di Stephen King - pagine 741 - euro 19,90 - Sperling & Kupfer
Edgar Freemantle sopravvive ad uno spaventoso incidente, ma la sua vita non sarà mai più la stessa. Non tanto per i danni riportati, quanto per le conseguenze che l'incidente ha avuto sulla sua visione del mondo e sui suoi rapporti con gli altri. Ritiratosi a vivere a Duma Key inizia a disegnare la vista del golfo su cui la sua casa si affaccia e, nel frattempo conosce i suoi vicini. Ben presto gli sarà chiaro che anche se nell'incidente ha perso qualcosa, il soggiorno a Duma gli aprirà le porte di un nuovo talento. Ma non sarà un regalo.
Duma Key non è solo un luogo. Trovandoci in una storia di Stephen King,
Duma Key è innanzitutto una porta. La vetrata che si apre sul golfo del Messico in
realtà ci mostra anche "altro". Un nave, ad esempio. O i suoi strani
passeggeri, chissà.
Eddie si scopre pittore e nello stesso tempo gli appare chiaro che la sua nuova dote non
è soltanto quella di saper disegnare bene. Le sue scoperte capacità lo portano in
contatto con il passato della casa, e della sua strana vicina. E quello che emergerà alla
fine, come il lettore di King ormai sa bene, non sarà affatto piacevole. Ma quello che
sarà evidente sin da subito, è che la presenza di Eddie sulla penisola farà da
catalizzatore di cose che sarebbero dovute restare sepolte per sempre.
Leggermente ispirato ad un vecchio racconto dello stesso King, "Il virus della strada
va a nord", questo "Duma Key" rende avvincente un tema non originalissimo,
quello del talento per la pittura che nasconde altro. Già Palahniuk lo aveva esplorato
nel suo "Diary", ma qui King sfrutta a dovere l'idea di base e, con la consueta
maestria accompagna il lettore in una riflessione amara circa il destino ultimo di
ciascuno.
La storia prende le mosse dall'ormai arcinoto incidente in cui King stesso anni fa
riportò seri danni fisici, e con il talento che ha reso famoso il suo lavoro in tutto il
mondo egli ne fa la base per le sue personali divagazioni sull'orrore. Appare subito
chiaro al lettore che King ha un modo tutto suo di elaborare i ricordi dolorosi: li
mastica fino a renderli materia per il suo lavoro e solo allora, forse, se ne libera. Il
lento emergere di Eddie nel letto dell'ospedale dove sorprendentemente si è risvegliato
da un incidente che lo avrebbe dovuto uccidere, è la parte più avvincente. Senza neanche
un'ombra del soprannaturale che prenderà possesso in seguito della storia, questa parte
ci porta ad attraversare tutto l'orrore che deve aver significato per King la sua lunga
convalescenza. Eddie si sveglia arrabbiato, talmente furioso da prendere per il collo sua
moglie, che a questo punto si affretta a divenire ex. Su consiglio del suo terapeuta Eddie
si trasferisce sulla costa, e là si dedica ad una sua vecchia passione, il disegno. Il
panorama sembra ispirare il suo lavoro e quando arriverà a dipingere quadri che
addirittura meriteranno una mostra, il lettore ha già abbondantemente capito che la
storia ha preso una piega inquietante.
L'intero racconto è sottolineato dal ritmico frangersi delle onde sotto la vetrata della
casa, e tutto quello che Eddie disegnerà avrà un suo significato. Dapprima saranno solo
cose che non potrebbe conoscere, e poi cose che sarebbe meglio non accadessero. King usa
tutto il suo talento per avvincere il lettore, e la prima parte, lenta e descrittiva
rimane la migliore, dal momento che viaggiare in alcuni casi è assai più interessante
dell'approdo stesso. Anche se in questo caso l'epilogo del lungo viaggio non è che una
conclusione come un'altra tesa a sottolineare, semmai ce ne fosse bisogno, il fatto che
King è cresciuto davvero. I suoi ultimi lavori hanno qualcosa in più rispetto ai
precedenti, sono maturi. Come già in "La storia di Lisey" King privilegia il
racconto in sè, e le trovate linguistiche, come anche i contenuti personali, hanno la
meglio sulla trama tout court.
L'orrore che permeava i suoi precedenti lavori, ultimamente è divenuto più sottile, ma
non per questo meno terribile. Se dapprima un libro di King poteva esser agevolmente
definito sanguinolento, adesso quello che contraddistingue i suoi romanzi è il continuo
strisciare alle spalle del lettore di orrori tanto più sottili perchè molto più
quotidiani. E se la parte meno avvincente è proprio il finale, deve essere perchè tutto
il fascino sta nel seguire il dipanarsi di una storia che alla fine non è che un pretesto
per l'espressione del vero talento che è dietro ogni grande scrittore, quello per la
narrazione.
Voto: 6
[Anna Maria Pelella]
Incipit
Mi chiamo Edgar Freemantle. Sono stato un nome grosso nel settore edilizio, mi
assegnavano appalti importanti. Questo avveniva nel Minnesota, nella mia altra vita. Ho
imparato questa cosa della mia altra vita da Wireman, ma prima c'è il Minnesota.
Devo dirlo: lassù sono stato un vero eroe del sogno americano. Ho dato la scalata alla
ditta dove avevo cominciato e, quando sono rimasto senza altri gradini da salire, me ne
sono andato e ho avviato un'attività mia. Il grande capo mi rise in faccia, disse che mi
sarei trovato al verde in meno di un anno. Credo che sia quello che dicono quasi tutti i
grandi capi quando uno dei loro giovani rampanti li pianta per mettersi in proprio.