di Giancarlo Ferraris - pagine 96 - euro 10,00 - Prospettiva Editrice
Avere in mano un librettino di un autore emergente pubblicato con un piccola casa editrice
prelude quasi sempre a un conflitto. Da un lato lanimo, di fronte allimpegno e
alla dedizione di chi ha contribuito al progetto, non può che essere tollerante,
dallaltro locchio del lettore non può chiudersi, o a volte irritarsi, di
fronte a qualche svista o qualche ingenuità di troppo.
Anche in questo caso, il conflitto è divampato.
Nero dentro, la raccolta di racconti brevi di Giancarlo Ferraris,
è appunto uno di questi lavori. Da un lato lascia intuire un accurato lavoro di rilettura
e correzione, volto a togliere ogni possibile refuso o errore di battitura,
dallaltro sprofonda in alcune ingenuità piuttosto tipiche dei lavori di un
emergente, come una sagra di d eufoniche in eccesso e diverse espressioni che
non hanno una propria voce, ma quella dei troppo stereotipati e televisivi modi di dire
(resta in mente soprattutto un non ironico La polizia brancola nel buio che
atterrisce ben più del serial killer di cui si narra le gesta.
Ingenuità, quindi, che portano a immaginare un autore giovane e poco smaliziato, e in
qualche modo lo giustificano, ma che non fanno altrettanto con la Prospettiva Editrice che
forse, a fronte di unesperienza quasi decennali e dei numerosi e interessanti
progetti che propone, qualche consiglio in più in fase di editing poteva elargirlo.
Ci si riferisce soprattutto, aldilà degli aspetti visivi e grafici, che sono sobri e
gradevoli, al contenuto dei racconti, che presta spesso il fianco alla banalità e alla
dipendenza dai lavori classici dellhorror (il Dracula stokeriano, Poe, le pellicole
licantropiche...).
Per fare qualche esempio, in un racconto che si intitola Una donna chiamata M
sarebbe bene che M stesse per qualunque cosa, eccetto che per Morte,
soprattutto se poi si va a disegnare la classica figura affascinante, femminile e
misteriosa della mietitrice. Lo stesso dicasi di brani come Plenilunio e
Carnevale o Un taxi nella notte che dicono già troppo delle 3-4 pagine
che seguono.
Altre cadute purtroppo, penalizzano anche dei racconti che potevano essere
meglio gestiti con una maggiore attenzione ai toni e alla verosimiglianza dei fatti.
Così, come poteva essere interessante lo spirito guardiano del cimitero che mostra la
verità della gente sepolta su un ectoplasmico schermo proiettato sulla lapide, esso
diventa esilarante quando mostra, per esempio, un avvocato corrompere i giudici di
una corte, falsificare documenti legali, trafficare in droga, vendere armi ai paesi poveri
sempre in guerra tra loro, tradire la propria moglie, picchiare i propri figli.
Frasi forse riuscite se vi fosse stato un tono sarcastico, ma non in un racconto horror.
Venendo a una descrizione generale dei 15 racconti, va sottolineato il piacevole intento
di cercare di coprire i principali archetipi del genere (il vampiro, il licantropo, lo
spettro, il ritornante, la morte, la casa stregata, il doppelgänger, ecc.), che però
rimane a metà del guado, non riuscendo a fornire una versione personale o
originale dei fatti, che fin dalle prime righe appaiono diretti verso una inevitabile
citazione dei classici.
Il giudizio finale, quindi, non può che mediare tra il palese impegno e le buone
intenzioni e, a tratti, irritanti e ingenue banalità, da perdonare un po a un
autore alle prime armi, e un po meno alla casa editrice, verso la quale però, è
dobbligo una visita al sito, piuttosto ricco di progetti e buone idee.
Voto: 5,5
[Gelostellato]
Incipit (dal racconto Un taxi nella notte)
È mezzanotte. Sono appena rientrato in città con l'ultimo treno a disposizione.
Sono stanco, ma prima di tornare a casa devo incontrarmi con il Dottore, il consulente che
mi sta aiutando nei miei affari. Che sensazione vedere di notte un posto come la Stazione
Ferroviaria! Di giorno essa è un pullulare di gente frenetica e indifferente, di notte un
luogo di tristezza e di disperazione, con il suo popolo di zombie urbani: barboni,
puttane, drogati, travestiti... È strano, pensandoci bene, che una persona, così per
bene e così brava nel suo lavoro come il Dottore, mi abbia dato appuntamento proprio qui,
alla Stazione.
L'incontro con il Dottore è finito. Adesso devo trovare un taxi per tornare a casa. Ce
n'è uno fermo al parcheggio. È veramente una bruttissima vettura, sporca, ammaccata,
arrugginita e per di più tutta nera. Ma non me ne importa nulla. Voglio solo tornare a
casa. Mi avvicino al taxi stancamente. Non faccio in tempo a dire una parola che
l'autista, senza nemmeno uscire dall'abitacolo, mi apre dall'interno le porte poste in
corrispondenza del sedile posteriore. Sono appena salito che si scatena un temporale di
una violenza inaudita. È strano. Fino a pochi attimi prima il cielo era sereno, con la
luna e le stelle.
"Via Poe. 17" dico al tassista.
La vettura sgomma sull'asfalto diventato rapidamente fradicio. Dopo mezzo minuto trasalgo:
non riesco a capire dove il tassista mi stia portando.
È una parte della città- penso con apprensione - che non ho mai attraversato per
tornare a casa, che non ho mai visto.