I peggiori

di Chiara Zaccardi - pagine 378 - euro 15,00 - Noubs Edizioni

La trama dalla quarta di copertina: hanno 17 anni, vivono a Cles, tranquilla cittadina della California, e frequentano un costoso liceo privato. Queste sembrano le sole cose che accomunano sette adolescenti come tanti. In realtà, c’è anche dell’altro: sono i più sbandati, ribelli, indisciplinati. La loro cattiva condotta rischia di farli espellere e li costringe a seguire un corso serale di rieducazione. Ma di notte, tra le mura della Kennedy High School, succede qualcosa, ed il luogo che i ragazzi hanno sempre considerato familiare e sicuro si trasforma in un incubo. Se prima la posta in gioco era rimanere nella scuola, ben presto l’obbiettivo diventa uscirne. O meglio, uscirne vivi. Perché l’alternativa è di venire catapultati in una spirale d’orrore dove bene e male, giusto e sbagliato divengono una cosa sola, mescolandosi in un viaggio da cui pare impossibile fare ritorno.

Leggo il comunicato stampa della Noubs che dice: “Un esordio scintillante e corposo, stilisticamente maturo e perfettamente risolto”.
Non lo so se questo esordio scintilli davvero, devo dire che I peggiori si fa leggere volentieri. 365 pagine che, a parte l’intoppo iniziale, scorrono veloci. Il piccolo freno che mi ha fatto cominciare il libro storcendo il naso è proprio l’opening scelto da Chiara Zaccardi. Più una sceneggiatura frammentata che un racconto vero e proprio, frasi convulse che si susseguono come schegge impazzite. Il quadro non mi è subito chiaro, man mano che mi addentro tra i capitoli, i contorni narrativi si delineano maggiormente. Ma non incontro mai una vera e propria fluidità, la scrittura della Zaccardi è un rap maledetto dalla cadenza spezzata.
E non mi è dispiaciuto. La storia è cruda, dura, nuda, senza abbellimenti stilistici creati per compiacere il lettore. Potrebbe essere la prima pagina di cronaca nera di un quotidiano, reale e tangibile. I personaggi non sono figure evanescenti messe a caso tra le pagine, ma diventano persone ben tratteggiate che accompagnano il lettore nel loro ricco e variegato mondo interiore.
É il finale che mi ha lasciata perplessa, l’effetto sorpresa mi è sembrato forzato, strideva un poco nell’insieme. Potrei fare un mea culpa e dire che non l’ho capito probabilmente, forse l’ho interpretato male.
Comunque sia sono rimasta con un po’ di amaro in bocca, un senso d’incompiutezza.
Voto: 7
[Eleonora Della Gatta]

Incipit
Il furgone, nuovo e lucido, comprato con documenti falsi, viaggia spedito sull’autostrada che porta fuori città, e fuori dallo Stato. Le mani guantate che reggono il volante e il lungo cappotto di pelle mantengono asettico l’abitacolo. La radio, uno dei pochi optional che si è concesso, trasmette a basso volume un’acida versione di Tainted love. Le parole gli piacciono. Parlano di malattia, di putrefazione. Di redenzione.