La cospirazione del minotauro

di Stel Pavlou - pagine 385 - euro 9,00 - Newton Compton

Il detective James North è alle prese con un giovane psicopatico che ha preso in ostaggio un bambino all'interno del Metropolitan Museum of Art. Quell'uomo che lui non ha mai visto prima conosce il suo nome: Gene, questo il nome dell'uomo, riesce a farla franca, mentre il detective si ritrova iniettata una sostanza che causa incubi e flashback di ricordi che non gli appartengono. Si mette così alla caccia del suo antagonista attraverso New York, spinto da una fatale e inspiegabile volontà di ucciderlo.
Uhmmmm...

Ok, lo ammetto, non è il massimo iniziare una recensione con un mugugno da quattro emme. È che questo libro non mi è piaciuto, lo dico subito così risparmio la fatica di leggere il seguito a chi interessa solo un giudizio istantaneo. A chi invece vuole capire le ragioni della mia insoddisfazione, cercherò di dare maggiori spiegazioni.
1) La trama: meno originale di quel che può sembrare, ma in fondo posso perdonare questo punto, visto che di idee originali ne ho lette davvero pochine in giro;
2) I personaggi: stereotipati al massimo e già qui andiamo meno bene, ma in fondo è un aspetto che voglio superare;
3) Lo stile: passabile, c'è di peggio in giro;
4) Lo sviluppo della storia: qui casca l'asino. A dispetto della quarta di copertina, inutile riportarvi le solite frasi esaltanti, Stel Pavlou secondo me sbaglia a giocarsi le sue carte. Non posso rivelare troppo, altrimenti rovinerei la sorpresa a chi ha voglia di leggere quest'opera, ma l'autore pecca soprattutto nel delineare la trama, perdendosi in labirinti scientifici e smarrendo la via della narrazione. Ci sono passaggi poco chiari che ho dovuto rileggere più volte per capire qual'era effettivamente il senso e secondo me è un male. Va bene il creare intrecci, ma poi bisogna uscirne in modo logico e convincente e non buttare una soluzione campata in aria.
Alla fine quindi ribadisco la mia insufficienza. Peccato, sarà per la prossima volta.
Voto: 5
[Nanny Ranz]

Incipit
Me lo ricordo il giorno che sono morto.
I particolari mi giungono come avvolti dalla nebbia. Una foschia attraverso la quale si riescono a distinguere solo incubi. Ricordo il rumore del metallo contro il metallo, la carne insanguinata. La sete di sangue. I rivoli di sudore che scendono seguendo le vene delle mie braccia. Sporcizia e grasso animale che ungono una superficie di marmo. L'odore della carne che brucia. Come strisce di maiale rancido che crepitano e scoppiettano sopra un falò. Succhi che colano lenti. Sangue che scorre come vino. La bestia umana rende un sacrificio eccellente.