Dracula cha cha cha

di Kim Newman - pagine 314 - euro 3,90 - Urania

Italia, fine anni cinquanta. Dracula sta per sposare la principessa Asa Vajda in un palazzo a Fregene. Per l'occasione vampiri antichi e nuovi nati giungono in Italia da tutta l'Europa per assistere alle nozze. E i vecchi oppositori di Dracula, la vampira Geneviève e Charles Beauregard del club Diogene, si trovano a Roma per seguire da vicino l'evento. Nel mentre un assassino, il Boia Scarlatto, semina il panico in città ammazzando vampiri secolari, e approfittando dell'evento per colpire tutti i più antichi della stirpe di Dracula. E una canzone composta per celebrare l'evento impazza per le strade di Roma, il suo titolo è, naturalmente, "Dracula Cha Cha Cha".

Irritante. In una sola parola ecco la definizione che si addice a questo romanzo.
Se il primo volume della trilogia, "Anno Dracula" poteva essere considerato un divertissement, già il secondo, "Il barone sanguinario", richiedeva una certa dose di indulgenza da parte del lettore, al reiterarsi di situazioni e giochetti che, nella migliore delle circostanze risultano ripetitivi e nella peggiore stantii. Ma in questo terzo volume siamo di fronte all'unica cosa capace di ammazzare nel lettore ogni velleità di trovarci qualcosa di buono: l'uso massiccio di stereotipi.
Personalmente sono più che disposta a sorvolare sul fatto che all'estero pensino sul serio che gli italiani non fanno altro che cantare per strada, ma al secondo stereotipo sugli italiani che non fanno la fila, e poi al terzo con le tangenti (dice proprio così, forse Kim Newman ha letto troppa cronaca giudiziaria e confonde una mazzetta con una tangente) per passare davanti al controllo all'aeroporto comincia ad essere un pò troppo. Se poi un inglese, la cui cucina è seconda solo a quella americana in fatto di contenuto di grassi, si mette a descrivere gli adolescenti italiani in sovrappeso definendoli "vittime della cucina di mammà" allora vien voglia di abbandonare il libro.
Gli italiani, si sa sono anche dei maniaci sessuali, che fanno orge e si vantano delle loro prodezze a letto. E poi ci sono italiani che fanno l'amore coi calzini, e quelli che hanno statue della madonna sul comodino. Oppure vitelloni equipaggiati con la regolamentare catena d'oro al collo, che fischiano a tutti gli esseri femminili che passano per la strada. E, infine suore e preti dietro a ogni angolo, che tramano contro i vampiri.
Detto questo, il romanzo vero e proprio vorrebbe essere un omaggio al cinema italiano dell'epoca, con una principessa Asa Vajda, di provenienza diretta dalla "Maschera del Demonio", testimoni di omicidio che non ricordano subito particolari importanti, come in "Profondo rosso", e giù fino alla citazione da uno di quei titoli che piacciono tanto pure a Tarantino, in questo caso abbiamo "I corpi presentano tracce di violenza soprannaturale", seguito a ruota ovviamente dalla "Casa dalle finestre che piangono".
La storia è un pretesto per raccontare la Roma dei primi anni sessanta come se la immagina un inglese del terzo millennio, cioè come un grosso circo equestre, in cui un Marcello fa il giornalista e seduce le donne, Poe fa lo sceneggiatore per De Laurentis, Hamish Bond, che beve il sangue con il vermouth e un'oliva, naturalmente agitato, non mescolato, e segue Dracula col compito di raccogliere materiale sui suoi punti deboli, Malenka, un'attrice vampira e decerebrata, fa il bagno nella fontana di Trevi e la Mater Lacrimarum fa la sua comparsa. A questo punto è con molto gusto che scopriamo un errore nelle dotte citazioni: per inciso stando alla fonte originale, il Dario Argento di "Inferno", la Mater Lacrimarun è la più giovane delle tre, mentre per Newman, invece è la più antica.
Il tutto risulta tristemente noioso persino per il fan più accanito dei vampiri e delle citazioni.
Poi, come se non bastasse Dracula, che non vediamo praticamente per tutto il libro, finisce ammazzato a metà e tutto il resto sono solo vaneggiamenti post vittoriani su colpa ed espiazione.
Insomma il consiglio è risparmiare tranquillamente i soldi, che tanto di stereotipi così marcati ne vediamo già abbastanza nei film dei Vanzina.
Voto: 4
[Anna Maria Pelella]

Incipit
Annuncio di fidanzamento dal Times di Londra del 15 luglio 1959:
Asa Vajda, principessa di Moldavia, convolerà a nozze con Vlad, conte Dracula, già principe consorte di Gran Bretagna. Il conte è già stato precedentemente sposato con Elisabetta di Transilvania (1448-62), la principessa Ilona Szilagy d'Ungheria (1466-76), Marguerite Chopin di Courtempierre (1709-11), la regina Vittoria di Gran Bretagna (1886-88) e Sari Gabòr d'Ungheria e California (1948-49). La promessa sposa è lontanamente imparentata con la madre del futuro marito, principessa Cneajna Musatina di Moldavia, e appartiene alla dinastia degli Javutich. Ha vissuto a Monaco e in Finlandia dopo il forzato esilio del 1938.
La cerimonia avrà luogo presso il palazzo Otranto di Fregene, in Italia, il 31 ottobre del corrente anno.