Jurassic Park

di Michael Crichton - pagine 485 - prezzo 9,00 - Garzanti

Questa recensione vuole esser un omaggio a Michael Crichton, famoso e commerciale autore sci-fi della seconda metà del ‘900 scomparso in questi giorni (precisamente il 05.11.2008). Come non ricordarlo dedicando qualche riga di commento a quello che forse è il suo romanzo più famoso - anche per merito della trasposizione cinematografica firmata da Steven Spielberg - vale a dire “Jurassic Park”.

Con questo indimenticabile romanzo, Crichton porta in scena i dinosauri con una trovata davvero geniale e originale, che gli permette di rinunciare alle tradizionali macchine del tempo (come fatto, tra i tanti, da Ray Bradbury per “Sound of thunder” o Clifford Simak per “Mastodonia”), alle visioni più o meno paranormali (vedi ancora Clifford Simak in “The thing in the stone”), alle isole perdute in zone impenetrabili del pianeta, in stile “Il mondo perduto” di A.C. Doyle o ancora alle proiezioni cinematografiche (come fatto da J.R. Lansdale con “Il giorno dei dinosauri”) e ai mostri rimasti più o meno isolati dal mondo esterno e improvvisamente risvegliati da fenomeni traumatici (vedi “La sirena” di Ray Bradbury o “Abominazione atlantica” di John Brunner).
In “Jurassic Park” è l’ingegneria genetica che permette di “rispolverare” gli antichi rettili e donare loro la vita. Il miliardario Hammond, infatti, costruisce un gigantesco parco di attrazioni biologiche - in un’isola del Costa Rica - dove ricrea un ecosistema preistorico in cui si possono ammirare creature letali come il gigantesco Tyrannosaurus Rex e i famelici Velociraptor.
Chi era presente negli anni ’90, ricorderà l’incredibile successo planetario dell’opera, completata nel 1990 e giunta sul grande schermo nel 1993. “Jurassic Park” fu capace di dare linfa al tema “dinosauri”, generando un proliferare di documentari e di gadget che riportavano il cranio nero di un T-Rex stagliato su uno sfondo rosso.
Al di là del marketing, il romanzo è un autentico tuffo in un’avventura selvaggia e terrificante che Spielberg solo in parte è riuscito a trasmettere al suo pubblico.
Il lettore viene subito condotto in un vortice che spinge a divorare le pagine e che regala, oltre a uno spassoso coinvolgimento, un’evidente critica alla relazione che l’uomo è solito instaurare con la natura. Crichton, infatti, dipinge uno scenario in cui la scienza mette in mostra tutta la sua superbia, rappresentata dalla convinzione umana di poter controllare ciò che solo un Dio potrebbe amministrare. Le conseguenze di tale condotta non potranno che essere catastrofiche.
Diversi i momenti horror, nei quali troviamo protagonisti anche dinosauri che nell’opera di Spielberg non entrano in scena (vedi gli Pterodattili, qui in azione in un inseguimento mozzafiato nel mezzo di un ruscello). Presente qualche caratterizzazione piuttosto curiosa (vedi il T-Rex che si gratta la testa con le zampe posteriori) e un finale più incisivo e affascinante rispetto a quello visto al cinema.
Per i curiosi si segnala tutta una serie di scene che non sono presenti nel film, ma che saranno riutilizzate da Spielberg per “The lost world” (vedi il prologo di “Lost world” o quella col “T-Rex che bagna con la lingua degli uomini rintanati in una grotta).
In conclusione, un romanzo da non perdere per tutti coloro che hanno amato il film; anche perché troveranno una storia un po’ diversa rispetto a quella che hanno visto correre sul grande schermo.
Voto: 8,5
[Matteo Mancini]

Incipit
Negli ultimi decenni del ventesimo secolo si è verificata una febbre dell’oro scientifica di proporzioni inaudite: la furibonda e avventata corsa alla commercializzazione dell’ingegneria genetica. Questa corsa è il più sorprendente evento etico nella storia delle scienze, ed è avvenuta con una rapidità stupefacente. Per quattrocento anni, dai tempi di Galileo.