Du Demon

di G. Celestino - pagine 228 - euro 10,00 - Edizioni della Goccia

"Londra, 1890. La notte dopo.
Druitt mandò giù l’ennesimo bicchiere di bourbon, quasi d’un sorso, e si riversò stordito a rallentatore sul bancone, coi reni anestetizzati da una quantità di alcool notevolmente inusuale. Il barista lo osservò perplesso. Si domandava il perché di quei capelli arruffati, della cravatta slacciata, del gilet sbottonato e dei diversi segnali poco nobili per un cliente solitamente avvezzo ad altro stile. Aveva tutta l’aria di un condannato al rogo, arreso al proprio destino nefasto."
Inizia così l'ardita avventura di G. Celestino, che tenta di produrre un noir gotico di ambientazione Vittoriana sulle orme di Poe. L’atmosfera c’è, i personaggi anche: sullo sfondo della buia e inquieta Londra di fine Ottocento, un investigatore dedito all’alcool e alle droghe - che ricorda molti altri personaggi già visti e già sentiti, ma pienamente corrispondente al cliché - cerca di risolvere dei casi di omicidio, in una storia legata al teatro che, come da manuale, rimanda in parte a situazioni paranormali ed esoteriche, collegandosi a grandi nomi e grandi eventi dell'epoca.

Molto interessante il mix tra prosa e poesia, che però, a mio parere, tende a confondere il lettore, vista l’enorme quantità di versi riportati che, sicuramente, non possono rimanere impressi come dovrebbero per dare un senso alla storia.
Un libro che è un potpourri di filosofia, citazioni e arti, un tentativo azzardato e in parte riuscito. Solo in parte, sì, perché Celestino mette molta, forse troppa carne al fuoco, rischiando di far perdere al lettore il filo del discorso e la concentrazione sulla storia che, peraltro, è un giallo molto ben architettato, di quelli vecchio stampo: molti i sospettati, un’indagine vera e propria, in cui si scoprono i mali della società e i demoni dell’animo umano.
Purtroppo l’editing scarso e frettoloso non aiuta questa opera, che nel complesso, poteva essere considerata abbastanza buona, soprattutto per la storia, non certo originale in alcuni tratti, soprattutto inizialmente, ma ben congegnata, anche se a volte confusa, come la mente del protagonista.
L’idea c’è, anzi, ce ne sono tante, gli spunti sono infiniti, l’ispirazione dell’autore si trova in ogni dove in questo libro pregno di contenuti, di argomenti psicologici e filosofici trattati talvolta come in un saggio romanzato. Ecco. Questo può essere considerato sia il punto forte che il punto debole del romanzo di G. Celestino: in alcuni passaggi il rimando a temi filosofici o psicologici risulta un po’ troppo pesante nella stesura, ricordando più un saggio che un romanzo.
Nel complesso un libro discreto che, dopo un inizio lento e a tratti faticoso, cattura sempre di più il lettore, portandolo con sé nel buio baratro della follia, in un climax ascendente in cui l'autore porta alla luce l'oscurità, creando un forte desiderio di arrivare alla inaspettata conclusione.
Voto: 6,5
[Federica Gaspari]

Incipit
Londra, 1890. La notte dopo.
Druitt mandò giù l’ennesimo bicchiere di bourbon, quasi d’un sorso, e si riversò stordito a rallentatore sul bancone, coi reni anestetizzati da una quantità di alcool notevolmente inusuale.
Il barista lo osservò perplesso. Si domandava il perché di quei capelli arruffati, della cravatta slacciata, del gilet sbottonato e dei diversi segnali poco nobili per un cliente solitamente avvezzo ad altro stile. Aveva tutta l’aria di un condannato al rogo, arreso al proprio destino nefasto.