di Francesca Sarah Toich - pagine 297 - euro 14,50 - Edizioni Miele
Leonardo è un ragazzino introverso, orfano, che vive a Venezia con uno
zio che di lui si cura poco e vede i fantasmi. Questo il protagonista e
la chiave che apre la porta alle vicende narrate ne “L’ombra”,
l’avventura filosofica di Francesca Sarah Toich, edita per i tipi
delle Edizioni Miele.
Vi è un elemento fantastico, dunque, e un’ambientazione fortemente
caratteristica, che fa della città di Venezia e dei suoi luoghi, lo
scenario reale e immaginato delle avventure che vivrà Leonardo.
“L’ombra”, infatti, mette in scena un mondo che, accanto alle presenze
reali, vede gravitare le presenze dei trapassati, fantasmi che
continuano a vivere nel nostro mondo perché non hanno terminato ciò che
dovevano, ma che al contrario delle leggende, vivono una esistenza quasi
ordinaria, fatta di rapporti, abitudini, azioni e quotidianità che solo
chi è dotato del “dono” riesce a percepire.
Ecco perciò che Leonardo, assieme a Løra - un’altra ragazzina che si
scopre avere il suo potere - prenderanno parte in una missione che vuole
salvare Virginia, una bambina che decenni prima era stata rapita e
rinchiusa nel mondo del crudele Mente Nera, l’antagonista che Leonardo
dovrà sconfiggere.
Queste sono le premesse che portano il romanzo verso binari fortemente
caratterizzati da un’impronta fantasy e pienamente ascrivibile al genere
“di formazione”.
Le buone idee, curiosamente, non si ravvisano nella struttura del
romanzo - abbastanza classicamente costruita nella lotta tra bene e male
- ma nei personaggi che via via entrano in gioco. I trapassati che il
protagonista incontra, infatti, non sono fantasmi qualunque, ma figure
che trasportano nel vicino aldilà il significato della loro esistenza.
Incontriamo così Giordano Bruno, Peggy Guggenheim, Giorgio Cini, Mariano
Fortuny e molti altri, tutti con un loro ruolo, nel mondo dei più.
Le premesse per un romanzo interessante, quindi, ci sono e considerato
che l’autrice è anche scrittrice di testi teatrali e attrice, l’unico
rischio in agguato può essere dovuto a qualche ingenuità narrativa o
qualche carenza editoriale.
E in effetti, le pregevoli idee contenute soprattutto nella seconda
parte del romanzo, rischiano di essere vanificate da una cura editoriale
che vede diverse piccole pecche (dalle “d” eufoniche agli spazi di
troppo o mancanti, dagli “a capo” errati ai ripetuti “Bhè”) e da una
prima parte un po’ dispersiva e lenta. Ma al di là degli accorgimenti
formali, risolvibili con una semplice correzione di bozze, è forse nella
parte finale - molto rapida e precipitosa - che si può ravvisare un
desiderio di maggior sviluppo della trama e degli accadimenti. La carne
al fuoco, infatti, era tanta, così come erano molti i personaggi da
gestire, e parte finale dell’avventura lascia la sensazione di essere
stata leggermente compressa (e volere maggior respiro).
In conclusione, un romanzo onesto, che cerca di mescolare diversi generi
e mostra una serie di buone idee, sia sviluppate, sia abbozzate. La tara
dovuta a qualche trascuratezza nell’editing e al leggero sbilanciamento
nella struttura, è tranquillamente superabile.
Voto: 6,5
[Gelostellato]
Incipit
Come al solito si era dimenticato le chiavi di casa.
Si aggrappò quindi al lungo maniglione a forma di delfino e suonò. Venne
ad aprirgli una donna dagli occhi enormi e la faccia stanca.
"Ciao Betty"
"Cara, non sono Betty, mi chiamo Lucia, non ti ricordi?"
"Ah sì, scusami".
Entrò ciondolando. Già, Betty era quella della settimana scorsa. Gli
capitava dì sbagliare. Suo zio cambiava zia molto spesso, specie negli
ultimi due anni. In fondo non era male, conoscere sempre gente nuova,
pensò.
"Hai fame? Vieni di sopra, ti preparo qualcosa. Tuo zio è in galleria,
dovrebbe tornare a a momenti". Leonardo appoggiò la valigia di scuola.
Era rossa e rattoppata, non tanto grande e ci stava tutto, anche Alister,
il suo furetto. Per farlo respirare aveva fatto dei buchi: là dentro
stava benissimo e le maestre non lo avevano ancora scoperto. A scuola
non si poteva portare il cellulare, figurarsi un furetto! Lui però non
ce l’aveva, il telefonino. Aveva solo tredici anni e nessuna intenzione
di essere rintracciato da nessuno. Specie quando fuggiva di notte, per
le calli di Venezia. con il suo Alister a caccia di fantasmi.
Vi immaginate, se mentre parlava con Sissi Bu, la principessa triste
della Corte Sconta, oppure Marciano, il gondoliere invisibile, il
cellulare avesse squillato? Orrore!
I fantasmi di Venezia non erano per nulla moderni: ci tenevano alle
tradizioni. Aveva sentito più volte Sir Archimbold, un aristocratico
morto nel Settecento, imprecare contro il cattivo gusto dei turisti, con
le loro ciabatte in plastica e cappellini da ritardati mentali.
No, no. Si trovava molto meglio coi fantasmi che coi vivi, pertanto non
aveva nessuna intenzione di contraddirli.