Labbra di sangue

di Alda Teodorani - pagine 204 - euro 8,00 - Larcher

Di donne che scrivono noir e horror, in Italia, non ce n’è parecchie, e a parte il fenomeno Palazzolo, uno dei nomi più pronunciati nel settore, è quella di Alda Teodorani. Questo libro, in questa versione del fu Larcher editore, ma disponibile anche in altre versioni, non è certo una delle sue opere maggiormente conosciute e riuscite, ma lascia un’idea delle potenzialità dell’autrice.

Ci sono delle luci e ci sono delle ombre, che alla fine, come si direbbe ai bei tempi della scuola, riescono a strappare una sufficienza stiracchiata.
La prefazione di Carlo Prezzemolo Lucarelli sottolinea, e a ragione, una delle note positive di maggior impatto: l’assenza totale di fronzoli, di frasi inutili, di orpelli letterari puramente ornamentali. Caratteristica che rende il libro velocissimo, fatto che rimane sicuramente il suo maggior pregio.
La storia è una banale vicenda di omicidi. Un serial killer sconosciuto, ma abbastanza sospettabile, una serie interminabile di delitti crudi e secchi. Una narrazione a singhiozzo, con capitoli brevissimi che si bruciano in poche pagine e che spingono a leggere il successivo. Scrittura semplice semplice. Magrissima. Non una descrizione che si spinga oltre le cinque righe.
Ma se questo è il miglior pregio, a ben vedere ne pregiudica anche la profondità di lettura: la scia di pensiero che il libro lascia è leggera e dura per poco.
Al fine rimane la sensazione che Alda Teodorani possa e sappia già fare molto meglio. I momenti in cui si dilunga un po' nel descrivere i personaggi (che poi moriranno inevitabilmente a fine del capitoletto) sono i momenti maggiormente riusciti. Di tutti i delitti, sono soprattutto due quelli che restano impressi, non a caso quelli dove l'autrice si era dilettata nel tracciare un profilo psicologico delle vittime (due stupratori di cui uno handicappato e due giornalisti antagonisti e amanti). Questo la dice lunga sulle sue potenzialità nel poter rappresentare al meglio il lato nero del quotidiano o, come dice Lucarelli, la sua “inquietudine”.
Per il resto il libro è puro noir. Nessuna concessione al fantastico e una voluta scarsa attenzione alla verosimiglianza dei fatti (dopo qualche decina di omicidi di coppiette in zona Roma con lo stesso modus operandi anche il corpo di polizia più incompetente riuscirebbe ad individuare il killer, se non altro, per un colpo di fortuna) che credo voglia far puntare l'occhio non tanto sui delitti, quanto sulla psicologia di chi li compie.
La vicenda però non morde. I delitti che si susseguono, per quanto neri e crudi, non riescono a coinvolgere. La mancanza dell’effetto “giallo”, dovuta a una (spero cosciente) intenzione di lasciar intuire abbastanza precocemente il colpevole, toglie al libro quella sorpresa che, infatti non c’è, lasciando, alla fine, un leggero retrogusto di “già visto” e “già sentito”.
Insomma, se l’autrice è indubbiamente encomiabile, non si può dire lo stesso di questo lavoro, che pur essendo coerente e curato nei contenuti, manca di quel minimo di originalità che gli avrebbe permesso di distinguersi da altre storie troppo simili.
Voto: 6-
[Gelostellato]

Incipit
S'era svegliata urlando. Era tutta sudata, e diceva: aiutami, ti prego, amore mio», per questo l'ha presa tra le braccia e ha iniziato a cullarla, come fosse una ambina.
Lei si è subito acquietata, e, nel buio, a mormorare: «Che bello che ci sei tu, a consolarmi sempre».
Guido ha sentito come se qualcosa si sciogliesse, dentro di lui. Gli è tornata alla mente una ninnananna che sua madre gli cantava quand'era bambino, prima di dormire.
Ha iniziato, lentamente, a cantarla. Ed è proprio adesso, che la porta si apre piano, con un lieve cigolio. La figura del bimbo in pigiama si è stagliata sulla soglia, è stato un attimo, al punto che era sembrato quasi un fantasma, poi se n'è andato, richiudendo la porta.
Era bastato quell'attimo, a Guido, per smettere di cantare, ma lei s'era già addormentata.
Le ha portato la colazione a letto, perché, appena sveglia, aveva detto di non sentirsi bene. Ha fatto brevemente i lavori di casa, occupandosi anche di mandare il bambino a scuola, e controllando che abbia qualche soldo, quel tanto che gli basterà per comprarsi una merenda.
Povero piccolo. Sempre così triste.