Veleno

di Autori vari - pagine 171 - euro 15,00 - Edizioni Il Foglio

Se c’è una cosa che, nell’editoria underground, non verrà mai a mancare, per quanto si tirino in ballo, statistiche alla mano, scarse vendite e qualità dubbia, sono le antologie di scribuncoli esordienti, o giù di lì. E ciò che, salvo qualche rara eccezione, accompagnerà sempre queste antologie, e non solo nell’editoria underground, come qualcuno va giustamente affermando da qualche giorno a questa parte, sarà il misero risultato complessivo, impossibilitato a trovare una media equilibrata tra tante penne diverse, e soprattutto una scarsa cura nel rendere omogeneo il prodotto finale.

"Veleno", la nuova antologia horror che non vi farà dormire la notte, non si discosta poi molto dal quadro generale, sempliciotto, lo ammetto, ma pur sempre generale, là sopra riportato. Abbiamo a che fare con dieci scrittori differenti, alcuni già affermati da anni nell’underground e dintorni con valanghe di pubblicazioni (Giovanni Buzi, Elena Vesnaver, Raffaele Serafini e l’Editore in persona, Gordiano Lupi) e altri nomi più o meno noti (Maurizio Cometto), che si mettono alla prova con dieci racconti che toccano, sfiorano e giocano con l’horror, combinandolo ora con l’erotismo ora con l’ironia.
Bisogna dire che, ammirata la bella immagine di copertina, "Veleno" non si presenta nel migliore dei modi, con una quarta e un sottotitolo (10 storie per non dormire - uuuh!) troppo, troppo, troppo dozzinali per cercare di togliersi di dosso la ruggine di amatorialità che già sembra ricoprire il tutto. Ci sarebbe anche un prezzo davvero eccessivo e intimidatorio di cui parlare (15 euro per 170 pagine), ma insomma, c’è crisi e cose del genere (e poi, se venivate alla presentazione ad Aviano, ve la tiravano dietro, con addirittura gli autografi).
E nemmeno a livello puramente visivo la prima impressione migliora. E apostrofoate o accentate nel verso sbagliato, d eufoniche, trattini per i dialoghi a volte lunghi e a volte corti, asterischi usati a caso per distanziare i capitoli, sono aspetti che saltano subito all’occhio e che, sì, non influiscono sulla qualità intrinseca dell’opera, ma infastidiscono, e non poco, soprattutto pensando a quanto sia rapido, veloce e istantaneo sbarazzarsi di queste impurità.
Si vuole fare il salto di qualità, e ci sono alcuni nomi per poterlo fare, e poi si ricade su simili imperfezioni che rimarcano, come se ce ne fosse ancora bisogno, l’aspetto dilettantesco dell’opera.
Dei dieci racconti presenti, ne abbiamo solo due di ottima fattura (per idee, originalità, stile, padronanza lessicale, gestione del ritmo): "Spirale" (un trip di allucinazioni ed erotismo spinto), sicuramente il migliore della decina, è posto in apertura, per accattivare e calamitare, mentre "La farfalla" (un incubo erotico-cronenberghiano, dai dialoghi velocissimi e dalla narrazione rapida, fulminea, poetica) si becca la posizione centrale, probabilmente per ridestare un po’ animi e voglie dopo una serie di pezzi squinternati, confusi, poco chiari, figli di parole ancora troppo acerbe e superficiali per ambire alla carta stampata.
C’è poi un buon racconto, "Perché i topi non tornano" (un horror zombesco a cavallo tra grottesco, pulp, violenza ed erotismo; lungo, vario, movimentato, con ottimi scambi di punti di vista), e due pezzi discreti, "Il mio cuore nero" ed "Ekaton", di piacevole lettura per la professionalità stilistica (il primo) e per la costruzione insolita e non lineare (il secondo).
Difficile valutare il resto: si tratta di racconti incerti, che mostrano capacità e potenzialità ("Via da Magniverne") che vengono però sfruttate male, con gestioni sballate di tempi e ritmi, un linguaggio aspro, immaturo, e con idee/concetti piuttosto banali e che restano troppo in superficie per catturare come dovrebbero.
Impenetrabile, infine, il leit-motiv del volume, questo veleno che viene citato nella presentazione del curatore Vincenzo Spasaro e che appare, prima di ogni racconto, in inutili pillole di due righe estrapolate da Wikipedia. Non un filo conduttore che leghi i racconti, non un solo richiamo in una delle dieci storie, non un motivo tangibile per essere informati di cosa sia la stricnina o la cicuta o il curaro. Mah.
Certo, ora mi si potrebbe denunciare, lapidare, impalare dicendo che, guarda caso, i racconti migliori sono scaturiti dalle penne di Raffaele Serafini, Giovanni Buzi, Marco Crescimbeni ed Elena Vesnaver, autori/amici che conosco e stimo e frequento narrativamente da anni (alcuni li ho anche incontrati di persona in più di un’occasione), e che il giudizio complessivo non è critico, non è bilanciato, non è equo, non è oggettivo e blablabla.
Ma forse non è un caso che si tratti di autori (almeno due di loro) con cui sono cresciuto in tante palestre di scrittura che si frequentano ancora oggi, mai sazi di critiche costruttive, di suggerimenti e di bastonate utili a migliorare.
E in fin dei conti, l’antologia è qui, pronta a essere sfogliata e letta, e non servono occhi e menti esperte per poter percepire, catturare, verificare le differenze stilistiche, la pulizia del testo e l’uso lessicale che dividono i racconti buoni da quelli meno buoni.
Serviva un editing più deciso, più crudele, più arcigno per sviscerare le idee apprezzabili delle storie meno riuscite, e imprigionarle in strutture narrative più fluide, accattivanti e meno ordinarie. Per ora, ahimé, siamo ancora nel campo dell’amatorialità, e per quanto "Veleno" sia comunque un gradino sopra a tante raccolte lette in questi anni di vagabondaggio letterario, dispiace vedere come la qualità, la qualità, la qualità prima di tutto, e non quella sufficiente di cui ci si accontenta, sia ancora un miraggio che appare e scompare in lontananza.
Voto: 6
[Simone Corà]

Incipit (dal racconto "Spirale" di Raffaele Serafini)
Faccio fatica, con il sesso. Faccio fatica da sempre, perché non vengo mai.
Non sono frigida, non sono moralista, non sono cattolica e non lo vivo male.
Non mi sento poco attraente e non sono brutta.
E non sono malata, se è questo che state pensando, me l’hanno detto anche i medici.
Sono bionda, magra, flessuosa; ho grossi seni e un profilo grazioso. Non mi manca niente.
Il sesso mi piace, mi piacciono gli uomini e non sono attratta dalle donne. Mi piace essere corteggiata, cercata, voluta. Mi piace baciare, toccare e farmi toccare.
Però non vengo.
Mai.
Orgasmo, acme del piacere, culmine dell’amplesso, massimo godimento, estasi suprema. Chiamateli come vi pare. Io, non li provo.
E uomini ne ho avuti. Non tanti, no. Ma a sufficienza per capire che il problema non erano loro, ma io. Perché nel sesso sono come tutte, lo so, inutile negare: le donne sono simili. Uguali no, non lo saranno mai, ma simili, non ho dubbi, lo sono sempre.