di Mauro Fresia - pagine 96 - euro 9,90 - Lulu
Anonimo è una raccolta di dieci racconti, sospesi tra l'horror, il thriller ed il grottesco. Il titolo è dovuto, come afferma lo stesso autore nella prefazione, alla volontà di lasciare campo libero alla fantasia del lettore di immaginare i personaggi come meglio crede. In nessun racconto infatti è citato un nome di persona e nessun personaggio ha caratteristiche delineate. A farla da padrone è la storia e la psiche di ognuno di loro, il modo in cui si rapportano alla vita. Una scelta interessante e per certi versi una scommessa vinta.
Anonimo infatti è un'opera da leggere. Prima di tutto perché l'autore è l'ennesimo
scrittore italiano che cerca di farsi largo in un mondo difficile come quello
dell'editoria italiana. In questo caso il metodo utilizzato è quello di rivolgersi a
Lulu, una delle novità più interessanti che internet offre. Ma vediamo alla raccolta.
Dieci racconti che si leggono in un battito d'ali. Mauro Fresia sa quello che
vuole, sa dove vuole arrivare e sa i mezzi che intende utilizzare per raggiungere lo
scopo. Lo stile è fluido, senza intoppi, di conseguenza la lettura è piacevole e questo
è un bel punto a favore. Dove secondo me l'autore zoppica un po', è nel pathos
trasmesso. Molte differenze, molti alti e bassi fra una storia e l'altra, un errore che
commettono moltissimi scrittori alle prime armi.
Dieci racconti: alcuni, come La cura e La confessione, piccoli gioielli di
malvagità pura; altri, come Brividi o L'ultimo conquistatore, scivolano in
maniera anonima, se mi consentite di prendere in prestito il titolo tanto caro
all'autore, compitini ben fatti, ma nulla di più. Pecche di gioventù che comunque non
inficiano la bontà del lavoro, ampiamente sufficiente. La speranza è che Fresia non si
fermi qui, perché è solo scrivendo che si migliora. Scrivere, scrivere e scrivere. È la
via obbligatoria da percorrere. Da qui non si fugge.
Voto: 6,5
[Nanny Ranz]
Incipit (dal racconto "In trappola")
Era parecchio tempo che fuggiva. Nella foresta regnavano le tenebre e la fitta nebbia
autunnale avvolgeva il paesaggio con un alone di mistero. I rami nerboruti e bassi gli
ostruivano il passaggio e gli aculei dei rovi gli si conficcavano nei vestiti,
lacerandogli la pelle e le carni. Correva senza fermarsi. Il sangue colava sul suo viso
con flusso costante, negandogli la possibilità di vedere dinnanzi a sé e di respirare.
Sentiva il sudore impastarsi con i vestiti che, aderenti al corpo, gli impedivano di
correre velocemente. Le gambe gli facevano male ma non poteva fermarsi perché sapeva che
quell'essere gli era alle spalle.
Ad un tratto ripensò a quello che gli era successo, quando era entrato in quella casa,
del buio che la invadeva, del freddo che vi aveva sentito. Gli ritornò in mente il
cigolio sommesso della porta; risentì quel respiro affannoso, rivide quegli occhi lucenti
nel buio della stanza. Ebbe i brividi ripensando a quella mano gelida che gli aveva
stretto il braccio e che poi era salita su, verso la spalla, fino ad arrivare al collo.
Inorridì al pensiero del dolore che aveva provato quando i denti di quell'essere gli si
erano conficcati nel cranio, quando la vista gli si era offuscata ed il primo getto di
sangue aveva iniziato a sgorgare. Ripensò, infine, al pugno che aveva sferrato nello
stomaco dell'aggressore, alla mano che vi era penetrata con facilità e che gli aveva
permesso di divincolarsi dalla presa e di fuggire nel bosco.