di Mike Mignola, Christopher Golden - pagine 312 - euro 13,00 -
Mondadori
Prima guerra mondiale. Henry Baltimore è l’ultimo sopravvissuto del suo plotone, sterminato da una forza misteriosa, ancestrale e demoniaca: vampiri. Mutilato di una gamba e nell’orgoglio, inizia così a covare vendetta e a dare la caccia ai succhiasangue. Ma per poter aver successo e uccidere quel maledetto vampiro che l’ha ferito a morte, chiama a sé tre amici: un marinaio, un soldato e un chirurgo, tutti e tre esperti involontari del sovrannaturale.
Interessante progetto, questo romanzo grafico, non solo per il connubio
tra narrazione (preponderante) e disegni (piacevole accompagnamento in
bianco e nero), ma anche e soprattutto per la struttura intrinseca
dell’opera, che maschera abilmente una raccolta di racconti da unica,
globale storia complessiva.
Abituati da sempre a vedere Mike Mignola alle prese con gli
schizzi squadrati di Hellboy, è un piacere ritrovarlo in questi zampilli
di china che seguono la vicenda, ma è una vera sorpresa scoprirlo nelle
vesti, indubbiamente abili, di scrittore. Coadiuvato da Christopher
Golden, piuttosto sconosciuto in Italia se non per "Di santi e
ombre", edito da Gargoyle, ma novelliere affermato e milionario
dall’altra parte dell’oceano, è nato così "Baltimore", falsa
antologia che strizza l’occhio a una certo stile ottocentesco e
ricercato, lento, riflessivo e armonioso.
La cura posta nella scelta dei vocaboli e nella musicalità lessicale è
infatti punto di forza di queste quattro mani: gli scenari vengono
dipinti con linguaggio tanto elegante quanto accattivante, le
descrizioni del folto bestiario assumono toni deliziosi, elaborati con
zelo, e la lettura, nella visione generale, è spesso squisita
L’intreccio vede tre personaggi principali (Aischros, Childress e Rose)
per altrettanti racconti che omaggiano certi archetipi orrorifici
(demoni che si trasferiscono di corpo in corpo, marionette possedute e
mostri marini), i quali si allacciano a una storia più ampia (i viaggi
di Baltimore per sterminare i vampiri), che si rivela a poco a poco per
mezzo di altri tre racconti, tre parentesi autoconclusive sulla sua
vita, più un lungo resoconto diaristico a opera di Baltimore stesso.
Costruzione insolita, quindi, che piace per il continuo alternarsi di
protagonisti, vicende, punti di vista e io narrante (terza e prima
persona si inseguono senza una logica precisa, ma la loro staffetta non
disturba mai e garantisce longevità al titolo).
E nonostante una certa mancanza di inventiva, facilmente riscontrabile
in un collettivo di ambientazioni e richiami all’orrore di una volta,
Baltimore permette comunque gustose soddisfazioni per atmosfere gotiche
decisamente suggestive e riuscite, che sopperiscono a un classico
compendio, anche piuttosto dozzinale, di eroi e creature.
Dispiace quindi che lo scontro finale, dopo una lunga pianificazione e
relativa battaglia preparatoria, si risolvi ingiustificatamente in due
semplici, piatte righe, azzerando il pathos sanguinario e desolante che
si era venuto a creare. La vicenda si conclude infatti con un brusco
risucchio di guizzi, di azione e di sudore, lasciando con un amaro in
bocca terribilmente mortificante.
E se nelle ultimissime pagine la narrazione mostra ben più di questa
lacuna - ripetizioni, scarsa attenzione descrittiva -, alle quali si
aggiunge l’inserimento di un aspetto tamarro a suo modo epico ma poco
fluente rispetto alla tessitura complessiva, anche i disegni, sempre
semplici contorni che sottolineano e trasformano in figure personaggi,
mostri e luoghi visitati, si fanno ripetitivi, noiosi e sbrigativi.
Ci troviamo comunque di fronte a un buon prodotto, curioso e avvincente,
che mostra una sua singolarità nonostante basi di partenza alquanto
conosciute nel mondo dell’horror. Ma il prezzo è indubbiamente
accattivante, e un pensiero per l’acquisto è più che lecito.
Voto: 6,5
[Simone Corà]
Incipit
In una fredda notte d’autunno, sotto un cielo nero, senza luna e senza
stelle, il capitano Henry Baltimore stringe il fucile, scruta attraverso
l’oscuro abisso del terreno della battaglia e, dentro di sé, comprende
che quelli sono i campi di tortura dell’inferno e che la dannazione è in
attesa solo pochi passi più in là.
Si ferma, un ginocchio a terra, le orecchie tese, ma l’unico suono che
ode è il gelido vento autunnale che porta con sé il fetore della morte e
della decomposizione. Baltimore rivolge un cenno agli uomini che
arrancano nelle tenebre alle sue spalle, poi avanza acquattato verso un
piccolo dosso che potrebbe essere un cumulo di terra smossa durante lo
scontro, o una pila di cadaveri.