di Thierry Jonquet - pagine 145 - euro 11,80 - Einaudi
Capita che sugli scaffali delle librerie italiche compaia qualche libro così, come
spuntasse dal nulla, mentre si porta sulla groppa anche qualche decennio.
Principalmente accade per tre ordini motivi.
Lautore giunge al successo con un suo libro più recente, conferendo immediata
dignità (economica) a tutto il suo passato.
Lautore muore o si è ingraziato il grande pubblico con qualche fantasmagorico
gossip.
Lautore non fa nulla di nuovo, ma qualcun altro giunge o giungerà al successo
utilizzando il suo libro, per esempio facendone un film.
Con Tarantola, di Thierry Jonquet, si rientra proprio nella
terza categoria perché il suo romanzo è loggetto dellultima fatica
cinematografica di Pedro Almodòvar (La piel que habito).
Ecco perciò spiegato il copioso lancio sugli scaffali delle librerie, nonostante Jonquet
sia pressoché uno sconosciuto, agli occhi del grande pubblico.
Chi è, dunque, Tarantola?
Luomo chiamato Tarantola è il protagonista iniziale di questo noir, ambientato in
Francia, che comincia con la narrazione di tre vicende. Cè Richard, un famoso
chirurgo plastico che costringe la sua bellissima moglie Eva a prostituirsi; cè
Alex, un ladro maldestro che cerca di sfuggire alla polizia che ha individuato la sua
identità e cè Vincent, schiavizzato dal suo misterioso carnefice e scomparso da
ormai quattro anni. Ovviamente le storie si intersecano, e una trama gestita
discretamente, con cambi di io narrante e uno stile semplice e diretto, portano
allimprevisto finale, che seppur senza sussulti, lascia soddisfatti.
La sensazione, però, pur rimanendo di fronte a un noir dignitoso e ampiamente
sufficiente, è quella che lautore sia riuscito ad avere in mano i personaggi
giusti, la struttura ideale, ma abbia mancato di una lama affilata per affondare nella
loro caratterizzazione, vuoi fisica, vuoi soprattutto morale. Quel dare importanza alla
vicenda, senza dilungarsi (troppo) sulle vicende interiori dei personaggi lascia un senso
di imperfetto, quasi che il lettore, una volta intuita lintera storia, avesse
apprezzato di più qualche divagazione nellorrore psicologico, piuttosto che fisico.
Attenzione, quindi, a chi volesse leggere il libro dopo aver visto il film del regista
spagnolo, in quanto ci si potrebbe trovare di fronte a uno di quei rari casi in cui la
settima arte prevale su quella letteraria, ed è un auspicio, piuttosto che un timore.
Jonquet, infatti, commette lerrore di utilizzare una struttura narrativa che, per
permettere al libro di riabilitarsi nel finale, sconta una prima metà piuttosto
soporifera, anche se di rapidissima lettura. Ecco perché, il livello di gradimento
dellopera è succube della malizia e delle intenzioni di chi legge. Se cercate un
noir veloce, semplice e poco impegnato, che affonda nelle tematiche dellidentità
corporea e della sua ambiguità, Tarantola è più che adatto allo scopo. Se
però cercate un libro che tratti lo stesso tema in modo più impegnato e complesso, forse
sarà il caso di guardarsi il film, e leggere Invisible monster di Pahlaniuk,
che di Tarantola è un lontano cugino.
Voto: 6,5
[Gelostellato]
Incipit
Richard Lafargue misurava a passi lenti il viale ricoperto di ghiaia che
conduceva al piccolo stagno incastonato nel boschetto che fiancheggiava il muro di cinta
della villa. La notte era chiara, una sera di giugno, il ciclo costellato da una pioggia
di scintillii lattiginosi.
Dietro dei ciuffi di ninfee, la coppia di cigni dormiva di un sonno sereno, il collo
ripiegato sotto l'ala, la femmina, gracile, comodamente rannicchiata contro il corpo più
imponente del maschio.
Lafargue colse una rosa, ne aspirò per un istante l'odore dolciastro, quasi nauseante,
prima di tornare sui suoi passi. Oltre il viale bordato di tigli s'innalzava la casa, una
massa compatta e sgraziata, tozza. Al pianterreno il locale di servizio dove Line, la
cameriera, doveva consumare i suoi pasti. Un fascio di luce più chiaro verso la destra, e
un rombo attutito: il garage dove Roger - l'autista - era occupato a far girare il motore
della Mercedes. Infine il grande salone, le cui tende scure non lasciavano filtrare che
dei sottili raggi di luce.