Brasarsi

di Max Cabrerana - pagine 146 - euro 13,00 - Edizioni Cut-Up

C'è pregiudizio, vero, quando leggete di una raccolta di racconti di un autore esordiente per i tipi di un piccola casa editrice?
Suvvia, confessiamo.
Siamo abituati ad affogare in un mare di d eufoniche di troppo, dolori lancinanti, silenzi assordanti, risate agghiaccianti. E soprattutto, per quel che riguarda i nuclei narrativi dei racconti, siamo abituati a storie che non si lasciano ricordare che per molto poco, dopo l'ultima pagina.

Beh, per “Brasarsi” di Max Cabrerana, uscito nel giugno 2010 a opera della Cut-Up edizioni, questo timore lo possiamo dimenticare.
I vecchi utenti di Scheletri, per esempio, potrebbero testimoniarlo subito, nel caso avessero letto alcuni brani in passato pubblicati sul sito per conto del collettivo Radiodiable. Per ricordarne uno, basti citare “Bakael”, storia di orrore erotico dove il protagonista, incapace di trovare una donna che possegga tutte le caratteristiche a lui gradite, ne utilizza diverse, creando una mostruosa entità sessuale che diventa ben presto la sua fidanzata.
Oppure, se volete qualche altro cenno riguardo a un innesco narrativo, immaginatevi un tizio che di mestiere fa la statua vivente e si ammala di Parkinson. Sono situazioni che nella loro tragicità di fondo, fra le loro sfumature noir, strappano un sorriso, divertono.
È proprio questa la caratteristica che accomuna i dieci brevi racconti dell'antologia: lo humour nero, la demenzialità un po' surreale e un po' tragica dei personaggi, il mescolare ironia e crudeltà umana.
Ecco perché i due pezzi più riusciti, forse, sono proprio quelli che meno si giovano dello strumento fantastico e più si avvicinano alle cattiverie della natura umana.
Nel racconto di apertura, “Il peggior nemico dell'uomo incontra il miglior amico dell'uomo”, è apprezzabile la struttura, composta da una vicenda centrale (un gruppo di animalisti violenti che devasta un laboratorio per la sperimentazione su animali liberando gli abomini ivi contenuti) e una serie di mini racconti apparentemente disordinati, ma innescati tutti, o quasi, dalla vicenda centrale.
L'ultimo racconto, "Brasarsi", dà il titolo alla raccolta ed è un affresco dedicato un gruppo di sbandati sniffatori di “trielina con cornacchia” il cui protagonista, Tabularasa, si è "brasato" la faccia cadendo con lo scooter. Il cinismo del gruppetto rivaleggia, in poche pagine, con il perbenismo affettato delle persone normali, lasciando il lettore attonito, dopo un finale crudo, certo, eppur divertente.
Meno riusciti, forse, i brani più dedicati al fantastico, legati magari a personaggi famosi (misteriose sparizioni a Paperopoli, dialoghi assurdi tra Hitler e Freud...), ma anche a questi non si può negare una scintilla narrativa interessante e una scrittura veloce e mai appesantita.
I racconti di Cabrerana, insomma, hanno qualcosa da dire e un'idea di fondo che cattura e si lascia ricordare. Poi, certo, le d eufoniche e qualche errore di battitura di troppo si trovano anche qui, ma di fronte a una lettura piacevole, anche se forse troppo breve, restano peccati veniali, tara di fondo di un editing e una correzione bozze non certo ossessivi.
Voto: 6/7
[Gelostellato]

Incipit dal racconto "Il miglior amico dell'uomo incontra il peggior amico dell'uomo"
Al ristorante Da Wang sono le 18. Wang sta preparando la cena.
Questo vuoi dire prendere dal freezer all'incirca quante porzioni congelate di riso e di spaghetti alla soia vengono ordinate in una serata. Recuperare l'olio del pranzo, aggiungerne un percento di nuovo e versarlo nella friggitrice. Stemperare la salsa di soia congelata con un bagnomaria. Mescolare in un wok rasta di sesamo con l'acqua calda del bagnomaria.
Chung, la moglie di Wang, mette in ordine i tavoli. Riavvolge a metà la saracinesca dell'entrata. Controlla che nell'acquario della sala non ci siano pesci morti.
Wang ha cominciato a tagliuzzare le cosce di Féng in tronchetti da dieci centimetri. Le cosce di Féng sono sei e sono lunghe all'incirca trenta centimetri, quindi si ottengono diciotto tronchetti da un Féng. E questo per cucinare lo Huxiang in salsa agrodolce. Di Féng ce n'è sempre fresco. Il figlio di Wang, Dong, ne ha uno vivo in mano. Vivo ancora per poco. Un colpo di mannaia e la testa del Féng cade da un lato, il corpo continua a muoversi, ancora per un po'. La testa del Féng non si mangia. Per avere sempre del Féng disponibile, la testa viene messa in un recipiente a parte. La coda del Féng si può fare in due modi: o disossata e bollita, servita con salsa alla cipolletta (questo piatto si chiama Lu Féng). Oppure servita con alghe marine e cuore di bambù, allora avrete mangiato il delizioso Féng Wenzi, la specialità della casa.
Féng in cinese significa abbondante.