Il cerchio delle fate

di Antonella Dello Stritto - pagine 94 - euro 9,00 - Edizioni Bastogi

Il cerchio delle fate” è un libro che già dal titolo e dalla copertina lascia intuire molto.
Cinque racconti neogotici, si dice subito, e sia come stile, sia come ambientazione, l’affermazione è azzeccata.
Cercare di definire cosa si intenda per “neogotico” è indubbiamente cosa fuggevole, per questo si fa molto prima a dire com’è, questo gradevole librettino.
Si può riassumere le sue caratteristiche in quanto segue. I colori scuri, ma quasi mai scurissimi; non si giunge mai all’angoscia più cupa e nera, ma si lascia sempre spazio a qualche descrizione o qualche leggerezza nei toni.

Il registro è sempre molto “elevato” e il lessico tende all’ampolloso, ma non a sproposito; i periodi sono quasi sempre lunghi e a tratti forse troppo complessi, ma è più uno stile, che un peccato.
Vi è l’utilizzo imprescindibile della prima persona.
L’ambientazione non è quasi mai attuale, ma considera sempre tempi passati (ottocenteschi, direi, per stare in tema gothic).
Non tutte le storie, forse, sono di pari valore, ma potrete percepirle diversamente a seconda dei vostri gusti. Personalmente, a esempio, ho apprezzato molto le visioni e l’atmosfera del primo racconto, in cui le fate puniscono a loro modo un “Don Giovanni”; immerse in uno scenario al confine col fantasy, che tra simboli e citazioni del mondo fantastico immerge completamente il lettore nelle sue parole.
Indubbiamente d’impatto anche lo scenario infernale dipinto nel contesto venezian-studentesco a la congrega dei poeti estinti di “Una discesa”, in cui si narra di una discesa agli inferi, con una serie di descrizioni vivide e riuscite che conferiscono alla scrittura il carattere di visione. Restano inquietanti e molto particolari e curati nella forma “Un nome di Rosa” e “L’uomo della sabbia”, mentre meno smaliziato e più prevedibile è quello che chiude la piccola antologia, “Le ombre del tempo”.
Da ricordare anche, una introduzione gotica classica (e piacevole) che riporta i cinque racconti nel solito schema del “manoscritto ritrovato in una bottiglia”, anche se stavolta siamo in una scatola che proviene da un naufragio.
Null’altro da dire sulla trama dei diversi racconti, che è molto meglio lasciar assaporare al lettore, pian piano... in una lettura non semplice, ma che con un minimo d’attenzione, riserva davvero gradite sensazioni.
Voto: 7
[Gelostellato]

Incipit
È passato ormai molto tempo da quando, per la prima volta, intravidi, seminascoste dai rami fronzuti degli alberi, le spoglie del castello di Urquhart, insanguinate da un tramonto di fiamma e a metà rese liquide dal baluginare delle onde, spezzate dalla prua del battello. Pur tuttavia esso pareva a me procedere a pelo d'acqua, come sospeso in un globo d'aria e, se mai ciò che era scritto nel Corano era vero, e cioè che l'intero nostro mondo è sostenuto da una mucca celeste con quattrocento corna, ebbene, oggi, dopo i molti eventi accaduti, dico che quanto mi si stagliava dinanzi in quel momento: il lago e l'intera terra di Scozia, doveva necessariamente essere il suo rifugio.
Quello era il Centro che dava armonia all'intero creato.
Ma, con ogni probabilità, chi non ha avuto in sorte la possibilità di cogliere quel particolarissimo momento in cui la terra si fonde con le sue acque e ciò che si trova sopra e sotto di essa si mescola indistintamente, non potrà comprendere quanto vado affermando.
Quale era dunque, il vero castello? Quello battuto dagli algidi venti del nord, al di sopra delle acque, o quello oppresso dalle onde, al di sotto di esse?
Tutto, in quel luogo saturo d'incantato, contribuiva alla confusione della mente; tutto in quelle terre, bagnate dalle tinte più intense dei colori della natura, mesceva la realtà al sogno, la visione al tangibile; tutto accecava, soffocava ogni pensiero, sottraendo ad esso anche la facoltà d'azione.
In seguito solcai infinite volte il mare del nord e fu proprio durante uno dei miei ultimi viaggi che m'imbattei in un fatto a dir poco straordinario.