Il mio volto e' uno specchio

di Enrico Luceri - pagine 248 - euro 3,90 - Mondadori

Potrebbe capitare di essere un po’ in difficoltà, con questo “giallo Mondadori” che pubblica il romanzo vincitore del Premio Tedeschi 2008. Potrebbe accadere, soprattutto al lettore più smaliziato, di raccogliere gli indizi seminati sul percorso e riuscire a intuire il colpevole abbastanza presto. La difficoltà, dunque, qual è?
Quella di voler arrivare a tutti i costi a voltare l’ultima pagina e di essere, pur vedendo confermate le proprie intuizioni, soddisfatti del libro.
Perché?

La risposta è piuttosto semplice, anche se sia il colore della copertina, sia la collana in cui è stato pubblicato, tentano continuamente di ingannare.
Il mio volto è uno specchio... non è un giallo! Anzi, la cosa più corretta da dire, forse, è che questo lavoro è “anche un giallo”, in quanto le caratteristiche più classiche di questa forma letteraria compaiono tutte. Ma se non è solo un giallo che cos’è?
Risposta altrettanto semplice: è un thriller, con una componente che potremmo azzardare del 60% di competenza di quest’ultimo genere.
Certo, gli amanti del giallo non saranno delusi: i personaggi vengono subito sparsi sul tavolo con apparente casualità, come un mazzo di carte gettato alla rinfusa, per poi ricostruire, assieme al commissario Simonetti, la vicenda in tutte le sue sfaccettature e arrivare alla rivelazione del colpevole nelle ultime pagine. Tutto molto classico, dunque. Quello che è molto meno classico è che l’assassino continui a uccidere proprio sotto gli occhi di chi sta indagando e non ci siano molti dubbi né sul movente, né sulla sua identità. Ma come è possibile? Ci si potrebbe chiedere.
La risposta, ovviamente, sta nella sua lettura.
Lasciando due parole sulla trama e sulle caratteristiche della narrazione va rilevato che la rosa dei personaggi è ristretta fin dalle prime battute. In un albergo sulle sponde del lago Trasimeno s'incontrano tre coppie in villeggiatura, un albergatore, una cameriera, una cuoca e tre cani.
Con una narrazione pulitissima, senza stravaganze o esercizi di stile, Enrico Luceri non perde tempo a dirvi quanto è rosso il sangue del morto o quanto luccica la lama del coltello. Egli semina i suoi indizi come dettagli di diversi colori, che appartengono a diverse vicende, e poi, alla fine, raccoglie tutto in sacchetti separati, per mettere ordine, per raccontare più storie e renderle tutte chiare e sensate, senza che il lettore vi veda forzature o senza imporre verità divine dall'alto della mano del narratore.
La peculiarità principale del romanzo è comunque quella di non portare il lettore a voltare pagina dopo pagina per rispondere alla domanda “chissà chi è l’assassino”, bensì per rispondere alla domanda “riuscirà l’assassino a raggiungere il suo scopo?”.
Se proprio si vuol muovere un appunto, lo si potrebbe trovare nel voler dare alle vicende un aspetto molto “sceneggiato”, (non a caso Luceri è autore di diverse sceneggiature) cosa che ha dei pregi dal punto di vista visivo, ma potrebbe risultare a tratti eccessiva quando si utilizza troppe volte una scena molto filmica, come la mano che si appoggia sulla spalla di un personaggio, che trasale spaventandosi.
Aldilà degli aspetti critico/narrativi, è piacevole sottolineare come Enrico Luceri sia uno di quegli autori che provengono dall’underground letterario molto presente sul web (lo potete trovare anche su questo sito sotto lo pseudonimo di Enricoelle) e di come, dopo una crescita continua, sia alle soglie di una “riuscita” che ampiamente si merita.
Voto: 7
[Gelostellato]

Incipit
Venezuela, 1988
Le pale arrugginite del vecchio ventilatore giravano con un cigolio fastidioso, sempre più lentamente. Quando si fermarono del tutto, con un ultimo raschio sommesso, un uomo dal colorito olivastro si avvicinò e battè un paio di volte la mano sulla grata. Le pale restarono immobili e lui, dopo un altro inutile tentativo, si avviò lungo il corridoio dalle pareti scrostate, strofinando il palmo sul camice bianco. Gettò un'occhiata indifferente alla figura che sedeva composta su una panca di formica, le ginocchia unite e le mani intrecciate in grembo, l'espressione tesa e assente.
Scrollando il capo, si avvicinò a una delle tante porte chiuse e strinse le dita attorno alla maniglia. Come se fosse stato colto da un'improvvisa esitazione, restò immobile, lo sguardo fisso sulla porta, con un'intensità tale che sembrava volervi vedere attraverso. Lentamente, si voltò verso chi stava seduto sulla panca, poi, come a disagio, sollevò le dita dalla maniglia, passandosele fra i capelli neri. Il silenzio del corridoio venne rotto dai passi veloci di una suora che si materializzò d'improvviso nel vano di una porta lontana, per scomparire subito nel fruscio della sua tonaca. Stringendosi nel camice, l'uomo osservò senza interesse la religiosa fino a perderla di vista nel lungo corridoio, quindi tornò a voltarsi verso la panca e si avvicinò di un passo, senza che la persona seduta, persa nel suo silenzio, mostrasse di accorgersene o si scuotesse dalla sua apparente immobilità. Quasi nello stesso istante, le pale del ventilatore ripresero a girare, spinte da un soffio di vento debole come un sospiro, e la porta lì a fianco si aprì lentamente.