Melodia

di Daniele Bonfanti - pagine 250 - euro 11,50 - Edizioni XII

Daniele Bonfanti è per me un amico.
Si dà il caso che sia anche il mio editore, ma è soprattutto un amico.
Se pensate che questi particolari abbiano offuscato la mia lettura, non mi conoscete.
Ogni giudizio è comunque sempre soggettivo, ho preferito sottolineare il rapporto che intercorre tra di noi, per permettervi di malignare.
Ma veniamo a Melodia, e allo spazio che merita.
Com’era prevedibile, rispetto all’Eterno Sogno (suo romanzo d’esordio, scritto in età giovanile) la scrittura di Daniele ha fatto passi da gigante, raggiungendo livelli di solidità e fluidità invidiabili.

È proprio ‘fluidità’ la parola chiave di questo libro. Le pagine scorrono che è un piacere, senza alcun tentennamento, nessuna pausa o macchia. Non è un caso che Daniele tenga corsi di scrittura creativa: qui ci sono arte e mestiere, sudore e ispirazione.
Non si vorrebbe mai staccare gli occhi dal foglio tanto le parole di Daniele diventano melodia mentre le si legge. Conoscevo la scrittura di Bonfanti da tempo, ma non posso negare di essermi trovato di fronte a un libro che ha superato le mie attese.
I tempi e la struttura sono costruiti con precisione e metodo, niente è lasciato al caso, quasi seguisse una partitura che conosce a memoria. Ci sono cornici narrative che si dispiegano e poi si svelano, in un incastro fluido (ancora una volta) e voluto.
Ci sono Venezia, Praga, Mont Saint Michel - luoghi che conosco sin troppo bene, e nei quali in questa esistenza ho lasciato parte di me - che sono descritti in maniera vivida e precisa; luoghi ai quali Daniele è riuscito a rubare l’atmosfera e l’anima.
Ci sono gli elementi che da sempre si rincorrono nelle fissazioni di Daniele: la mitologia sumera, la musica, i gatti (ovviamente!)... e che per una serie di coincidenze corrispondono a gran parte delle mie ossessioni.
C’è una trama solida e articolata, mai confusa.
Ci sono microcosmi e macrocosmi.
Ci sono personaggi caratterizzati dai loro gesti e dai loro dubbi, umani e non.
Ci sono complotti e fazioni, enigmi e soluzioni.
C’è tutto questo e molto altro, che non vi svelerò.
Ho cercato - come in ogni opera, anche la migliore - di trovare il lato che meno mi convinceva. Dopo due letture e diversi giorni di riflessione, continuo a non essere ancora del tutto convinto dalla conclusione del romanzo.
Certo, la gestione dei tempi anche in questo caso è controllata, il finale non è affrettato; la storia si conclude e non rimangono buchi... però, rispetto al resto del libro ci sono un paio di scelte che non mi soddisfano del tutto e mi lasciano un po’ di amaro in bocca.
Di sicuro è un finale che ha bisogno di giorni per essere metabolizzato... forse solo il tempo potrà convincermi... o forse no.
Concludo dicendo che, se il Nostro si chiamasse Daniel Goodfellow, fareste tutti la fila per comprare questo romanzo, e Mondadori, RCS e Feltrinelli farebbero a gara per contenderselo.
E se ancora non mi credete, leggetevi la postfazione di Danilo Arona.
Voto: s.v.
[Ian Delacroix]

Incipit
Chiamerò la persona che mi ha raccontato questa storia, perché io la scrivessi, semplicemente il mio ospite.
La sua visita giunse una sera, inattesa, senza preavviso. La sera di un giorno come altri. È piuttosto insolito ricevere visite di sconosciuti quando si abita nel bosco.
«Mi hanno detto che lei è uno scrittore.»
Il suo volto sulla soglia rimaneva nascosto tra le ombre. Il tono della sua voce era gentile.
Annuii, alzai le spalle e risposi: «Così dicono.»
Il mio ospite annuì a sua volta. Soddisfatto.
«Dunque, le interesserà ascoltare una storia insolita.»
Mi interessava.
Mi scostai a lato della soglia e con un gesto della mano lo invitai a entrare.
Abbassò la testa in segno di ringraziamento e mi precedette in casa.