Phobia

di Marco Pezza - pagine 104 - euro 10,00 - Carmignani Editrice

È sempre un rischio esordire in un filone come il thriller, e per la precisione, una storia di serial killer. Siamo inondati da fiumi - televisivi e letterari - di omicidi seriali, presenti ormai in tutte le città, comprese quelle italiane, inafferrabili per una parte della storia, con un proprio disegno mentale, una vita sfortunata alle spalle e un modo più o meno efferato di uccidere.
Purtroppo è molto difficile uscire da questi binari, e ancora di più lo è per un autore che è in piena urgenza narrativa e ancora non padroneggia gli strumenti elementari del suo campo.
Così ecco spiegati molti dei difetti che, con indulgenza, ma senza dubbio, si trovano in "Phobia", titolo non originalissimo del romanzo di Marco Pezza, edito dalla Carmignati editrice per la collana Pulsar.

Perché se apprezzabile è la scelta di Milano, caotica e ideale sfondo per gli efferati omicidi, pericolose sono le molte ingenuità e visibile lo stile acerbo, che deve ancora trovare la sua strada e spesso ricade su frasi fatte ed espressioni che si avvicinano alla cronaca giornalistica e televisiva.
Il clichè, dunque, al pari di un nucleo narrativo prevedibile, in cui il colpo di scena, atteso e non imprevisto, non basta a renderlo sufficiente, sono i principali tranelli che minano il piacere della lettura.
Ma se si può essere indulgenti con un'opera prima, in cui è quasi logico aspettarsi qualche difetto, meno indulgenti si dev'essere con una casa editrice che - già dalla prima pagina - non sembra aver aiutato molto l'autore.
Le "d" eufoniche di troppo, i concetti spesso espressi tra parentesi tonda, ripetizioni... troppi sono gli indizi che mostrano l'assenza non solo di un editing, che forse avrebbe anche lenito alcune situazioni inverosimili o poco credibili, ma anche di una severa correzione bozze.
C'erano e ci sono i forum di scrittura, dove spesso chi vuole uscire dall'underground letterario si fa le ossa, e forse, un giudizio editoriale più severo non avrebbe potuto che giovare, quando la voglia di raccontare è tanta ma le armi narrative sono ancora spuntate e poco maneggevoli.
Il plot, purtroppo, è molto semplice, e dove bisognerebbe supplire con l'approfondimento dei personaggi si scade tuttavia in altri cliché: il profiler americano valente, il commissario umano, il sindaco attento solo alla propria immagine, i simboli biblici tracciati sui luoghi del delitto...
Giudizio sospeso, quindi, per questa storia che vede un dottore e psicologo del possibile killer aiutare le indagini di un commissario testardo e del profiler americano che poco capisce l'Italia, aiutati dalla squadra "anti-mostro" della città di Milano. E soprattutto, considerando quanto sia difficile innovare in questo filone letterario, il giudizio non può essere positivo, anche se la voglia di raccontare c'è, e è tutta da coltivare.
Voto: 5
[Gelostellato]

Incipit
II dottor Vittorio Bruni non poteva alzarsi, erano tre anni che non poteva farlo, da quando aveva avuto quel maledetto incidente.
Lo ricordava come fosse ieri. Pioveva in modo torrenziale, era come se le cataratte del cielo si fossero aperte tutte insieme; stava tornando da un convegno medico che si era tenuto a Milano ed erano le 10 si sera. Le strade di campagna, alcune sterrate, certo non aiutavano nella guida e il diluvio complicava le cose, sebbene conoscesse a memoria tutti i percorsi della zona. E questa era una buona cosa, sicuramente. Si compiaceva di questo mentre la macchina attraversava la notte come un fantasma di metallo.