di Max Brooks - pagine 104 - euro 11,00 - Cooper Edizioni
Dopo l’esordio con il trasversale e originale “Manuale per sopravvivere
agli zombi” e la consacrazione “World War Z”, ritorna in libreria
l’appassionato di zombie Max Brooks (sì, è il figlio di Mel) con un
volumetto di racconti, short stories, per l’appunto, che lascia una
visione sintetica ed efficace sull’archetipo del ritornante, secondo
l’autore.
Brooks ha una visione scientifica del non morto e lo intende come un
essere molto vicino alla figura romeriana, trasformato da un morbo
incurabile e contagioso, la cui permanenza e diffusione sul pianeta
mette a dura prova la razza umana. Su questa idea si costruiscono i
quattro racconti, due di essi molto brevi, che riescono a sviluppare una
figura classica dell’horror in modo comunque originale.
I racconti, seppur brevi, riescono a illuminare su alcuni degli elementi
– fantastici o reali – che la figura del ritornante introduce: la
possibile diffusione mondiale del contagio, il raccapriccio per la
corruzione della carne, la paura di affrontare una persona conosciuta,
ma trasformata dal morbo, la sopravvivenza stessa di una razza destinata
a marcire – fisicamente – nel corso del tempo.
Il primo racconto, La parata degli estinti, è forse quello che lavora su
un’idea già usata e sfruttata (la guerra tra vampiri e zombi), ma una
narrazione in prima persona efficace, un’ambientazione credibile e una
scrittura rapida e leggera, ne fanno un buon racconto, da cui si
potrebbe persino trarre conclusioni ecologiche, una volta immaginato
l’essere umano come facente parte di un ecosistema comprendente zombi e
vampiri.
La Grande Muraglia, invece, è il secondo racconto ed è uno spin-off di
World War Z. Di fatto, il racconto è un’intervista, e nelle parole di un
uomo che ha lavorato al progetto della ricostruzione della Muraglia
cinese scopriamo una storia alternativa, ucronica, che vede gli essere
umani in guerra contro orde di zombie.
Dopo questi ci sono altri due racconti più brevi, entrambi contenenti
un’idea di fondo piuttosto gradevole. In Steve e Fred si rimane
spiazzati dalla pessima scrittura iniziale, piena di stereotipi e luoghi
comuni, ma il tutto si risolverà in modo inaspettato, regalando uno
spaccato di un assedio da non-morti.
In chiusura, invece, L’atto conclusivo, per quanto breve e,
inizialmente, misterioso, è un brano che dipinge, portandolo
all’estremo, la perdita di un proprio caro, soppresso per colpa del
virus. Come metabolizzare questo evento? La risposta è nel marketing.
In conclusione, pur non essendo innovativa e voluminosa, questa raccolta
è gradevole, ben curata e non banale, e non può assolutamente mancare
nella biblioteca di un amante del filone horror sugli zombie.
Voto: 7,5
[Gelostellato]
Incipit
Li chiamavamo submorti, e per noi erano più o meno una barzelletta. Sono
così lenti, e goffi, e stupidi. Così stupidi. Non li abbiamo mai
considerati una minaccia. E perché avremmo dovuto? Esistevano accanto a
noi, o meglio sotto di noi, diffondendosi come fuoco tra gli sterpi sin
da quando le prime scimmie umanoidi scesero dagli alberi. Fanum Cecidi,
Fiskurhofn, conoscevamo tutte le storie. Uno di noi sosteneva persino di
essere stato presente a Castra Regina, anche se per lo più lo
consideravamo uno sbruffone. Nel corso delle epoche avevamo assistito
alle loro goffe epidemie e alle altrettanto goffe reazioni degli umani.
Non erano mai stati una vera minaccia, per noi o per i diurni che
divoravano. Erano sempre stati una barzelletta. E così io risi di nuovo
quando sentii di un piccolo focolaio a Kampong Raja. Me ne aveva parlato
Laila, in quella notte calda e umida di dieci anni fa.