Vampiro tossico

di Stefano Tevini - pagine 169 - euro 9,00 - La Ponga Edizioni

Dopo l'esame di maturità, Nico, Celeste, Bindi e Cesarino partono insieme per due settimane di campeggio. Una vacanza che si preannuncia piena di divertimenti e all’insegna dello sballo si trasforma però nella vacanza che cambia loro la vita. Sembra solo un gioco, l’esperienza trasgressiva di una notte d’estate, ma il “tipo strano” che li morde perde il controllo e i quattro amici si svegliano vampiri. All'euforia della scoperta di nuovi poteri, segue lo scontro con la dura realtà: notte dopo notte i ragazzi dovranno affrontare la sete di sangue, le difficoltà per procurarselo e l'emarginazione da parte della famiglia, degli amici, dell’intera società. A cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, una nuova dipendenza si diffonde a macchia d'olio in Italia: l'emodipendenza. E per essa non c'è nessuna cura.

Devo dire che l’idea di accostare il vampirismo alla dipendenza e di calare la vita dei quattro amici neo-succhiasangue negli ambienti della droga dei primi anni Ottanta mi è piaciuta. Questi vampiri non fanno paura, non sono dei mostri, sono solo dei ragazzi che hanno scelto lo sballo sbagliato e si sono trovati catapultati fuori dalla società, oltre quella linea d’ombra che separa i “normali” dai “deviati”. Nico, Celeste, Bindi e Cesarino, abbandonati dalle rispettive famiglie e dagli amici, cercano di costruirsi una nuova “vita”, o forse dovremmo chiamarla “non-vita”, dato che stiamo pur sempre parlando di morti... giusto? Ad ogni modo, morti o no (questo davvero non si capisce bene), i nostri protagonisti sono degli invisibili e degli emarginati - lo ricordo, non è un horror, è una storia di droga – e cercano di sbarcare il lunario come possono. Cominciano così le loro vicende, tra spaccio di morsi (da tradizione, il miglior modo per procurarsi cibo e un po’ di grana), prostituzione, furti di autoradio, lavoretti trovati e subito persi, retate della Polizia, guerre tra poveri e visite al Ser.T.
Ed è qui che cominciano anche i problemi.
Dopo la vampirizzazione, la trama della storia sembra d’un tratto scomparire. Il libro copre in sole 170 pagine un arco temporale di circa tre anni, perciò è facile immaginare che non si soffermi troppo sui singoli eventi. Il passare del tempo è scandito dai tradizionali e sempre più tristi festeggiamenti del Capodanno, ma non c’è una tensione narrativa e nessuna suspance accompagna il lettore lungo le pagine. La storia diventa una specie di elenco di episodi successivi, in cui le situazioni si ripetono, con poche variazioni sul tema, fino alla conclusione. Questo stile, mi duole dirlo, non appassiona granché.
Quanto alle vicende concrete che vengono narrate, mi sono trovata più di una volta con un bel punto di domanda stampato in fronte. Mi chiedo, per esempio: come avviene la trasformazione in vampiri? Com’è che questo “tipo strano” perde il controllo e li contagia tutti e quattro? Qual è la differenza tra un morso che fa sballare, un morso che uccide, un morso che trasforma? Da che mondo è mondo, esistono procedure distinte, no?
Oppure: perchè ci sono personaggi che abbandonano il gruppo, anche piuttosto arrabbiati, e poi tornano di colpo in scena, senza alcuna motivazione apparente? Perchè ci sono altri personaggi, invece, che compaiono per un momento, ricevono un trattamento poco carino e qualche pagina più tardi sono amici del cuore del nostro quartetto, senza che nulla sia accaduto nel mezzo?
È un peccato, perché il libro, in fondo, è ben scritto e piuttosto scorrevole. Cade solo sull’ambientazione, che non è bene a fuoco e qua e là si perde di vista, e su qualche dialogo, che a un certo punto diventa rigido, poco reale, e si accartoccia su una serie di “beh” e “allora”.
Ci sono invece delle riflessioni interessanti, in particolare sulla reale possibilità di trovare una via d’uscita dalla condizione di invisibili alla società.
Qualche appunto a livello formale, giusto per piangere un po’ sulla carenza di editing.
Ho trovato varie ripetizioni, errori e refusi, per esempio virgolette non chiuse in fondo a un dialogo, punti fermi mancanti a conclusione di diverse frasi e addirittura un “vicino hai binari” che mi ha dato i brividi. Sarò all’antica, ma per me questi errori, da soli, non valgono una sufficienza. Parliamo di libri, giusto? E allora cerchiamo di avere un po’ di amore per la grammatica e la punteggiatura – anche per evitare che qualche semplice distrazione faccia fare una pessima figura a editori e autori.
Voto: 5
[Francesca Abbiati]

Incipit
Se tutto non fosse cominciato in spiaggia, forse, non sarebbe cominciato affatto. Sì, perchè quando fai una cazzata non è detto che l'avresti fatta sempre e comunque. La fai in un determinato luogo, in un determinato tempo, la fai e basta.
Fossimo stati in inverno, fossimo stati in città, magari, ci saremmo tirati indietro e gli anni a venire sarebbero stati diversi. Non so se migliori, ma fatico a pensare che sarebbero potuti essere peggio di così. Però quando sei al mare, spesso, sei in vena di fare cazzate, e noi ne abbiamo fatta una enorme