di Beth Fantaskey - pagine 618 - euro 16,50 - Giunti
Jessica-Antanasia ha finalmente realizzato il sogno di sposare Lucius
Vladescu e unirsi a lui per l'eternità. Ma il matrimonio col principe
dei vampiri è un pacchetto che comprende notevoli responsabilità e
cambiamenti nella vita della diciottenne americana: la ragazza dovrà
infatti trasferirsi definitivamente in Romania nel castello del marito e
regnare su un popolo violento e indisciplinato.
Se nel primo capitolo della saga Jessica aveva scoperto il proprio lato
oscuro e conosciuto un destino pianificato fin dalla sua nascita, adesso
si ritrova faccia a faccia con “the dark side” e non può fare altro che
affrontarlo. D'improvviso non potrà più appoggiarsi completamente a Lucius, che l'ha sempre difesa, ma dovrà vestire fino in fondo i panni
della principessa Antanasia Dragomir e lottare con tutte le sue forze
per salvare il trono e proteggere il suo amore.
Cominciamo dalle questioni spinose. Potremmo parlare per ore di ciò che
non va in questi vampiri, anche se alla fine tutto si riduce ad un unico
concetto: sono troppo vivi. Nascono, crescono, si innamorano, fanno
figli, prendono il sole, fanno surf (giuro). Un po' troppo per un popolo
di gente morta, il cui cuore non dovrebbe nemmeno battere.
Ma del resto, tutto questo è perfettamente irrilevante ai fini del
racconto, perché è irrilevante il fatto che in questa storia ci siano
dei vampiri, nonostante il titolo. E nonostante il fatto che il romanzo
sia quasi interamente ambientato a casa del conte Vlad.
Sgomberiamo il campo da fraintendimenti. Qui non si tratta di horror, di
mostri succhiasangue, di storie del terrore.
Questo è un romanzo d'amore per adolescenti.
E di solito le adolescenti si innamorano perdutamente del più bello
della scuola e di solito il più bello della scuola a un certo punto
della storia svela il proprio lato oscuro. Poco importa che il lato
oscuro di Lucius Vladescu sia il fatto di essere il re dei succhiasangue,
lui in fondo altri non è che il classico “cattivo dal cuore tenero”.
Dato per assodato che alle ragazze, almeno nei libri, piacciano i
“cattivi” (le rockstar, i poeti maledetti, i capi-gang e chi più ne ha
più ne metta), in questo periodo il cattivo che va per la maggiore è il
vampiro, perché è bellissimo, intelligente ed eternamente giovane
nell'aspetto, pur essendo dotato di una saggezza che deriva da
un'esperienza centenaria. Insomma, è uno che con le donne ci sa fare di
brutto. Quindi non c’è da stupirsi se la nostra protagonista, già in
“Promessi vampiri”, rinunci a “una storia carina” col bel vicino di
casa, un contadino tutto muscoli, e si metta a corteggiare il tenebroso
nobile rumeno.
Detto ciò, in questo libro, ben scritto, ben orchestrato, con la giusta
dose di suspense e magari un po' troppo miele, si parla soprattutto di
amore e di ragazzi bellissimi. Che poi il sangue ci sia e scorra in
abbondanza è inevitabile, data l’ambientazione, ma non si incontrano
scene cruente o momenti di particolare tensione. Insomma, non fa paura.
Il sangue è più che altro un simbolo erotico, uno strumento per creare
un legame indissolubile col partner, tanto che il morso è descritto come
un vero e proprio giuramento di eterna fedeltà.
La vicenda è resa vivace dall’alternanza di voci, tra lettere, e-mail e
pagine stile diario, che presentano il punto di vista dei diversi
personaggi, in perfetta tradizione “Dracula”. La storia viene quindi
narrata dalle parole di Jessica e dell’amica Mindy, alternate alla
corrispondenza tra Lucius e il testimone Raniero. Rimane però
l’impressione che queste diverse voci non sempre si distinguano
realmente nelle modalità espressive e il cambio di prospettiva passa
talvolta quasi inosservato, se non fosse per l’indicazione all’inizio di
ogni capitolo.
I capitoli, in compenso, sono brevi e scorrono veloci, portando il
lettore attraverso gli intrighi di corte (se volete il mio parere, gli
intrighi di corte sono sempre appassionanti), fino a scoprire chi c’è
dietro alla congiura che mira a far cadere la nuova coppia regnante.
Unica parte del romanzo ad essere lenta e abbastanza noiosa è purtroppo
proprio la prima (se la superate, poi si legge d’un fiato). La sezione
“il matrimonio” è una vera colata di miele: ci sono pagine e pagine di
occhi negli occhi, batticuore e ricordi dei primi incontri tra i due
innamorati. Non si sostiene. Ma forse a 16 anni mi sarebbe piaciuta.
Il lato positivo del romanzo è senza dubbio però che non si prende
troppo sul serio. Momenti romantici a parte, si coglie una certa ironia
nella descrizione dei personaggi e una certa leggerezza nel narrare la
vicenda, doti sempre apprezzabili. C’è persino qualche battuta
divertente, anche se si perde quasi del tutto il sarcasmo del libro
precedente, che aveva il suo culmine nelle citazioni dal manuale
“Crescere non-morti: guida per vampiri adolescenti su amore, salute ed
emozioni”. D’altra parte, questa sezione della vicenda prende una piega
decisamente più “dark”, a partire dall’ambientazione, poiché si passa
dalle campagne della Pennsylvania al cuore della vecchia Europa, di cui
emerge un’immagine stereotipata e ferma a un secolo fa.
In definitiva, se non consideriamo vampiri e batticuore, la vicenda
principale è poi quella di un'adolescente che diventa donna, prendendo
in mano la propria vita e imparando a cavarsela da sola, ad affrontare
le proprie paure e ad agire il nuovo ruolo di cui è investita. E questo
mi è piaciuto.
Concedetemi solo una piccola riflessione: se anche nel mondo dei vampiri
l'unico obiettivo di una ragazza è quello di trovarsi un buon partito,
allora significa che abbiamo ancora parecchia strada da fare.
Voto: 6+
[Blackstar]
Incipit
Mindy Stankowicz, la mia migliore amica – se così potevo ancora
considerarla, come speravo – era completamente in balìa della folla di
rumeni che le sfrecciava accanto, mentre si dirigeva a passo deciso a
recuperare i bagagli, nel frenetico Aeroportul International Henri
Coanda.
Sapevo che dovevo correrle incontro e aiutarla, ma rimasi qualche
secondo a guardarla mentre cercava il mio viso fra tutta quella gente e
lanciava di tanto in tanto un'occhiata alla miriade di segnali scritti
in una lingua che nemmeno dopo quattro mesi trascorsi in Romania ero in
grado di decifrare.
Bagaje pierdute... Conexiune gara... Carucioare bagaje...
In un certo senso eravamo entrambe straniere in terra straniera,
novelline alle prese con una cultura profondamente diversa da quella in
cui eravamo cresciute, e ora persino estranee l'una all'altra, anche se
eravamo amiche dai tempi dell'asilo.