Sulfureo. Racconti in giallo e nero

di Gaia Conventi, Stefano Borghi - pagine 75 - euro 9.00 - EdiGio’

Il sottobosco della letteratura di noir e dintorni è indubbiamente ricco di piccoli libri di autori esordienti. Di solito sono antologie e tendono a una disorganicità di fondo, sia qualitativa, sia di contenuti. Queste due tipiche pecche (per carità, ampiamente giustificabili) della piccola editoria, sono state evitate in Sulfureo, una serie di racconti in giallo e nero scritti a quattro mani da due giovani autori, la ferrarese Gaia Conventi e il milanese Stefano Borghi, già conosciuti nel web per alcuni e-book. I racconti, tutti brevissimi (75 pagine, 16 racconti) hanno il pregio di poter essere letti in un sorso, tant’è che il libro lo si legge in un paio d’ore o poco più. Ovviamente, come si conviene a una antologia di esordienti, ci sono anche alcune note non sempre positive da segnalare, legate per lo più allo stile acerbo e ai contenuti dei racconti, che sono, direi comprensibilmente, in via di sviluppo.

Scorrendo uno a uno pregi e difetti, da rimarcare innanzitutto che, se da un lato la scrittura degli autori è sempre asciutta e incisiva, adeguata perciò alla breve distanza, dall’altro ci sono alcune debolezze formali come “la sagra delle “d” eufoniche, o alcune frasi o scelte lessicali, che portano gli echi di espressioni “fatte” e impersonali. Espressioni, queste ultime, che possono far sorridere o storcere il naso al lettore più smaliziato, ma sono in ogni caso una “tara” perdonabile in un autore esordiente e che un lettore “rilassato” non nota nemmeno.
Riguardo ai racconti, da segnalare un aspetto molto positivo che riguarda la scelta delle ambientazioni, quasi tutte italiane, e quasi tutte rivolte a sondare, come ormai si pretende dalla letteratura noir, il tessuto sociale attuale. Se spesso, infatti, è fastidioso trovarsi davanti a una serie di vicende vissute dagli onnipresenti John, Jack e Mary, qui il problema non si pone mai, perché c’è sempre una scelta chiara e precisa del dove si svolgono i fatti.
Per contro, altro fatto perdonabile, ma da segnalare, è la volontà quasi onnipresente, di voler stupire con un finale a sorpresa. Intento che può essere apprezzabile le prime volte, ma in un noir-giallo dove i personaggi sono due o tre, sapendo che ci sarà la sorpresa, e facendo pensare che il colpevole è uno, è quasi immediato aspettarsi la soluzione opposta, che puntualmente si verifica e non sorprende più.
Ultimo fatto, doveroso, riguarda l’insieme dei racconti e dei loro contenuti: nonostante si professi un’antologia di racconti in giallo e nero, non sono gli unici generi letterari toccati, perché, e questo non è assolutamente un male, compaiono degli sprazzi di horror e di fantastico, anche se forse sono tra i meno originali.
Nota negativa, ahimè, il costo, che purtroppo, considerata la quantità di pagine e il loro contenuto quantitativo, non è molto giustificabile.
Voto 6
[Gelostellato]

Incipit (dal racconto “Amare”)
"Ecco nonna, bevi... piano, così...".
Marta con una mano sorreggeva la testa canuta della nonna e con l'altra accompagnava la tazzina verso le sue labbra, per consentirle di sorseggiare un po' di tè.
Il semplice gesto sembrò costare uno sforzo immane all'anziana donna, che si lasciò ricadere sul guanciale con un sospiro profondo.
"Grazie Marta, se non ci fossi tu...".
Marta rivolse alla nonna un debole sorriso e le rimboccò le coperte senza dire nulla. Le fragili ossa ed il colore cereo rendevano sua nonna simile ad una statuina di cera. Soltanto il guizzo degli occhi, ancora vigili nonostante l'età, le ricordavano quanto sua nonna fosse stata dura ed implacabile fino a quando la salute glielo aveva permesso. Una vita fatta di sacrifici, imposti a se stessa e alla nipote che aveva allevato. Mai un momento di debolezza.. Aveva fatto studiare Marta coi pochi soldi della pensione e ora Marta non poteva non ricambiare l'affetto e la dedizione che la nonna le aveva sempre dimostrato.
"Se non ci fossi tu...".
Quella frase l'aveva ripetuta a se stessa milioni di volte, pensando alla nonna ormai da tempo malata e condannata all'infermità. Si stava spegnendo come una candela, ma il fatidico soffio di vento tardava ad arrivare.