Y

di Serge Quadruppani - pagine 255 - euro 16,00 - Marsilio

Alexandre Varga, pittoresco banchiere eroe della resistenza e delle lotte anti-colonialiste, scompare misteriosamente lasciando una lettera enigmatica al figlio Claude. Un poliziotto corrotto, dei malviventi parigini, un deputato intrallazzatore, un obeso killer dei servizi segreti italiani, mafia e hezbollah: in molti si mettono alla ricerca di Alexandre, che ha portato con sé enormi somme di denaro e una misteriosa videocassetta. E tutti a loro volta se la prendono con Claude, che deve già affrontare i suoi personali demoni - droga e devianza sessuale. Per fortuna, troverà manforte in Adèle, una bella giornalista dalle motivazioni poco chiare, e in Emile K., ex superpoliziotto (dalla seconda di copertina).

Terroristi, sbirri senza scrupoli, politici corrotti, tossici e pseudo prostitute... c'è un po' di tutto in questo romanzo del francese Serge Quadruppani, ed è proprio questo mix a rendere "Y" assai difficoltoso da leggere e poco godibile. La narrazione poi non aiuta di certo la visto che è spesso confusa e incomprensibile. Non è ben chiaro se sia un difetto di traduzione oppure di "licenze narrative" di Quadruppani. Altra nota dolente riguarda le frequenti citazioni in lingua originale: non tutti conoscono il francese e una traduzione a piè di pagina sarebbe stata gradita.
Voto: 5

Incipit
C: Quando, nella metro parigina, si lascia una linea sudata per correre verso le scale mobili, quando in fondo a una traiettoria calcolata per evitare il grosso della folla si acchiappa la prima rampa di duro caucciù, la salita irresistibile e lenta degli scalini d'acciaio striato scioglie dolcemente l'angoscia di tanti sguardi torvi e vuoti, fino al sollievo finale dell'aria libera.
Ma non a Château-Rouge. La decompressione non si verifica. Non è che l'abituale disprezzo delle cose per gli uomini qui sia più intenso che altrove. Come in qualsiasi stazione di metro parigina, i sedili sono disposti in modo da impedire ai poveri di sdraiarsi e come dappertutto i cartelli pubblicitari piegano verso l'utente la loro curva sollecitudine. A fine giornata, le pozzanghere, le macchie e le tracce non sono più numerose che altrove. Tutt'al più si può indovinare, visti i marciapiedi privi di televisione, che la linea scarichi soprattutto una categoria sociale sfavorita. Infatti, ciò che impedisce di respirare meglio quando si emerge sul marciapiede alla stazione Château-Rouge, è che, sopra o sotto, è uguale. Stessa cosa, stesso odore acido di indigenza. Stessa merda.
Insomma, in ogni caso, è così che vedo la cosa. Che percepisco questa estremità del mio piccolo mondo, questo confine nord della giungla d'asfalto dove erro, uno degli orifizi del reale dove, sei mesi fa, penetravo ogni giorno, e che mi facevo fino alla feccia a cui appartenevo.