di Ivo Torello - pagine 206 - euro 18,90 - Hypnos
Scozia, 1890. La morte del paleontologo Alan Renwick apre le
porte a una serie di eventi misteriosi e sinistri. Creature sconosciute
cominciano a ringhiare nel buio, e una trama di incubi e coincidenze
sembra spingere gli incauti protagonisti di questa storia verso una
realtà estesa oltre la soglia del possibile.
Fantascienza, horror, detective story e criptozoologia si mescolano nel
primo volume delle avventure di Julius Milton e Thaddeus Walkley,
esploratori dell'altrove.
La Hypnos ci aveva abituato a libri dagli ottimi contenuti, ma senza
curarsi troppo della grafica. Con questo primo volume della collana
Mirabilia sembra finalmente elevare anche i propri standard estetico: a
partire dalla copertina, alla scelta del formato, ai risvolti, tutto
concorre ad elevare la gradevolezza dell’opera.
E il contenuto?
Predatori dell’Abisso è un romanzo divertente, che scorre fluido tra
fantascienza, horror e criptozoologia. Io userei soprattutto la parola
avventura: una piacevole avventura nel fantastico.
Il clima scozzese è reso molto bene, il tempo, l’alternarsi di giorno e
notte recitano un ruolo importante nell’economia del testo, e i sensi
sono stimolati al punto giusto.
Pervaso da un positivismo e un sottile humour, Predatori dell’Abisso non
manca di gustosi momenti di tensione e di orrore, ma possiede
soprattutto un vago senso di retrò che ho particolarmente apprezzato.
Certo, i personaggi a volte nei loro modi risultano forse un po’ troppo
‘moderni’, ma è una leggerezza che si perdona facilmente mentre ci
accompagnano per mano dentro alla storia.
E se, a fine lettura, il lettore di fantastico non può che aprirsi in un
sorriso leggendo il nome di Thomas Carnacki (una delle influenze più
piacevoli che si immaginavano già durante la lettura), è perché sta già
pregustando nuove avventure per Julius Milton, Thaddeus Walkley e i loro
compagni.
Il testo è corredato da una prefazione di Andrea Vaccaro e da una
postfazione dello stesso Torello.
Se la prefazione di Vaccaro è snella e arguta, la postfazione
dell’autore risulta inutile e autoreferenziale e, anche se in larga
parte condivisibile nei contenuti, finisce per assomigliare
pericolosamente alle realtà/situazioni che lo stesso autore
critica e dalle quali vorrebbe distinguersi, apparendo un’altra faccia
della stessa medaglia.
Voto: 7
[Ian Delacroix]
Incipit
Londra, in quell'autunno del 1890, sfumava in nebbia e pioggia,
in caligine e profumo di caldarroste. Julius Milton la scansava più che
viverla, stringendosi nel cappotto rattoppato: magro, curvo, coi vestiti
sempre un po' in disordine, preferiva evitare qualsiasi pensiero sul
proprio futuro esattamente come scansava la gente per strada.