Hannibal

di Thomas Harris - pagine 434 - euro 8,80 - Mondadori

Il più famoso serial killer della narrativa moderna, nonché della cinematografia hollywoodiana, torna in azione in quella che, per ora, resta la sua ultima apparizione (escludendo il prequel “Le origini del male”). Dopo l’evasione con cui terminava “Il silenzio degli innocenti”, ritroviamo il terribile e acuto “Hannibal the Cannibal” in Toscana, impegnato nella prestigiosa carica di curatore di Palazzo Capponi. A farci compagnia, ci sono anche altre “vecchie conoscenze” come l’instancabile Clarice Starling e il suo superiore Jack Crawford, impegnati alla caccia del killer, a cui si aggiungono un gruppo di pastori sardi e un alto funzionario del F.B.I. assoldati dall’unico superstite del “mostro” (il menomato Mason Verger) con lo scopo di catturarlo e darlo in pasto ai maiali.

Per sfuggire dalle grinfie dei nemici, che organizzano una trappola per rapirlo, Hannibal farà ritorno negli Stati Uniti dove potrà rivedere, dopo sette lunghi anni, la sua cara Clarice.
Siamo alle prese con un romanzo fiume che gode di alcune e improvvise fiammate e di troppe cadute di ritmo. Cerchiamo di procedere con ordine, partendo dagli aspetti negativi. In prima battuta, si deve segnalare l’eccessiva caratterizzazione dei personaggi. Harris, infatti, pare ossessionato dal voler raccontare al lettore tutto e di più per ogni personaggio chiamato a ricoprire un ruolo nella vicenda (compresi quelli secondari). Vengono così aperte lunghe parentesi che non hanno alcuna importanza ai fini della storia (vedi tutti i riferimenti sul “Mostro di Firenze”, peraltro fastidiosi visto che l’autore si avventura dove avrebbe fatto bene a non spingersi: giunge a definire Pacciani - chiamato col nome di Tocca - “un povero cristo”) e che pertanto sortiscono l’effetto di appesantire la lettura. Devo dire, inoltre, che ho trovato molte “frecciate” agli italiani gratuite e fuori luogo (tipo: “gli italiani non hanno abili musicisti”, oppure “a Firenze le siringhe dei drogati si trovano ovunque” o ancora una frase in cui si suggerisce che i fiorentini tollerino la presenza dei pipistrelli all’interno delle proprie abitazioni).
A parte quanto sopra, non si può non riscontrare una certa prolissità. Vi sono, infatti, molte “scene” superflue (seppure talune affascinanti): a titolo di esempio quelle che vedono Hannibal impegnato nell’acquisto di armi da caccia, con il successivo ritrovamento del cadavere di un cacciatore sadico.
Inoltre, mi ha lasciato un bel po’ perplesso il finale (che non svelo per ovvie ragioni), il quale seppur coraggiosissimo (non posso non segnalare questo passaggio per stimolare la memoria di chi ha letto il libro: “Clarice Starling infilò la mano a coppa nella profonda scollatura dell’abito e liberò un seno... A questo non dovrà rinunciare”) svaluta il personaggio di Starling e un po’ anche quello di Lecter.
Passando agli aspetti positivi, emergono i sempre incisivi monologhi del Dr. Lecter, ma anche tutta la parte ambientata a Firenze con un assassinio molto scenografico (il riferimento va alla impiccagione di Pazzi). Buone anche le descrizioni dei feroci maiali (esaltati dalle grida degli altoparlanti) e della cena con Krendler. Particolarmente carina, poi, è la trovata del palazzo della memoria. Tra i capitoli più tesi (tra l’altro irrilevante), citerei il ritorno di Starling nei sotterranei in cui vi era stato il primo incontro con Lecter.
Spendo due righe anche per lo stile narrativo, per dire che si tratta di un taglio commerciale, il quale non delizia la lettura con descrizioni visionarie.
Tengo, infine, a sottolineare come - per una volta - l’opera cinematografica sia superiore a quella dalla quale è stata tratta. Il lavoro di Ridley Scott e dello sceneggiatore Steven Zaillian è stato, a dir poco, magistrale. I due, infatti, hanno eliminato tutti i tempi morti, riducendo il numero dei personaggi coinvolti e dei relativi intrighi (vedi quello ordito dalla sorella di Verger). Ritengo poi migliore anche l’epilogo scelto per il film, il quale si diversifica totalmente da quello del libro (unica differenza sostanziale tra le due opere). Peraltro, piccola curiosità, nel lavoro di Scott era stato effettuato un curioso collegamento tra il Mostro di Firenze e Hannibal Lecter in modo da giustificare l’inserimento di tale aspetto. Alla fine, però si è scelto di tagliare tutte le scene in questione (le trovate nel doppio DVD) in quanto ritenute (a ragione) superflue. Nel complesso appena sufficiente.
Voto: 6-
[Matteo Mancini]

Incipit
La mustang di Clarice Starling infilò rombando la rampa d’ingresso del Bureau of Alcohol Tobacco and Firearms in Massachusetts Aveneu. In ossequio alle leggi dell’economia, il Bureau aveva preso in affitto la sede del reverendo Sun Myung Moon.
La forza di pronto intervento aspettava a bordo di tre veicoli: in testa un ammaccato furgone con targa civile e, dietro, due furgoni neri dello Swat carichi di uomini e con i motori al minimo nel grande garage buio.