Polvere rossa

di Marco Bettini - pagine 292 - euro 16,50 - Piemme

La città di Rimini è stata scossa da un efferato omicidio: l'avvocato Isabella Sassoli è stato ucciso nella sua abitazione e il bambino che portava nel grembo è stato estratto e lasciato morire vicino al cadavere della madre. Dopo quaranta giorni le indagini sono ferme al punto di partenza e la procura decide di rivolgersi ad Andrea Germano, un profiler, ovvero uno psichiatra capace di ricostruire la personalità dell'assassino dal suo modus operandi.
Scrivere un thriller può essere relativamente facile, basta metterci qualche cadavere, un serial killer inafferrabile come il vento e le indagini difficili e pericolose della polizia.

Scrivere un buon thriller è invece molto difficile, perché bisogna saper dosare bene ogni singolo elemento. Due sono secondo me gli aspetti che bisogna curare nello svolgimento della storia: la credibilità della vicenda e la capacità di creare suspense.
Sul primo punto Marco Bettini ha fatto centro, dimostrando di essere padrone di ciò che sta scrivendo. I profili dei personaggi sono molto realistici e adatti ai ruoli che stanno ricoprendo nell'evolversi della vicenda. Soprattutto il serial killer è delineato molto bene e non si fa fatica a capire il motivo che possa spingerlo a uccidere in modo così brutale.
Sul secondo punto l'autore si dimostra molto abile a reggere bene i fili, a non lasciarsi sfuggire di mano la storia, lascia al lettore alcuni indizi sparsi tra le pagine in modo che assistere alle indagini di Germano e al tempo stesso indagare sulla possibile identità dell'assassino.
La scrittura è fluida e non appesantisce la lettura.
In conclusione un libro che mi sento di consigliare. Certo, il prezzo è un po' alto, ma forse si può fare un pensierino, magari rinunciando a qualcuna delle innumerevoli porcate, specie di nazionalità anglo-americana, che ogni mese occupano i primi piani degli scaffali delle nostre librerie.
Voto: 7
[Nanny Ranz]

Incipit
Si svegliò di colpo, scossa dal presentimento orribile che sarebbe stato meglio non ridestarsi affatto. Prima ancora di aprire gli occhi, di capire cos'era la sensazione opprimente che le attanagliava la bocca, prima di avvertire il sollievo appena sufficiente dell'aria che le riempiva i polmoni, si ritrovò immersa in un incubo nero. Spalancò gli occhi nel tentativo di catturare meglio i contorni della stanza buia. Nessuna luce attenuava l'oscurità. Cercò di mettersi a sedere sul letto e si rese conto di avere le mani legate alla spalliera e i piedi immobilizzati.