Black flag

di Valerio Evangelisti - pagine 220 - euro 11,00 - Einaudi

Dopo “Metallo urlante”, ecco il secondo episodio della saga (vi farà seguito “Antracite”) dedicata al palero messicano. Valerio Evangelisti struttura il romanzo dividendolo in tre parti intrecciate tra loro, su piani temporali diversi. Abbiamo il passato, ambientato nel far west; il presente, caratterizzato dal prologo e dall’epilogo con fatti che si svolgono in centro America; e un futuro (3.000 d.C.) che si alterna col passato, dipingendo una Terra distrutta e preda di violenze di ogni tipo.

Il cuore del romanzo (nonché parte preponderante) è costituito dalle vicende in cui si trova coinvolto Pantera. Tradito da chi gli aveva commissionato un assassinio, il “nostro” si troverà costretto a cooperare con coloro che avrebbe dovuto uccidere, ovvero un gruppo di sanguinari sudisti. Presto, però, il messicano stringerà un accordo con un militare affetto da licantropia, con una prostituta irlandese e con un decrepito indiano, per ribellarsi al gruppo e ritornare in città per vendicarsi.
La storia parte lentamente, ma cresce alla distanza; scendendo in un vortice di violenza che sconfina nel pulp (evirazioni, espressioni politicamente scorrette e altri tocchi grotteschi).
Notevoli le pennellate oniriche, con lupi mannari che imbracciano fucili, e spiriti dal volto animale che si stagliano nel cielo notturno.
La vera forza del romanzo, però, sta nel tessuto che si cela sotto la superficie delle cose. Evangelisti non si limita a proporre un’opera di intrattenimento, ma fa ruotare tutto sul raffreddamento dei rapporti umani (rappresentato dal metallo che invade i corpi umani: il licantropo ha il ferro nelle vene, l’eroina del futuro ha parti metalliche impiantate nella sottocute) da cui si genera una violenza che si trasforma in un orrore puro (terrificanti, da questo punto di vista, la strage degli yankees e soprattutto quella che si svolge in futuro, nei nidi della Terra). Gustosi (e tipicamente sci-fi) i riferimenti alla schizofrenia di gruppo, vista come una distorsione psichica popolare determinata da contesti ambientali in cui l’unica forma di relazione è la violenza. Non mancano frecciate alla società americana e una citazione a “Blade Runner” (nella parte finale, quando si parla di androidi).
In definitiva un’opera che condensa tutti i generi di intrattenimento, miscelando western a fantascienza (ci sono androidi e si parla di viaggi lunari) e horror (licantropi e demoni) al fantasy (riti magici, con corse in strade misteriose attorniate da lupi bianchi), il tutto senza dimenticare il messaggio su cui l’autore intende far ragionare il lettore più attento.
Ottime le caratterizzazioni dei personaggi, con un pugno di soggetti l’uno più interessante dell’altro.
Lo stile scorrevole rende piacevole la lettura. Non disturba l’intreccio, caratterizzato dall’unione di tre vicende svoltesi in epoche molto diverse tra loro.
Un’opera da consigliare a chi intenda andare oltre al commerciale, senza però annoiarsi con storie pesanti e poco affascinanti. Meno maturo e più votato all’intrattenimento rispetto al successivo “Antracite”, ma comunque un bel libro.
Voto: 7,5
[Matteo Mancini]

Incipit
Ciò che era terrificante era il rombo profondo del crollo: da un lato assordava, dall’altro aveva una risonanza cupa, di borborigmo sordo e malefico. Schegge di vetri infranti, di cemento armato ridotti a detriti, di mattoni sminuzzati cadevano in una pioggia fittissima.
Dal cielo precipitavano tubi roventi cui il calore aveva conferito strane forme, rotoli imbizzarriti di cavo elettrico, lastre di cristallo affilate come ghigliottine.