V.M. 18

di Isabella Santacroce - pagine 491 - euro 17,50 - Fazi Editore

Da qualche tempo, avevo sentito parlare di questa autrice, più per la sua fama di persona "fulminata e fuori di testa" che per i suoi lavori. Diciamocela tutta, la conoscevo solo di fama perchè della Santacroce non avevo mai letto niente di niente. Così, quando è uscito V.M. 18, ho deciso di colmare la lacuna, anche perchè la sinossi del romanzo mi sembrava intrigante.

E se è vero che anche un buon lavoro grafico invoglia il potenziale acquirente a orientarsi su un libro piuttosto che su un altro, devo dire che quelli della Fazi Editore hanno fatto centro (la cover di V.M. 18 è davvero figosa, dai). Ho comprato quindi il romanzo poco prima di Natale, con la chiara intenzione di immergermi in un po' di sana violenza per contrastare la melassa dei giorni natalizi, e devo dire di non essere rimasto per niente deluso. Anzi, il mio Es ha svalvolato di brutto, perchè V.M. 18 è uno di quei romanzi che lasciano il segno, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
La quattordicenne Desdemona, rampolla di buona famiglia, viene mandata per un anno al Collegio delle Fanciulle. Desdemona, ragazzina terribile, astuta e libertina, trova nelle compagne di stanza (poi ribattezzata Stanza Furente) Cassandra e Animone le discepole ideali per portare scompiglio all'interno del Collegio. Le tre spietate Ninfette, dopo aver elaborato il diabolico Manifesto che guiderà le loro azioni, si dedicheranno al sesso più disinibito, a efferatezze di ogni tipo e all'omicidio, tessendo le loro trame con l'inganno, con la pazienza e la tenacia di chi a tutti i costi vuole perpetrare il Male, anelandolo attraverso un feroce quanto estremo estetismo (e aiutate in ciò dall'assunzione costante di droghe come il Cocktail Reietto e l'Acido Viperinico Liquido). Vittime delle tre ragazze saranno sia le educande che l'insegnante Giocasta e suo marito, la direttrice Andromaca e le educatrici Polissena e Pelopia. Nemmeno i giovani Creonte e Minosse, compagni di orge delle Ninfette, si salveranno dalla crescente spirale di violenza che sconvolgerà il Collegio delle Fanciulle.
Questa la trama, forse scontata ma fino a un certo punto, che è sorretta da uno stile direi quasi barocco, elegante, volutamente ridondante e ricercato. Nonostante ciò, la narrazione della Santacroce è fluida, non annoia mai e sorprende per l'armonia che pervade tutta l'opera. Attraverso i pensieri di Desdemona, l'autrice trascina il lettore, poco a poco, in un vortice di lascivia, violenza, egotismo. L'edonismo iniziale man mano si espande verso altri e più ampi lidi filosofici, in cui l'adorazione di Dio è perseguita attraverso il Male più puro (con tutti i suoi attributi). L'Onnipotente, essendo privo di libero arbitrio, il Male non può esercitarlo, a differenza dell'uomo. E ripudiare il Male è come ripudiare Dio, nella concezione di Desdemona.
Le descrizioni che offre la Santacroce sono vivide e accurate, la caratterizzazione dei vari personaggi è molto buona e sfaccettata, e non ci sono passaggi a vuoto in un libro che consta comunque di quasi 500 pagine. In poche parole, un romanzo coinvolgente, che cattura sin dalla prima pagina e che alla fine fa esclamare "cazzarola, che bello!". Consigliatissimo.
Voto: 8,5
[Gabriele Lattanzio]

Incipit
Già in tenera età mi dilettavo a deliziarmi, praticando con dovizia eleganti autoerotismi. Nei tediosi pomeriggi usavo titillarmi la fichetta, traendone un tale godimento da ringraziare il corpo per l’esaltazione che compiva sui miei sensi. Era gesto verso l’infinito la ricerca dell’orgasmo: nella prodigiosa inconsapevolezza dell’infanzia, io bramavo raggiungere l’immenso. Esisteva in me questo distacco dalla vita e dai suoi partecipanti, per entrambi nutrivo una pacata indifferenza, appena scossa da qualche accenno di disgusto. Sedevo composta sul bordo del letto con indosso una graziosa vestaglietta da notte, la prima volta che il sensuale piacere mi colse: avevo da poco compiuto sei anni, quando allargando le cosce iniziai a masturbarmi, scostando la seta arricciata di quel soffice e sfarzoso abituccio. (La mia genitrice adorava abbigliarmi da bambola, scegliendo indumenti ricchi di fiocchi, i quali conferivano al mio aspetto d’infante, una peccaminosa e attraente malizia).