di Shirley Jackson - pagine 182 - euro 18,00 -
Adelphi
Non è un thriller, non è un horror, non è una storia nera, non è una
storia “di paura”.
Mary Katherine Blackwood - Merricat - e sua sorella Constance vivono
nella loro grande casa, il castello del titolo, in cima alla collina di
Blackwood immerse nei loro riti quotidiani.
Constance coltiva con amore il suo orto e cucina ottimi manicaretti,
governa con amore la casa da cui non si allontana mai e in cui assiste
lo zio invalido, su una sedie a rotelle e un po’ svitato, da sempre
intento nella stesura di una autobiografia.
Mary Katherine, la sorella minore, ci racconta invece delle sue piccole
“avventure”, dei suoi nascondigli sparsi per la proprietà, degli ingenui
riti di magia atti a proteggere l’esistenza della sua famiglia, del suo
gatto e di come detesti andare in paese a sbrigare commissioni.
Sì perché in paese tutti odiano le sorelle Blackwood, e le rifuggono a
causa di un tragico evento che ha visto, sei anni prima, morire in
circostanze misteriose i genitori delle due ragazze e del fratello
minore.
La vita delle due sorelle e dell’anziano zio procede placidamente e i
giorni si susseguono felicemente sempre uguali, tra la cottura di
conserve e la pulizia di ceramiche decorate a mano con deliziosi
fiorellini, fin quando la loro quotidianità non viene incrinata
dall’arrivo di un lontano cugino.
Shirley Jackson, costruisce una storia lineare, semplice ed efficace
volutamente lasciata in una atmosfera fuori dal tempo. E’ una storia
dall’aspetto simmetrico nella progressione degli eventi che, solo
apparentemente, risultano immobili ma che invece scivolano via, uno
dietro l’altro, sino all’inesorabile colpo di scena e al placido finale.
Il personaggio di Merricat, protagonista della storia narrata in prima
persona è stato eletto dal Book Magazine, rivista bimestrale di
letteratura edita in USA, come uno dei migliori personaggi di fiction
del '900. Una figura struggente, poetica, tragica intelligente e maligna
ma che non manca di suscitare anche un senso di pietà.
Come in apertura, “Abbiamo sempre vissuto nel castello” non è
ascrivibile al genere horror, né una storia nera, piuttosto è un
racconto surreale sulla capacità di fare del male dell’animo umano e di
come l’amore possa distorcersi.
La Adelphi pubblica per la prima volta in Italia, un romanzo edito nel
1962 considerato come una delle migliori produzioni dell’autrice.
Plauso quindi per la scelta di tradurre il volume e di portarlo nelle
nostre librerie, pollice verso invece per il prezzo di copertina: 18,00
euro, eccessivi per appena 182 pagine, e che lo rende un acquisto per
pochi.
Voto: romanzo 8
Voto edizione: 4 per il prezzo
[Marco Montozzi]
Incipit
Mi chiamo Mary Katherine Blackwood. Ho diciott’anni e abito con
mia sorella Constance. Ho sempre pensato che con un pizzico di fortuna
potevo nascere lupo mannaro, perché ho il medio e l’anulare della stessa
lunghezza, ma mi sono dovuta accontentare. Detesto lavarmi, e i cani, e
il rumore. Le mie passioni sono mia sorella Constance, Riccardo Cuor di
Leone e l’Amanita phalloides, il fungo mortale. Gli altri membri della
famiglia sono tutti morti.