molto bella e solare proprio come una
      ninfa dei boschi, con lunghi capelli corvini e enormi occhi blu zaffiro che si
      armonizzavano con il suo abito di seta. Non capii per quale motivo mi salutò, forse mi
      aveva visto mentre mi recavo da suo padre, in ogni caso decisi di seguirla senza farmi
      notare. La pedinai fino alla periferia del paese fino ad una graziosa villetta bianca che
      sembrava uscire da una fiaba e notai che qualcuno che non riuscii a vedere la faceva
      entrare. Non c'era nulla di strano in questo, probabilmente Olga si era recata a far
      visita alla sorella, nonostante questo mi avvicinai e entrai nel giardino che era allegro
      e ben curato. Avvicinandomi alle basse finestre del primo piano notai qualcosa di strano,
      come se all'interno della casa fosse tutto buio o come se ci fossero i vetri oscurati,
      infatti non riuscivo a vederne l'interno.
      - Cosa fate qui? - Una voce profonda, con un accento straniero, mi fece sobbalzare e,
      voltandomi, mi trovai davanti Sergej Kudrov. Era ancora più bello che in foto, anzi
      giurerei che fosse l'uomo più bello che avessi mai visto. Alto, statuario, con lunghi
      capelli scuri che gli incorniciavano un volto sottile dai lineamenti irregolari ed
      esotici, dominato da un lungo naso aquilino e profondi occhi turchesi. Rimasi senza parole
      e quando lui ripetè la domanda, mi riscossi e risposi che ero un'amica di Lisaveta. Non
      sapevo cosa sarebbe successo quando Lisaveta non mi avrebbe riconosciuto ma
      "volevo" - dovevo - entrare in quella casa.
      Sergej cambiò espressione e mi fece accomodare con un gran sorriso che aveva però
      qualcosa di beffardo. L'interno dell'abitazione era elegante, arredato con mobili d'ebano
      e divani di velluto rosso. Sergej mi fece accomodare in salotto e si scusò dell'assenza
      della moglie, che era stata colta da malore e si era coricata. Mentre mi serviva il thè,
      udii dei passi scendere le scale e, con grande sorpresa, vidi comparire Olga che indossava
      solo una veste da camera. Mentre sorseggiavo il thè e ascoltavo Sergej che chiacchierava
      tranquillamente mi venne d'un tratto come un deja-vu e mi resi conto che il sapore del
      thè somigliava al farmaco che mi aveva prescritto il dottore; mi ricordai anche che
      quella mattina non l'avevo preso perchè mi dava una certa sonnolenza. Mi diedi della
      stupida per certe idee e mi congedai alla svelta.
      Più tardi, verso l'imbrunire, quando strisce rossastre solcavano il cielo a ovest,
      acquistai un giornale e mi sedetti su una panchina vicino alla loro casa, da un punto in
      cui potevo osservarli senza essere notata. Anche in quel momento non vidi nessun chiarore
      dalle finestre e quando notai il guizzo di una candela passare davanti a una finestra del
      piano superiore, capii che Sergej era andato a letto e mi avvicinai. La porta era chiusa,
      ma girando dietro la casa notai una seconda entrata e penetrai dentro la casa buia.
      Raggiunsi di soppiatto la camera da letto ed entrai senza far rumore. Di fronte a me, che
      guardava la finestra c'era Lisaveta seduta in poltrona. Mi dava le spalle ma la riconobbi
      da una ciocca di lunghi capelli ramati che le scivolava su un esile braccio. Mi avvicinai
      e quando la vidi repressi un grido di stupore. Non avevo mai visto una donna così pallida
      e magra, pareva quasi senza vita; stava dormendo e sembrava quasi uno spettro avvolta in
      una bianca veste da camera.
      D'un tratto sentii dei passi e mi nascosi nello spogliatoio. Entrò Sergej e si avvicinò
      alla moglie, sollevandola con amorevole cura per deporla sul letto. In quel momento mi
      sentii una stupida, stavo spiando una coppia normalissima con un marito premuroso nei
      confronti della giovane moglie malata. Però in quel momento entrò anche Olga ed entrambi
      si piegarono sul corpo inerme di Lisaveta, come per baciarla sul collo.
      Ancora adesso non mi rendo conto di come mi accorsi della realtà, di come stavano
      abusando della sua vita per saziare il loro appetito millenario, ma in quel momento non
      potei reprimere un grido.
      Olga mi udì, aprì la porta e mi vide; non posso scordare il suo bel viso sporco di
      sangue, i suoi occhi di zaffiro farsi di fuoco, una visione che la notte continua a
      tormentarmi. Olga mi afferrò e mi trascinò fuori dallo spogliatoio, gettandomi a terra
      sul tappeto.
      Torreggiavano entrambi su di me.
      Non scorderò mai i loro volti bellissimi stravolti da un ghigno malefico, gli occhi
      gelidi, i lunghi, scintillanti canini lordi di sangue. Questa immagine che sembrava
      provenire dagli inferi continua a tormentare i miei sogni e so che lo farà fino alla fine
      dei miei giorni.
      Ma non potevo arrendermi così! Non mi avrebbero avuta viva! Ma cosa potevo fare io, sola,
      contro di loro? Sergej mi parlò con quella voce profonda e roca che inizialmente mi aveva
      affascinato -Bhè, che ti prende? Non è in fondo quello che volevi? Non mi sognavi forse
      la notte, avvolta in quell'abito da sposa che non ti apparteneva? Ora che mi hai qui non
      mi dire che hai paura!
      Esplose in una selvaggia risata e Olga lo imitò. Non so come trovai la forza di
      rispondere.
      - Non so bene neanche io perchè ti ho sognato! E' vero, come ti ho visto in foto ti ho
      subito trovato bello e forse il sogno era un mio desiderio impossibile perchè tu
      appartenevi a un'altra. Ma ora che sono qui non voglio finire nelle vostre mani!
      - Povera cara! - disse Olga - Purtroppo non puoi farci niente! Avresti dovuto seguire il
      consiglio di mio padre! -
      - Non capisco! - dissi
      - Noi ti avevamo già notata e scelta come nostra altra vittima - spiegò Sergej come se
      ci trovassimo in un salotto - e ci servivi perchè ormai Lisaveta è inutilizzabile -
      così dicendo indicò la moglie sul letto, distesa come una fantasma, con i lunghi capelli
      ramati che fiammeggiavano alle luci del fuoco - ma ci serviva un modo per attirarti qui e
      così sono penetrato nei tuoi sogni e ti ho spinto a fare quello che hai fatto! -
      - Cosa c'entra il dottore in questo? -
      - Lui sapeva tutto e ha cercato di proteggerti. Quel farmaco che ti ha dato è in realtà
      un antidoto per proteggerti da noi. Lui non può combattere contro di noi ma tenta di
      contrastarci. Con l'antidoto non possiamo nulla contro di te! -
      - Il dottore è anche a conoscenza di quello che avete fatto a Lisaveta? Come può
      permettere questo! Che venga fatto del male a sua figlia! -
      - Lisaveta non è mia sorella - spiegò Olga - E' una prostituta che abbiamo rapito in
      Ungheria! Ci serviva una copertura! Io e Sergej siamo fratelli, nostro padre ci ebbe da
      una zingara ungherese, che ha trasmesso a noi il suo potere; esso vive da generazioni,
      neppure nostro padre può fare nulla! E' orripilato da noi, ma l'amore che nutre per i
      suoi figli è più forte! -
      Non aggiunsero altro. Non c'era altro da spiegare. Quella mattina non avevo preso
      l'antidoto e quindi ero alla loro mercè, ma questo loro non lo sapevano o almeno speravo
      e i miei timori erano ben fondati perchè li vidi slanciarsi su di me. Spostandomi verso
      il camino la mia mano toccò un oggetto metallico, un attizzatoio. Lo afferrai e cominciai
      a colpire alla cieca davanti a me; una lingua di fuoco si gettò sul tappeto che prese
      subito fuoco. Presto la stanza si trasformò in un rogo. Come in un incubo vidi gli abiti
      di Sergej e Olga lambiti dalle fiamme che si propagarono nell'intera stanza, fino al
      grande letto di mogano; serpeggiarono sulla coperta di broccato d'oro, lambirono e
      divorarono la candida veste di Lisaveta e i suoi capelli ramati che si fusero con le
      tonalità bronzee delle fiamme.
      Gridando, mi rintanai in un angolo e riuscii a mettermi in salvo sul piccolo terrazzino,
      mentre l'intera dimora veniva divorata dal fuoco. Fra le fiamme mi parve di scorgere i
      gelidi occhi turchesi di Sergej che mi osservavano, mentre l'eterno distruttore lo finiva.
      Mentre una folla di curiosi circondava la casa, scesi sul giardino e corsi via da
      quell'antro infernale, con la mente sconvolta. Le gambe mi trascinarono fino a un
      boschetto fuori dal paese dove, sfinita, mi lasciai cadere ai piedi di un albero sulla
      soffice erbetta.
      E laggiù, tra il fogliame, mi pareva di vedere occhieggiare degli sguardi azzurri e
      indistinti, delle risate sommesse, dei sospiri soffocati. Ancora adesso, a diversi mesi da
      quel terribile fatto, una persona che mi fissa attentamente con un paio d'occhi azzurri,
      quel colore puro e ceruleo del cielo estivo, quello sguardo esotico ed enigmatico, mi è
      costata più d'una notte insonne, nel vivo ricordo del cavaliere dei miei sogni, il mio
      Sergej!!!
      Irina